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Tradizioni sportive nell’antica Akragas

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21 Luglio 2016 //  by Elio Di Bella

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EMPEDOCLE, OLIMPIONICO DELL’ANTICHITA’ 

Lo spirito pacifico dei giochi sportivi, visti come insopprimibile fratellanza tra i popoli,  risale alle origini delle città-stato della Grecia e trova antecedenti già nell’uomo delle caverne.

Tutti i greci, con spirito unitario nazionale, si fermavano ogni quattro anni, cessavano anche le guerre, per onorare Giove nella città di Olimpia. La tradizione risale ad Ifito e Licurgo nell’880 a. C. e, considerata la importanza, dal 776 le Olimpiadi divennero la base della cronologia antica, sino al 4° secolo d.C. I giochi si aprivano con cerimonie religiose e con sacrifici,  e gli atleti partecipanti giuravano davanti a Giove di comportarsi con onore: il loro premio era una corona intrecciata coi rami di un sacro ulivo selvatico.

Seguivano, dopo le premiazioni, sontuosi banchetti, allietati da suoni e danze, nonché da declamazioni da parte di poeti.

L’antica Akragas (Agrigento) aveva forti tradizioni olimpioniche e partecipò sempre ai giochi, portando varie volte alla vittoria i suoi atleti.

Pindaro cantò nei suoi inni le gesta sportive dei protagonisti dei giochi, e, tra gli altri, celebrò  il tiranno di Akragas, Terone, vincitore ad Olimpia nella corsa dei cavalli.

“Agrigento è la meta, e diremo alte con cuore sincero parole giurate: non partorì in un secolo questa città uomo di pensieri premurosi, di mano munifica verso gli amici più di Terone”, “Ai Tindaridi ospitali e a Elena, bella di riccioli, voglio piacere,  onorando Agrigento famosa ed ergendo per Terone ad inno olimpionico il fiore di cavalli dai piedi instancabili. Certo per questo la Musa mi fu vicina, e trovavo un modo brillante, un accordo nuovo di voce festosa e di ritmo dorico. Ora da me le ghirlande annodate alla chioma reclamano un debito eretto dal dio: che io fonda in giusta misura il vario tono di cetra e clamore di flauti e una trama di voci per il figlio di Enesidemo”

Anche Simonide di Ceo (morto ad Agrigento) e il nipote Bacchilide celebrarono con inni ufficiali i vincitori di Olimpia, sia pure con accenti diversi di quelli di Pindaro.
Empedocle non fu soltanto un grande filosofo della natura, medico, biologo, ingegnere, oratore e retore, ma partecipò anche e si distinse ai giochi di Olimpia , come afferma  Satiro nelle Vite: vinse con il celete, così come il nonno Empedocle il vecchio, prima di lui, e il padre Metone.

Favorino  nelle Memorie ricorda che in quell’occasione, Empedocle avesse festeggiato offrendo un grande bue di miele e farina. Proprio relativamente a quell’Olimpiade, si tramanda che il rapsodo Cleomene abbia recitato di Empedocle  il poema, Le purificazioni, e pare che il pubblico ne sia  uscito commosso, tributandogli il massimo riconoscimento. Empedocle, inoltre, fu un grande democratico e, pur appartenendo ad una famiglia aristocratica, lottò a favore dei diseredati. Coerente negli atteggiamenti, quando gli fu offerta la corona reale, vi rinunciò, insediando un governo di mille persone. Ma ciò non riuscì a salvarlo dalla reazione dell’oligarchia di Akragas, che lo fece condannare all’esilio.
Le fonti – Diogene Laerzio in particolare- evidenziano dubbi intorno alla sua morte, avvenuta con la caduta, per suicidio  rituale o per imprudenza, in un cratere dell’Etna, oppure dovuta alla caduta dal suo cocchio, o in ultima analisi per vecchiaia nel Peloponneso, dove s’era ritirato in esilio.   

di Ubaldo Riccobono

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Categoria: Sport, Storia AgrigentoTag: agrigento storia

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