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Trasformazioni del territorio di Agrigento nell’età tardo antica

11 Luglio 2018 //  by Elio Di Bella

AGRIGENTUM ED IL SUO TERRITORIO IN ETÀ TARDO ANTICA

Maria Concetta Parello, Maria Serena Rizzo

La città di Agrigento, alla luce dell’evidenza archeologica relativa sia ad un quartiere residenziale sia a diverse aree pubbliche, sembra interessata da una crisi che si manifesta verso la fine del IV secolo 1 e diventa più evidente nell’avanzato V. Nel cosiddetto “quartiere ellenistico-romano” (Fig. 1), un settore dell’abitato che conosce, tra la tarda età ellenistica e la prima età imperiale, la costruzione, l’ampliamento e la monumentalizzazione di diverse case a peristilio 2, molte domus mostrano i segni di un declino che si esprime con la mancanza di manutenzione e con la trasformazione di alcuni settori: i peristili, per esempio, subiscono in diversi casi la chiusura degli intercolumni. Su questi edifici si deposita un po’ ovunque uno strato di distruzione datato alla metà circa del V secolo e messo in relazione con i saccheggi vandalici. Non è chiaro se alla distruzione segua un’immediata ricostruzione: il dato più significativo è che i crolli vengono in parte spoliati e gli interventi successivi vi si impostano sopra, attestando forse una ridotta capacità di spesa.

Anche nel più importante settore monumentale di età romana, quello del Foro e degli edifici annessi, sembrano evidenti i segni di un abbandono già alla fine del IV secolo; nell’area già occupata dal Ginnasio gli edifici di età costantiniana, di carattere probabilmente commerciale 3, vengono spoliati e abbandonati entro la fine del IV secolo; all’abbandono si accompagna il collasso del sistema di drenaggio e l’area viene ricoperta da depositi alluvionali 4. Il complesso monumentale del tempio che si sviluppa nell’area dell’agorà superiore vede il crollo della copertura del portico e l’innalzamento del piano di calpestio della piazza, finché sopravviene il suo abbandono e l’area viene ricoperta da uno strato di accumulo contenente ceramiche di IV/VI secolo 5. L’abbandono dell’area degli edifici pubblici, oltre a segnalare il probabile indebolimento delle istituzioni cittadine e delle élites urbane ad esse collegate 6 o il tramonto dei culti pagani evidenzia un altro fenomeno, quello dell’ingresso della campagna in città 7, confermato anche dall’installarsi, nel VII secolo, di un torchio per la pigiatura dell’uva nell’area già occupata dal Ginnasio.

Ad Agrigento, in realtà, lo stesso confine tra città e campagna sembra diventare fluido: in età tardoantica un’ampia necropoli invade il settore meridionale della città 8 e divora le stesse mura, perforate da arcosoli e da sepolture ipogeiche. I templi greci, costruiti sul ciglio del costone che delimitava la città antica, sono anch’essi circondati dalle sepolture che si addensano in particolare sul terrazzo del tempio della Concordia. In questo tratto la cinta muraria sembra dunque non soltanto perdere la capacità difensiva ma anche la funzione di delimitare la città rispetto al suburbio.

Al declino del centro urbano di Agrigento non corrisponde una analoga crisi del popolamento rurale. Tra la fine del IV e nel corso del V secolo le campagne agrigentine appaiono interessate da una intensa occupazione, come già ricerche di survey 9 nonché numerosi scavi recenti 10 hanno evidenziato. Gli insediamenti risultano costituiti da semplici edifici a carattere funzionale, costruiti in pietrame a secco, con pavimenti in argilla, vani polifunzionali ed installazioni artigianali che si sviluppano accanto agli ambienti destinati alle attività domestiche. Particolarmente significativo è il sito di Saraceno, nei pressi di Favara, dove, al di sopra di una villa di età imperiale, si installa un insediamento agricolo, che ne mantiene gli orientamenti e ne riutilizza alcune strutture, obliterando ogni elemento di pregio architettonico e decorativo; nei pressi vengono costruiti impianti artigianali, uno destinato probabilmente alla produzione di vino, un altro alla calce.

