
di Lella Maldonato
Quella mattina si era svegliato presto: faceva caldo là nella casa dei suoi a S. Leone…. quel caldo afoso.., che appiccicava, quel caldo che “si respira quasi, nelle notti africane “profumate di gelsomino….
Quanti anni erano passati da quando avevano lasciato Agrigento! Subito dopo la laurea, negli anni cinquanta, era partito per Milano con quella offerta vantaggiosissima, irrinunciabile, di un posto di lavoro su al… . Nord.
Brindisi, saluti, festeggiamenti con gli amici di sempre e poi due giorni di viaggio, la nebbia…. il freddo…. l’ostilità.., i ricordi…, la nostalgia!!
La sera, in Galleria, guardava le luci, le vetrine, ma vedeva dietro di sé il tramonto dietro i Templi, il passeggio da Porta di Ponte all’Orologio….
il passeggio da Porta di Ponte all’Orologio
Due, tre, quattro anni…. poi una sera di luglio, all’improvviso: – Mi va fazzu quattru bagni a Salleoni! – Ed era partito di volata!
Ad Agrigento Bassa aveva tirato il finestrino infuocato ed il profumo dolciastro degli oleandri li nelle aiuole della stazione gli aveva fatto sentire di essere arrivato a casa!! Il verso monotono delle cicale gli aveva ricordato che il caldo di Agrigento non aveva niente a che vedere con il caldo di Riccione o di Milano Marittima, però era bello sudare…. era bello tornare, sentirsi a casa!
Ma perché mi batte così forte il cuore? Respiro a pieni polmoni eppure mi si mozza il fiato in gola…
Ed ora era lì a S. Leone: nella vecchia casa dove in camera da letto arriva l’odore di restuccia e dei pomodori verdi coltivati dietro nell’orto…
Si alzò, aprì la finestra e stirandosi, nella luce abbagliante dei riflessi marini, fu costretto a stringere gli occhi: con le braccia appoggiate agli stipiti delle persiane si fermò a guardare
il vecchio Giaracannà che con l’acqua alle ginocchia, cercava di prendere i polipi senza rete, soltanto con le mani… e ci riusciva! Quanti anni aveva ormai quel pescatore? Se potevano essere contati dal numero delle rughe sul viso., erano tanti, tantissimi. …
La pelle bruciata dal sole, le mani incallite dalla ruvidezza delle reti, stava lì immobile nel tempo, come lo aveva lasciato anni prima…. La barca si dondolava un pò più al largo, mentre a riva la risacca sciabordava sulle pietre rese lisce, che nascondevano alghe verdissime, trasparenti….
Che idea era stata quella di tornare al mare di S. Leone in quell’estate del ‘56… dove mai si poteva ascoltare il risucchio dell’acqua del mare, ormai!
Più tardi -pensò – voglio andare alla Babbaluciara a trovare i vecchi amici! –
babbaluciaruFu in quel momento che la vide passare: eretta, sicura di sé, con i lunghi capelli sciolti sulle spalle, una borsa a tracolla, si dirigeva verso la fermata dell’autobus. La osservò: com’era diventata bella! Sapeva di sole, di mare, di giovinezza! Quei grandi occhi scuri lo avevano sfiorato, ma non visto!
Sembrava assorta in un suo pensiero luminoso che la rendeva così irreale, distaccata, al di fuori di ogni cosa…. Con quella sua andatura elegante, da gazzella, fece appena in tempo a saltare sull’autobus che questo, ansimante, si mise in moto, portandola via, su perla Panoramica dei templi, verso Agrigento.
Lui restò a guardare la polvere alzata dal vecchio bus, che, per pochi minuti, aveva sporcato quell’ atmosfera così limpida….

Gli rimase negli occhi quella figura così nitida, cosi prepotentemente viva…. Durante il giorno, gli tornò in mente diverse volte: aveva in sé qualcosa che lo aveva affascinato….
I giorni passavano rapidissimi: la mattina, al mare, giù ai villini La Loggia e Bonadonna, allo Stabilimento di legno si cimentava con gli amici nelle gare di nuoto: – Arrivamu o primu scogliu? Amuni, picciò! – e giù a bracciate nell’acqua trasparente…. La sera avanti e indietro sul breve tratto di Lungomare (allora senza lampioni, senza cemento e con pochissima gente) ridendo e discutendo si tirava avanti fino al ” bagno di mezzanotte quando, tutti insieme si tuffavano nell’acqua argentata dai raggi della luna.
La notte di Ferragosto si era ripetuto il rito delle “Vampe “: in piena campagna, si dava fuoco a covoni di paglia che, bruciando, illuminavano gruppi di ragazzi che saltavano, rincorrendosi nel buio.
Ma, purtroppo l’estate stava ormai per finire, la sera cominciava a far fresco… È ora di rifare le valige!
La rivide ancora, la vigilia della partenza. Quella domenica mattina veniva giù, dalla curva della Chiesa, pedalando velocemente, con il vento tra i capelli, e il vestito bianco che si scompigliava sulla ruota posteriore della bici.
La chiamò, lei si voltò e gli sorrise, così, con semplicità; con naturalezza gli chiese: “Ciao, come stai “?

Lui la guardava negli occhi, ammaliato; poi si avvicinò, le sfiorò il viso abbronzato con una carezza… lievemente… sorridendole e…. ” Posso dirti una cosa? – Sei la più bella ragazza di Agrigento!
Esagerato!!! ” esclamò lei e già ripartiva sulla sua bicicletta verde, lasciandogli nelle orecchie l’eco divertita di una risata spontanea, fresca come una cascata d’acqua pura!