
LA LEGGENDA E LA FESTA DELLA « MADONNA DI LI MURTIDDI»A VILLAFRANCA SICULA
( Madonna delle Mortelle, ossia del mirto)
Fra tre paesetti della provincia di Girgenti – Lucca, Burgio e Villafranca – e precisamente nel territorio di quest’ultimo, circa trecento metri lontano dall’abitato, sorge, nella bianca distesa di quei campi ghiaiosi e fertilissimi ove sotto il mite cielo siciliano le messi d’oro crescon rigogliose e prosperano i pallidi uliveti, una chiesetta, non molto antica, in onore della Madonna di li Murtiddi. Perchè in quel luogo sia stata edificata, e perchè la Vergine s’intitoli con questo poetico nome, una pia leggenda narra al curioso forestiero.
Un giorno, molto e molto tempo fa, passava per quelle vicinanze un fraticello, portando due quadri di Maria al suo convento in Burgio: ma giuntovi, con maraviglia e rammarico, s’avvede d’averne smarrito uno lungo la strada. Allora, torna subito sui suoi passi: e ad un certo punto, trova la sacra immagine fra una rigogliosa e folta macchia di murtiddi. La riprende, credendo d’averla lasciata cadere in isbaglio egli stesso: ed, arrivato verso sera al convento, pone i due quadri nella sua cella; e racconta ai fratelli il caso occorsogli.
Ma qual fu il suo stupore, quando, il giorno appresso, s’avvide che la Vergine era nuovamente scomparsa! Dopo molte e varie ricerche, pensò di andarla a cercare nel posto ove il giorno prima l’aveva smarrita e poi ritrovata: e là infatti, fra i verdi e frondosi mirti, stava adagiata la bella madre di Dio.
Non c’era da dubitarne: la Madonna aveva manifestata chiaramente la sua predilezione per quel luogo: là, in mezzo ai campi, fra le brune macchie della murtidda, ella voleva che una chiesa sorgesse in suo nome. Tutta la popolazione di Burgio, infatti – venutosi a conoscere il prodigio – gli diede tale interpretazione: ed appartenendo il punto designato al territorio di Villafranca, i monaci del convento vi si recarono, per chiedere ai magnati del paese di soddisfare il desiderio della Vergine. Da canto loro, gli abitanti di Villafranca si obbligarono solennemente di fabbricare la chiesa a capo di due anni, durante i quali però la Vergine doveva acconsentire a restare nella cattedrale del loro paese. Accettato tacitamente tale patto, l’immagine acconsentì a farvisi trasportare, in gran pompa: e lì, operando inauditi e sorprendenti miracoli stette, finché la nuova chiesa non venne condotta a termine. Ma, scorso poco tempo, ed essendo la fama della nuova Madonna divenuta grandissima per tutte le grazie concesse, gli abitanti di Burgio, – ai quali, veramente, in origine, apparteneva il quadro – pensarono di impadronirsene: e a tale scopo, capitanati dai magnati del paese, s’avviarono alla chiesa di li murtiddi. A Villafranca, la popolazione insorse unanime: ed uomini, vecchi, donne, fanciulli inermi, tutti corsero a difendere la loro protettrice. Fra questa schiera di devoti, una pia e ardita donna, s’ impadronisce, nel gran parapiglia, del quadro: lo nasconde fra le vesti e lo porta a casa sua; cosi la miracolosa immagine fu salva.
La scena è intieramente medievale.
Quanto a quelli di Burgio essi dovettero rinunciare all’impresa e ritirarsi, il prezioso quadro fu custodito nella cattedrale di Villafranca, e solo una copia fu messa nell’altra chiesa di li murtiddi, che, lontana dall’abitato, era facilmente esposta alle rapine dei troppo ardenti devoti. Pare che la Madonna sia stata contenta del nuovo ordine di cose, perchè tuttora sta nella cattedrale e non pensa più a fuggire fra i suoi prediletti rami di mirto.
Così la leggenda.
La seconda domenica di maggio, fra il giocondo fiorire dei campi, si celebra a Villafranca la gran festa cui prendon parte Burgio e Lucca.
I tre paesetti han costumi e credenze religiose molto originali e ci danno lo spettacolo medievale, non unico del resto fra i piccoli centri della Sicilia, di partiti religiosi ed uno strano ed interessante esempio della rivalità di due Santi.
