Girgenti agosto 1905 marchese di San Giorgio
Si arriva a Girgenti col diretto da Palermo dopo circa cinque ore e mezza di penoso viaggio dappoiché in certi punti, a cagione delle enormi difficoltà del terreno, il treno è costretto a rallentare la sua corsa.
La stazione di Girgenti è di secondo o terzo ordine, molto piccola sempre ingombra di vagoni carichi di zolfo: il principale prodotto di quella regione della Sicilia.
Per salire dalla Stazione alla città s’impiega una buona mezz’ora in carrozza, la città si stende su di una collina : dalla cui vetta si osserva il più bello e grandioso spettacolo che la natura possa offrire, In città non vi sono mezzi di comunicazione, per cui i forestieri, non vi si fermano che il tempo i maestosi ruderi di quei stupendi templi pagani, che tuttavia resistono alle intemperie e d’una civiltà non meno devastatrice.
Dal punto più alto della città e forse meglio dalla Rupe Atenea, guardando giù nella Valle che va al mare, verso San Leone da un lato, verso Porto Empedocle dall’altro, spuntano tre rami dei pochi ulivi e dei pochi mandorli sparsi per la valle incolta, perché questo prezioso lembo di terra siciliana disgraziatamente privo del principale elemento: l’acqua; spuntano le colonne degli antichi superbi templi, muti testimoni indelebili d’una grandezza ed un potere che fu e che oggi vive solo nella leggenda.
Quasi quotidianamente poi è dato assistere ad uno spettacolo bello, nuovo, singolare, ultra poetico, maestoso: quello dei tramonti stupendi, ora dorati, ora di fuoco, che rapiscono, che fanno rimanere estasiati nella divina contemplazione.
Non bastano colori, non versi che possono descriverli, senza alterarne o diminuirne l’evidenza.
Entrati a Girgenti dalla porta di ponte si è sul corso ateneo, il solo che in qualche modo sia tragitto abile in carrozza e sul quale sboccano tutte le scale, che portano in altro, nel resto della città (a 350 m dal livello del mare).
È questa la strada più commerciale della città, perché in essa vi sono gli alberghi, ristoranti, i pochi negozi di generi diversi, tessuti, merci, pochissimi gioiellieri, parrucchieri, sarti. Sotto la rupe Atenea e perciò fuori la città è una passeggiata estiva bellissima, dalla quale si ammira in parte lo stesso spettacolo e dalla rupe Atenea: vi stanno delle graziose palazzine costruite di recente, del resto anche questa passeggiata è di recente costruzione.
Anche la villa, piccola masse carine, sta sotto la rupe Atenea, di fronte un maestoso palazzo: quello della prefettura, da cui è divisa da un’ampia piazza d’armi.
Per recarsi a visitare i tempii bisogna uscire da Porta di ponte e scendere un paio di km verso il mare.
Girgenti di Ora non è l’Agrigento o Akragas di un tempo.
Mentre questa stava. Nella valle ove sono i templi, quella situata come detto sopra una collina.
Stupendo meraviglioso deve essere il panorama di Girgenti antica, e con la fantasia può essere revocato da chi se ne stia contemplare i ruderi da uno dei balconi dell’Hotel de Temples o dalle vecchie mura della villa pubblica, o meglio ancora della famosa rupe Atenea: ove oggi è la polveriera del distretto militare.
Si va ai tempi in carrozza a due cavalli, già a Girgenti le vetture pubbliche, pochissime, che fanno servizio della stazione alla città e della città ai tempi, sono sempre due magari tre cavalli, per la difficoltà del suolo.

Oltrepassato l’aristocratico Hotel des Temples , la fonte dei greci, che altro non è che un residuo di antico acquedotto, ci si ferma ad ammirare i residui del tempio di Giunone Lacinia, la cui costruzione ricorda la cosiddetta arte dorica.
Le colonne sono ben fatte, ne ha 34 e venti scanalature per ciascuna, alte, slanciate.
Solo 25 però di esse resistono ancora, le altre sono rotte o mutilate.
Il tempio più importante è quello della concordia, anch’esso di costruzione dorica, dalla forte ossatura e che per 25 secoli si è conservato in modo perfetto è mirabile.
Più in là trovansi le rovine del tempio di Ercole, che creduto il più antico edificio agrigentino, il tempio di Castore e Polluce del quale non restano che quattro belle colonne un pezzo della cornice, del tempio di Giove, che doveva essere un colosso, non rimangono che pochissime forme rovine. Vi sono ancora il ruderi di una casa greca.
La pretesa tomba di Terone, si presenta quasi intatta.
Tornando in città ed a visitarsi il nuovo teatro Margherita, che nella sua piccolezza assai grazioso.
Di antichità se ne trovano molto in città, specialmente nelle chiese.
Alcuni sarcofaghi greci sono raccolti nel museo archeologico di Girgenti, che deve la sua esistenza all’insigne professor Alfonso Celi, che con amore di padre ne ha assunto la direzione.
Sono poi degne di nota la porta della chiesa di San Nicolò, magnifica costruzione greca, la porta della chiesa di San Giorgio di stile gotico.
È bella anche la cattedrale di Girgenti, che sta in cima alla collina.
Venne costruita nel secolo XII, e perciò nulla conserva oggi della primitiva costruzione rifatta restaurata come è stata a più riprese d’allora in qua.
Il duomo desta curiosità, e per questo ci si arrampica sino alla vetta del monte, su cui si stende la moderna Girgenti, non per la costruzione, sebbene per le due note leggende: la famosa lettera del diavolo e il sarcofago di Ippolito.
La lettera del diavolo è racchiusa in un libraccio di pergamena antica, tutto consunto sciupato, di colore indescrivibile, con borchie di rame dorate ed annerite.
Le pagine di questa lettera sono imbrattate da numerosi sgorbi e segni, girò califfi e stellette, punti e linee, curve e macchie d’inchiostro che vorrebbero rappresentare i caratteri del diavolo volò!
La città di oggi non offre alcuna attrattiva, monotona, noiosa, incomoda, niente commerciale e quantunque capoluogo di provincia è molto più piccola e meno belle risciacquo di Canicattì e nulla di comune con
“la città dei piaceri, la più bella dei mortali…”
Come la chiamò Pindaro: senonché ha un cielo splendido, eternamente azzurro, un clima mite dolce anche nel rigore dell’inverno, la maestà dei suoi tempi, il culto che spira per l’arte, la magnificenza dei tramonti.