TUTTE LE DONNE DI PIRANDELLO
[…] io dunque sono figlio del Caos; e non allegoricamente, ma in giusta realtà perché son nato in una nostra campagna, che trovasi presso ad un intricato bosco, denominato, in forma dialettale, Càvusu dagli abitanti di Girgenti. Colà la mia famiglia si era rifugiata dal terribile colera del 1867, che infierì fortemente nella Sicilia. Quella campagna, però porta il nome di Lina, messo da mio padre in ricordo della prima figlia appena nata e che è maggiore di me di un anno; ma nessuno si è adattato al nuovo nome, e quella campagna continua, per i più a chiamarsi Cavusu, corruzione del genuino e antico vocabolo greco Xaos.
Il frammento di autobiografia sopra riportato è la testimonianza del forte legame che univa Luigi Pirandello alla terra d’origine, la Sicilia.
Al Caos Pirandello tornò ogni estate fino al 1921. Dopo quell’anno non vi fece più ritorno, tuttavia ne avrà sempre la nostalgia perché quello è il luogo da cui ha avuto origine il suo involontario soggiorno sulla terra.
Il ricordo del Caos affiora in numerose opere di Pirandello come un desiderio irrefrenabile di doverlo portare alla memoria, a partire da I vecchi e i giovani per poi passare a Il fu Mattia Pascal. All’origine di questo desiderio vi è il bisogno di ricongiungersi alla terra natia come metafora del mito maternocentrico, che va compreso in termini di analogia madre- naturale- Terra madre, entrambe metafora del grembo materno.
Il Caos per Luigi Pirandello è dunque l’origine di tutte le cose, della sua vita ora tumultuosa ora tormentata, animata dai volti di numerose donne.
Per comprendere l’opera pirandelliana è opportuno osservarla attraverso numerose prospettive, ma è altresì indispensabile osservare con attenzione i personaggi che la popolano, con un particolare occhio rivolto alle figure femminili. La donna per Pirandello fu fonte di tormento, ma al contempo musa ispiratrice.
É Jenny Schultz Lander il volto della prima donna che affiora a linee chiare e ben definite nell’opera pirandelliana. Jenny fu una fanciulla bella e intelligente che sapeva suonare il piano e cantava molto bene, figlia di un distinto ufficiale di guarnigione che Pirandello conobbe da ragazzo, durante il soggiorno tedesco, mentre affrontava con spensieratezza uno dei momenti più belli della sua vita. Il soggiorno a Bonn per Pirandello fu fruttuoso infatti, non solo durante questo periodo fu pervaso dalla vena artistica che lo spinse verso una copiosa produzione saggistica, ma l’ambiente renano fu per egli una sorta di humus che lo portò alla produzione di ben due raccolte poetiche, nate dall’amore per Jenny: Elegie renane del 1895 e Pasqua di Geadel 1891.
A fare da sfondo alla prima delle due raccolte è la malinconica città di Bonn, animata e resa calorosa dall’idillio d’amore tra i due giovani, Luigi e Jenny.
In Pasqua di Gea lo sfondo è un meraviglioso giardino di fiori novelli, rivitalizzato dalla luce del Sole, dove sacro e profano si uniscono per conciliare l’intento del poeta: esprimere una viva adorazione panica della terra, del sole, della primavera, dell’amore e della gioia di vivere, sorta nell’animo del giovane agrigentino grazie a Jenny.
Terminato il periodo dell’università, Pirandello torna a Girgenti, dove ad attenderlo è la fidanzata, la cugina Lina, gelosa delle due raccolte poetiche pubblicate a Bonn e dedicate ad una misteriosa ragazza.
Successivamente Pirandello è costretto dal padre, per interessi puramente economici, a compiere quel passo che darà alla sua vita una svolta negativa: il matrimonio con Antonietta Portulano.