Le popolazioni di Villafranca e di Lucca sono divise in due parti, accanite fra loro: 1’una devota a San Giovanni, l’altra a San Michele: e a Burgio, — dove a lor volta hanno i propri partiti San Luca e San Vito, — i santilucari stanno schierati dalla parte del Battista, i santivitani da quella dell’Arcangelo.
Tali partiti sono nettamente delineati anche nell’ interno delle famiglie, e, spesso, sono causa di liti interminabili tra marito e moglie, ognuno dei quali cerca di superar l’altro in ricchezza di doni e di voti, e vanta entusiasticamente i miracoli e le virtù del proprio Santo.
I partigiani di San Michele dicono agli avversari :
— «U nostru Santu è beddu e picciliddu: ’u vostru è un vicchiazzu » (Il nostro Santo è bello e giovine: il vostro è un vecchiaccio).
Giacché, per chi non sappia, San Giovanni è più vecchio di San Michele: ed, infatti, la sua statua è più alta e di forme meno giovanili di quella dell’Arcangelo, rappresentato sotto le sembianze di un giovinetto biondo, con una grande spada in mano. Come, dove e quando sien poi arrivati a scoprire la fede di nascita dei due Santi per affermare recisamente tal fatto, la cronaca non dice: agiscono cosi per poca divozione verso di lei ! A scongiurare tale pericolo, ognuno di essi le promette di fare a proprie spese, in suo onore, un sabato; mezzo conciliativo semplice e molto comodo, perchè dà loro l’occasione di superare i rivali in prodigalità e magnificenza. Il sabato consiste in funzioni religiose e vespri fatti in chiesa, con grande illuminazione di ceri ed il rituale e strepitoso scoppio dei mortaletti.
La festa baccanale è una delle più strane che si celebrino nei nostri paesi.
La vigilia, con gran pompa, San Giovanni e San Michele devono esser portati 1’ uno dopo l’altro, dalle proprie chiese alla cattedrale, per accompagnare il giorno appresso la Madonna nella solenne processione. Ma qui sorgeva anticamente la gran questione : quale dei due Santi doveva uscir prima ? Inutile il dirlo, nessuno dei due partiti voleva cedere. Allora si pensò di estrarre a sorte chi dovesse avere la preferenza. E cosi si fa ora ogni anno.
Fatta l’estrazione, dinanzi alla chiesa del Santo favorito dalla sorte, tutti i partigiani di Villafranca, di Burgio e di Lucca si pigiano in folla rumorosa e festante. È allora che scoppia la tradizionale ed assordante salva di mortaletti che si ripercote fragorosamente per tutto il paesello. E quando poi la statua compare sulla porta, un urlo altissimo, prolungato di «viva», che non sembra aver più nulla d’umano, echeggia all’intorno mentre, al suono delle bande e dei tamburi, comincia la fantastica e stranissima scena delle riattiate.
Uscito appena di chiesa, il Santo è fatto girare vorticosamente su sè stesso: la processione s’incammina: il Santo comincia a ballare a suon di musica, mentre tutti i fedeli, uomini, donne, ragazzi, agitando in aria verdi e lunghi rami di mirto e di alloro, ballano anch’essi, senza posa (riattiati), seguitando ad urlare i loro entusiastici «evviva». È interessante notare, come, quasi in tutte le feste dell’isola, attraverso lo sfondo della leggenda ascetica del medio evo, appaiano i riti delle feste pagane, anzi, spesso, come in questo caso, del baccanale. Le fronde di mirto e di alloro, agitate in questa specie di ballo sacro, compiono le scene.( si noti inoltre come all’idea del mirto (Madonna di li murtiddi) è tuttavia associato il glorioso ramo d’alloro.
Ho detto ballo, e dovrei dire una vera e propria ridda : pazza, scomposta, scarmigliata, selvaggia. La strana processione percorre così la via per la quale il giorno appresso dovrà passare la Madonna. A scanso di liti, fu stabilito che la trionfale passeggiata non possa durare più di quattro ore, scorse le quali, il Santo deve trovarsi nella cattedrale ov’è la Vergine: entratovi appena, l’altro Santo esce dalla propria chiesa accompagnato dal suo partito, ed anche per lui si ripete, tale e quale, l’originalissima scena.
