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Ricordi di una agrigentina: cantavo, giocavo, amavo al Piano Ravanusella

26 Novembre 2014 //  by Elio Di Bella

 

chiesa di santa lucia

Il Piano Ravanusella si estende nella parte più bassa della collina sulla quale sono abbarbicate le vecchissime case della vecchissima Agrigento.

Le casette basse ed anguste sono letteralmente addossate le une alle altre e solo ogni tanto piccoli vicoli stretti e tortuosi le separano.

In uno dei lati della piazzetta vi è la chiesa della Madonna Assunta, rossa di tufo arenario. Nel lato opposto una ripida scalinata che porta in Via Gallo, su su verso la Via Atenea antico corso della città.

Al margine del Piano Ravanusella, la Via Emopedocle si snoda da un lato verso la stazione ferroviaria e dall’altro verso la Via Garibaldi e il “Rabateddu”, quartiere tipicamente ed autenticamente arabo.

piazza-ravanusella-1950
piazza-ravanusella-1950

Negli anni precedenti la guerra in Via Empedocle, nelle lunghe sere di estate, la gente scendeva a godersi il fresco. Noi ragazzi ci avviavamo fino alla casa dei signori Miceli dove, nell’incolto giardino, una grande pianta di gelsomino, sempre abbondantemente fiorito, emanava un profumo intenso e conturbante.

La Valle dei templi, diversa in ogni ora del giorno e della notte, è, però, sempre terribilmente bella e suggestiva e noi ne eravamo come affascinati. A tarda notte, negli anni prima del conflitto mondiale, giungevano nel Piano Ravanusella i contadini del circondario con cestoni enormi colmi di frutta e verdura. All’alba i rivenditori venivano a contrattare nel rispetto di un rituale misterioso e affascinante. Io abitavo in una via adiacente la piazza e mi aggiravo spesso tra loro tutta assorta e rapita ad osservare quel mondo stranissimo e coloratissimo.

piazza-ravanusella

 

Il Palazzo Sala, prospiciente il Piano Ravanusella, è posto in una stradina stretta e breve che una impenetrabile logica paradossalmente denomina “Via Lunga”.

In Via Lunga n. 1 era posta la casa della mia infanzia. In fondo alla stradina un forno a legna accoglieva tutte coloro che durante la settimana andavano ad “impanare”. Il profumo del pane caldo si spandeva per la via e rallegrava i cuori.

L’estate era lunga e rovente, l’inverno breve e freddo.

piazza-ravanusella-1950-a-colori

Nella prima settimana di dicembre, all’alba le ciaramelle ci svegliavano e durante la novena di Natale, attorno ad improvvisati tabernacoli ci raccoglievamo a cantare a squarciagola “cugliemu rosi e pampini”.

La settimana di Pasqua si sentiva nell’aria cristallina, nel suono martellante delle campane.

Il giovedì santo tutta la città si muoveva per visitare i “Sepolcri” e si formavano lunghi e silenziosi cortei.

Avevo 14 anni quando, un giovedì santo, uscendo dalla chiesa dell’Addolorata, insieme ad altre mie coetanee, incrociai lo sguardo di Umberto… Aveva le gote arrossate dal freddo, le mani infilate in guanti di lana, ma non aveva cappotto e doveva essere molto infreddolito se il bavero della giacca era alzato intorno al collo. Mi seguì nelle numerose visite alle varie chiese e da quella sera, per anni, lo vidi sempre ad attendermi lungo la strada che ogni mattina percorrevo per andare a scuola.

Qualche volta tentò di avvicinarsi, una volta tentò di porgermi una lettera con la “dichiarazione d’amore”, ma io non trovai mai il coraggio di ascoltarlo e di parlargli. Oggi mi commuovo profondamente al ricordo della nostra tenera timidezza.

Allora non gli perdonavo la sua indigenza, specchio della mia e della condizione della maggior parte di noi.

I miei diciassette anni li compii durante una delle ultime incursioni aeree americane, nella grotta sottostante la casa dei signori Tedesco, titolari dello “scaro” di frutta e verdura. Le sirene urlavano ed io battevo i denti dalla paura.

Quanti ricordi!

Volti cari di amici, immagini di una città che hanno lasciato scomparire; come potrò dimenticare le passeggiate al chiaro di luna, profumate intensamente dal gelsomino di casa Miceli?

IMG_2247

Tanta ricchezza interiore e tanti sogni semplici e fantastici allora, e quanta dolcezza oggi al ricordo di quel meraviglioso paradiso perduto.

Rosa Guarino Scali

 

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, agrigento racconta, girgenti, piano ravanusella

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