A proposito di questo evento Leonardo Sciascia scrisse nel suo saggio ititolato Pirandello e la Sicilia che si trattò di uno di quei matrimoni che in dialetto siciliano si dicono “purtati”, portati; portata come una cosa, da altri, la ragazza al matrimonio. Ed è da questo matrimonio “purtatu” che nasce la tribolazione dello scrittore agrigentino, costretto a imprigionarsi in una forma che non avrebbe voluto. Tuttavia Pirandello, diviso tra un gran me e un piccolo me, l’uno desideroso di proseguire la carriera poetica, l’altro incapace di opporsi alla volontà paterna, non è l’unico a vivere il drammatico contrasto, perché a risentirne è anche la futura moglie Antonietta. Quest’ultima è costretta ad accettare un destino inaspettato e che probabilmente costituisce la radice di un male dell’anima che raggiungerà il culmine nel 1903, in seguito all’allagamento della miniera in cui il padre dell’Agrigentino aveva investito la dote della nuora.
Dal copioso carteggio pirandelliano, di Antonietta emerge il ritratto di una donna non solo incapace di comprendere il marito, ma soprattutto ossessionata dal non potere avere il suo amore. Una mancanza di affetto questa, generata forse dall’essere rimasta orfana di madre e di essere cresciuta in una famiglia di soli uomini che l’hanno spostata prima al collegio delle suore di San Vincenzo e poi al talamo nuziale, al fianco di un uomo incontrato solo 28 volte e 36 ore durante il fidanzamento. Da ciò nasce anche l’isteria di Antonietta, che sempre più gelosa del marito lo accusa di tradimento con le giovani fanciulle dell’Istituto di Magistero. Il 1915 è l’anno della partenza del figlio Stefano in guerra e l’ anno della partenza di Antonietta in una casa di igiene mentale.
Antonietta Portulano per Pirandello non fu di certo l’ideale di moglie, quello che emerge da L’amica delle mogli, una novella del 1894 e quindi anteriore ai fatti drammatici, che tracciava il profilo della moglie ideale secondo Pirandello.
Il caso fa le beffe a Pirandello, tanto che a interpretare la protagonista de L’amica delle moglinella commedia omonima, rappresentata a Roma nel 1927, sarà Marta Abba, la donna che ha allietato con la sua presenza la vita del drammaturgo.
Jenny, Lina, Antonietta e Marta sono i nomi di quattro volti femminili apparsi nella vita del Maestro. Eppure, qual è la concezione che egli ebbe della donna?
Pirandello fu maschilista e in maniera generica ebbe delle donne una visione molto negativa. Questo è quanto trapela dall’articolo intitolato Feminismo, pubblicato da Pirandello nel 1909 su La preparazione, con lo pseudonimo di Paolo Post. Non è strettamente necessario addentrarsi nella lettura del saggio per comprenderne la visione della donna espressa infatti, già il titolo la dice lunga.
Feminismo con una “m” è un puro latinismo. Femina per Virgilio erano Didone e l’amazzone Camilla e con tale appellativo chiamò entrambe perché, piuttosto che essere dedite al colo e al penso, erano intente ad occuparsi degli officia virilia. Didone, morto il marito, governava la città di Cartagine. Camilla era una guerriera. Attività che poco si addicevano ad una donna secondo la concezione dell’epoca. Tale concezione, tipica dei Romani, ma ancor prima dei Greci, entrò a far parte della cultura siciliana e fu tramandata di secolo in secolo, per arrivare fino a Pirandello e oltre, che da buon siciliano non poteva non avere un’idea della donna differente da quella tradita dalla tradizione e condivisa dalla società coeva.
Nei confronti delle donne che si occupano di politica e lavorano fuori casa Pirandello non esita a manifestare un profondo disprezzo nella sua opera. É così per la Celsina Pigna de I vecchi e i giovani e per la Varia Nestoroff del romanzo Si gira, diventato Quaderni di Serafino Gubbio operatore nel 1925. Varia Nestoroff è la donna tigre per eccellenza, aggressiva, divoratrice di uomini e attrice.
Attrice tuttavia, seppure nella vita reale, fu Marta Abba, per la quale il Maestro non nutrì né odio né disprezzo, bensì ammirazione, perché Marta fu la sua musa ispiratrice. Riguardo a quest’ultimo aspetto, Andrea Camilleri (Io donna, 2000) ha affermato che Marta Abba aveva una forza potente, ruppe la ragnatela familiare ed ebbe un effetto frenante sull’arte di Pirandello.Tuttavia, ciò sembra un po’ difficile da credere considerato che durante il periodo in cui Pirandello e la Abba si frequentavano, la produzione teatrale dell’Agrigentino divenne copiosa. Pirandello davanti a Marta Abba si sentì come il protagonista di Diana e la Tuda del 1926: il Giuncano, l’artista che dopo avere dedicato l’intera vita alla creazione di opere d’arte, vecchio e alla fine dei suoi giorni, posto davanti alla bellissima Tuda si sente rinascere, anche se è costretto a frenare il proprio istinto considerata l’età. Marta per Pirandello fu importante perché era come se l’arte vivesse in e con lei.