Nel periodo di cui discutiamo un momento critico è rappresentato dalla metà/seconda metà del V secolo quando sono evidenti le tracce di distruzioni improvvise in diversi siti (Verdura, Saraceno) 11, mentre in altri casi, come quello di Vito Soldano (Fig. 2), sembra si possano percepire i segni di un lento abbandono degli edifici a carattere monumentale. La coincidenza con l’epoca in cui la costa meridionale dell’isola fu flagellata dalle incursioni dei Vandali è significativa: in ogni caso, nel territorio di Agrigento 12, solo in pochi casi, per esempio quello di Castagna 13, è attestato l’abbandono degli insediamenti in seguito a queste distruzioni, mentre è più frequente una loro rioccupazione e, in alcuni casi, una riorganizzazione, che porta eventualmente ad accelerare fenomeni già in atto: questo è evidente a Vito Soldano, dove all’abbandono e al saccheggio dei materiali da costruzione dell’edificio termale segue l’impianto di fornaci all’interno dei vani che completa il processo di defunzionalizzazione dell’edificio. Nel caso di Vito Soldano la trasformazione dell’insediamento è probabilmente legata al dissolvimento del cursus publicus, nel cui ambito il sito, sulla strada Agrigento-Catania, doveva aver svolto un ruolo. In concomitanza con la diffusione degli agglomerati rurali a carattere eminentemente produttivo, si sviluppano, tra la fine del IV e il V secolo, gli insediamenti costieri che, per il territorio agrigentino, conosciamo meglio nella parte occidentale, ossia nella zona di Sciacca 14, ma che probabilmente esistevano lungo tutta la costa. I due siti di Verdura (Fig. 3) e Carabollace sono tra loro molto simili, posti come sono alle foci dei torrenti omonimi, corsi d’acqua che rappresentano importanti vie di penetrazione verso l’interno collinare. Questi insediamenti, che dovevano rappresentare i terminali della deportatio ad aquam dei prodotti agricoli dell’entroterra, sbocchi delle massae e dei fundi 15, attestano come lo sviluppo agricolo del nostro territorio nel V secolo fosse essenzialmente rivolto all’esportazione. A questa rete di approdi era affidata una funzione di “cerniera” tra mare ed entroterra: per il loro tramite le produzioni dell’hinterland agricolo venivano immesse nel commercio transmarino, e le merci provenienti d’oltremare raggiungevano le fattorie ed i villaggi dell’interno.

E’ possibile che lo sviluppo di questi insediamenti sia da collegare con l’espansione del libero commercio che sarebbe alla base dell’intenso sfruttamento delle campagne isolane in quest’epoca 16 In questo quadro si può ipotizzare un ridimensionamento del ruolo economico e fiscale del centro urbano, che potrebbe costituire una delle ragioni della crisi percepibile archeologicamente. Sarà necessario ampliare l’indagine nel centro urbano per comprendere meglio e contestualizzare i fenomeni, al momento si può dire che all’espansione dell’insediamento rurale e all’intensificazione dello sfruttamento agricolo delle campagne non fa riscontro un’analoga espansione della vita cittadina, che anzi manifesta una evidente contrazione, tanto nei settori privati quanto in quelli legati all’attività politica e alla vita civile. D’altra parte, proprio alcuni dei fenomeni di cui si è discusso, la nascita degli emporia costieri, lo sviluppo degli agglomerati, possono essere considerati aspetti di un sistema che tende ad organizzarsi in modo “policentrico” 17 e che vede lo sviluppo di una pluralità di luoghi in cui avviene lo scambio 18, in cui si produce e si consuma e in cui possono anche scegliere di vivere i ceti privilegiati.

1 Wilson, 1990: 332; la valutazione dei fenomeni che avvengono nel centro urbano in età tardoantica è resa più difficile dalla conoscenza imprecisa della città romana, di cui è noto essenzialmente il centro monumentale e il “quartiere ellenistico-romano”. Una contrazione dell’abitato rispetto all’area delimitata dalla cinta di età greca sembra evidente già dopo la conquista romana. I dati di cui oggi si dispone sembrano parlare a favore di una frequentazione fino circa al II sec.d.C. del settore sud-occidentale, che pare però scarsamente associata a strutture, mentre non sembra vi siano molte tracce di uso del settore orientale dopo l’età ellenistica. Sull’estensione della città romana Belvedere, Burgio, 2012, Fig. 41.

2 De Miro, 2009.

3 Fiorentini, 2009: 108.

4 Fiorentini, 2009: 97.

5 De Miro, Fiorentini, 2011: 56.

6 Wickham, 2005: 598.

7 Brogiolo, 2011: 131-134.

8 Bonacasa Carra, 1995; 4- 5; Bonacasa Carra, Ardizzone, 2007: 4-5.

9 Una sintesi in Rizzo, 2004: 147-149.

10 Su Saraceno Castellana, McConnel, 1990; Castellana, McConnel, 1998; su Campanaio Wilson, 2000; su Canalicchio di Calamonaci, Parello, Amico c.d.s.; su Cignana Fiorentini, 1993-94; Rizzo, 2010; Rizzo, Zambito, 2010; Rizzo, Zambito, 2012.

11 Tra i siti scavati in anni più lontani, distruzioni di V secolo sono evidenti anche a Sant’Anna di Caltabellotta, Panvini, 1993-94: 762-763.

12 Come d’altronde in generale nell’isola, cfr. Wilson, 1990: 335-336.

13 Wilson, 1990: 334.

14 Caminneci, 2010: 11-12; Caminneci, Franco, Galioto, 2010; Parello, Amico, D’Angelo, 2010.

15 Caminneci, 2010; Parello, Amico, D’Angelo, 2010.

16 Come suggerisce M. McCormick a proposito dei “mercati sulla spiaggia” documentati da fonti letterarie ed iconografiche, McCormick, 2004: 100-103.

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, valle dei templi

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