Dopo il vespro, una grande e fantastica fiaccolata, cui prende parte quasi tutta la popolazione, percorre le vie, mentre i devoti cantano l’inno alla Madonna.
Il giorno appresso, il paesello è tutto in festa. Il suono delle campane si diffonde giocondo nell’aria profumata di quella dolce mattina di maggio: e mentre il sole nascente tinge il cielo di rosa, per le vie campestri che da Burgio e Lucca conducono a Villafranca, è un continuo accorrere, in gruppi festosi, di contadini – che vestiti di gai colori – alcuni a piè scalzi, in segno di divozione, recanti le loro offerte alla Vergine – vanno a godersi gli spettacoli di quel giorno solenne.
La mattinata passa fra le funzioni di chiesa: ma finalmente, ecco il famoso mezzogiorno: la salva strepitosa di mortaletti, più rimbombante ancora del giorno precedente, che diffondendosi via via per i campi biondi di floride spiche e per l’azzurro dei cieli, porta sino ai paeselli circostanti l’eco della festa in nome della pia Vergine dei mirti… Indi, comincia la grande processione.
I due Santi escono primi dalla chiesa, salutati da urla e da altisonanti evviva. Uno schiamazzo indescrivibile succede allora fra la folla urlante, entusiasta, compatta: una confusione immensa fra i devoti dei due partiti che cercano di schierarsi attorno al proprio Santo. Ma quando, sulla porta del tempio, la venerata immagine compare a’ suoi devoti, un silenzio profondo e religioso si fa tra quella moltitudine, istantaneamente. Ella incede sotto un ricco baldacchino dalle colonne dorate, ove, scintillando gaiamente al sole, stanno appesi anelli, orecchini, collane e tutti gli altri oggetti di valore offertile. Dallo sfondo scurissimo e misterioso del vecchio quadro, il pallido viso appare confusamente …
La processione si mette in cammino, la Vergine avendo San Giovanni a destra e San Michele a sinistra. Non crediate però che tal posto sia un privilegio spettante a San Giovanni per superiorità in fatto di miracoli od altro, sul rivale; è semplicemente un dritto d’anzianità perchè, come sappiamo, egli è il più vecchio. I tre Santi percorrono così le vie del paese, ognuno seguito dalla propria musica.
I fedeli sorreggono a piè scalzi e con le spalle denudate il baldacchino ov’è l’immagine miracolosa.
Ora, non più urli, non più rami d’alloro agitantisi in trionfo, non più la pazza ridda delle riattiati, la folla procede reverente e composta, giacché per le vie festanti ed inondate di luce la pia Vergine dei mirti passa severamente, benedicendo…
Durante la processione, l’immagine si ferma dinanzi alle case dei fedeli che le han promesso qualche dono, per riceverlo. I doni consistono per lo più in ceri e danari od anche, come s’ è visto, in oggetti di valore. Chi fa tali offerte offre anche – e generosamente – vino a tutti quelli che portano i tre Santi.
Si può arguire in che stato si riducano quelle gambe e quei cervelli dopo aver girato le molte case ov’erano i voti, dal traballare ognor più crescente, che le statue fanno ad ogni passo, man mano che annotta.
Sull’imbrunire la Madonna rientra nella cattedrale. I due Santi ora, a lor volta, devono ritornare nelle proprie chiese, seguendo l’ordine inverso del giorno precedente; chi uscì per il primo uscirà ora per il secondo e viceversa.
Rientrata la Vergine in chiesa il Santo che deve uscire per primo, ritorna in istrada; e mentre il giorno declina ed il crepuscolo invade man mano le vie, il baccanale ricomincia. A sera fatta, c’è la strana illuminazione con la disa. Ognuno tiene in mano un fascio acceso di quest’erba secca, agitandolo per aria: e, agli sprazzi vacillanti e rossicci di questa luce fantastica, il Santo ed i suoi devoti ripigliano, sempre a suon di musica, la pazza ridda del giorno avanti… Le famose riattiati raggiungono ormai la loro bacchica perfezione, grazie all’entusiasmo ed alla rumorosa, irrompente allegria che il vino infonde alla folla: cosi illuminate, poi, offrono uno spettacolo più che mai strano e caratteristico.
Cosi passa quasi tutta la notte: e sulla scena fantastica il cielo scintillante di maggio si stende sereno.
Girgenti, marzo 1891.
Isabellina De Luca