il link per ascoltareil racconto
https://www.spreaker.com/user/4846509/il-viaggio-ad-agrigento-di-berenson
Bernard Berenson, celebre critico e storico dell’arte statunitense, venne per l’ultima volta ad Agrigento nel 1953, alla bella età di 88 anni. Fu molto colpito dalle molte bellezze della Sicilia. Ascolta.
Bernard Berenson venne per l’ultima volta in Sicilia nel 1953, alla bella età di 88 anni. C’era già stato parecchie altre volte (la prima quando era ancora molto giovane, nel 1888).
Da questo suo ultimo viaggio venne fuori un libretto intitolato Viaggio in Sicilia, in cui troviamo gli appunti presi tornando a cose e luoghi già da lui molto amati come i templi di Agrigento
Agrigento, 2 giugno 1953.
Dalle città iblee si giunge ad Agrigento attraverso ricche campagne coltivate a cereali. Immense distese di grano color d’oro sono separate dall’azzurro cupo del mare soltanto da una sottile striscia di spiaggia. Da quella, i promontori di Gela e di Licata s’innalzano così all’improvviso che vien da domandarsi se la costa non presentasse caratteri diversi dagli odierni 800 anni avanti Cristo, cioè al sorgere delle colonie greche in Sicilia. Il mare doveva insinuarsi assai più dentro terra, isolando le città, rendendole meglio difendibili e, al tempo stesso, indipendenti e ostili l’una all’altra. (…)
L’altra sera, quando fummo in vista dei Templi di Akragas, il sole era al tramonto, trasfigurando le colonne di queste semplici ma armoniosamente proporzionate strutture, come se emanassero una interna luminosità della pietra. In nessun luogo della Grecia vera e propria, eccetto che al Partenone, si riesce ad avere una simile evocazione del mondo ellenico.
Agrigento, 3 giugno
Ieri, durante la mattinata, siamo rimasti in città a guardar nella sagrestia del Duomo i vari e bellissimi scrigni di Limoges, che, pur essendo del XII secolo, portano sulle pareti metalliche non smaltate una serie di piccole teste a rilievo, nelle quali si riscontra un deciso carattere ellenistico, e il famoso sarcofago di Fedra, tanto ammirato da Goethe. Quest’opera, d’esecuzione piuttosto mediocre, è invece composta in modo eccellente. Attraversando gli ambienti della sagrestia, abbiamo dato una occhiata ai muri coperti di polverosi ritratti di antichi dignitari ecclesiastici. Chi mai, oggi, li guarda, conosce i loro nomi, si occupa di ricercare chi fossero e che cosa avessero compiuto?
Più tardi, nel Museo, alcuni bei vasi attici, le imponenti teste colossali venute dal Tempio di Zeus e vari trattati romani di epoca repubblicana ci hanno confermato che valeva la pena di visitarlo.
La vecchia, tranquilla Girgenti del mio 1888 in Sicilia, è adesso una città mercantile e rumorosa, con una piazza centrale sempre affollata e un Palazzo delle Poste in quello stile babilonese di cui gli architetti del periodo fascista hanno lasciato vera dovizia.
Nel pomeriggio siamo ritornati ai templi, passando dall’uno all’altro, godendoci il sole e cercando di raffigurarci l’antica, vasta Acragante, che da qui saliva ad oriente fino alla Rupe Atenea, e ad occidente fino all’area occupata ora dal Duomo. La grande statua di un Telamone ( o Gigante), caduta a terra dal tempio di Zeus, gareggia per mole con i colossi della scultura egiziana. (…)
Il Tempio della Concordia è tuttora relativamente intatto, poiché fu assai presto mutato in chiesa cristiana, mentre il terreno all’intorno divenne un cimitero. La zona dei templi, un ciglione soprastante la pianura, doveva essere tutta contornata da muri alti e prodigiosamente spessi, dal momento che nei grandi massi buttati giù dai terremoti si osservano i vuoti di molte tombe scavate entro quei muri medesimi. E ciò porta a ritenere che i templi non fossero visibili dalla riva del mare, come accade ora, anche per il fatto che essa doveva trovarsi a minor distanza, quasi sotto il ciglione.
Mi par di aver letto da qualche parte che le colonne del tempio della Concordia erano, in origine, rivestite di stucco. Può darsi; ma saranno mai state più belle di come le vediamo noi, di nuda e così calda pietra nel suo color del miele? Il guardarle mi rende nostalgico dei giorni lontani, in cui avevo l’agio di starmene qui seduto per ore, con la schiena appoggiata a una di queste colonne, odorando il timo e leggendo Teocrito e Virgilio.
Si tratta di 65 anni fa, e il ricordo ne chiama altri! Proprio in una notte del tiepido autunno al quale mi riporto, un compagno di viaggio ed io c’incamminammo a piedi da Girgenti per goder i templi illuminati dalla luna. Eravamo circa a mezza strada, quando avvertimmo un calpestìo di cavalli dietro a noi. Giunsero al galoppo due carabinieri, che si fermarono per invitarci, molto cortesemente, a tornare in città. Quei luoghi non erano punto sicuri, dopo il tramonto; e lo dissero con tono e gesti così efficaci da convincerci subito dell’inopportunità della nostra romantica intenzione.