Giunti quasi alla fine di questa carrellata sui volti femminili che hanno animato e popolato la vita del Maestro, concludiamo ritornando al punto dal quale siamo partiti, il Caos, ovvero la madre di Pirandello, Caterina Ricci- Gramitto.
La figura della madre nell’opera pirandelliana funge da cornice ai volti femminili. La concezione della madre, come della donna in realtà, per Pirandello è sospesa tra due poli opposti. A volte è benigna, altre è maligna. Se la madre contravviene alle regole del vivere sociale e dimentica il proprio dovere di madre, dedita alla prole e alla cura della casa, può andare incontro alla stessa sorte della Giulia di ‘A morsa, allontanata dalla casa e dai figli. In altri casi e in linea generale però la madre per Pirandello è “santa”, come la sua.
A Caterina è ricondotta l’idea di materno- centrismo, per cui per lo scrittore il desiderio di abbracciare la terra natia, il Caos, corrisponde con quello irrealizzabile di abbracciare la madre.
La madre per Pirandello è santa e nelle opere, laddove viene ricordata, il ruolo che le viene assegnato la distingue da tutte le altre donne, circondandola di un’aura di ingenuità e spesso le sono attribuite le più grandi virtù tra le quali quelle patriottiche. É così per donna Caterina Laurentano, uno dei tanti personaggi che popolano il dramma della generazione di Pirandello, come lo definì egli stesso, I vecchi e i giovani. Caterina Laurentano è un personaggio tragico fin dal suo primo apparire, sia per la dignità che per la fierezza della persona che le conferiscono un certo decoro. La storia di questo personaggio ricalca perfettamente quella della madre dell’ Agrigentino; entrambe portano lo stesso nome ed entrambe vanno incontro alla stessa tragica sorte: quella di perdere il marito durante i moti del ’48. Molte altre madri dell’opera pirandelliana condividono con Caterina lo stesso destino, la madre di Mattia Pascal ne è un altro esempio, e tutte condividono un altro aspetto, ovvero quello di essere vedove.
Altrove la madre del Nostro compare sotto altre forme. Dianella Salvo, un altro dei personaggi de I vecchi e i giovani, è orfana di madre, si affaccia alla finestra per contemplare il paesaggio notturno e come un pargolo, cullato dal canto dei grilli, osserva in alto la luna.
Il motivo della luna è ricorrente in Pirandello, basti pensare a Ciàula dell’omonima novella, il quale dopo avere vissuto nel ventre della terra e nella tenebra fangosa delle sue cavernecondividendo con gli altri carusi il lavoro faticoso e disumano, la sofferenza e la miseria, rimane attonito davanti all’epifania della luna che gli dà conforto, consolazione e liberazione dalle angosce, come lo sguardo di una madre rivolto al proprio figlio.
Ciàula scopra la luna è una novella del 1912 e precede di tre anni la scomparsa della madre di Pirandello alla quale l’Agrigentino nel 1919 dedica la novella Colloqui con i personaggi.
É qui che Pirandello per la prima e l’ultima volta instaura un colloquio con la madre scomparsa per alleviare la solitudine che lo circonda. Lo scrittore immagina la madre seduta in casa, ma non in una casa qualunque, ma nella stanza della casa lontana, la casa romita in mezzo al mare.
É qui che ad un certo punto l’immagine della madre si smaterializza e l’autore nella sua fantasia si sente trasportato davanti al paesaggio della campagna del Caos, dove sente il fruscio delle fronde e il fragore del mare africano. La madre rievoca il ricordo del Caos, che genera e dà vita e viceversa, in modo tale che tra i due si instaura una analogia, Caos: vita= Caos: madre terra che ci aiuta a comprendere quanto il volto di questa donna, Caterina Ricci- Gramitto fosse stato importante per il Nostro.
Dal Caos- madre ebbero inizio tutte le cose e al Caos- madre desiderò ritornare per dar pace alla sua vita tribolata.