
Nel periodo giolittiano si era costituita a Ribera, in provincia di Agrigento, la cooperativa S. Giuseppe come solida base elettorale del deputato Antonino Parlapiano Vella: i cattolici avevano creato una ristretta elite di contadini medi grazie all’ affittanza collettiva degli ex-feudj Guelfa, Castellana e Camemi di don Tristano Alvarez de Toledo, grande di Spagna.
Nel 1919 nasce in contrapposizione la cooperativa “Cesare Battisti” degli ex combattenti guidati dal farmacista Liborio Friscia, zio del deputato Angelo Abisso leader dell’interventismo democratico nell’agrigentino: gli oltre 800 soci chiedono l’intervento dell’Opera nazionale Combattenti per l’esproprio dei latifondi e la loro quotizzazione a favore dei reduci.
Da Madrid il duca si precipita a Ribera e approfittando della concorrenza tra le due cooperative, tenta di vendere le terre al miglior offerente. Condotte dallo stesso Parlapiano Vella, le trattative si arenano sul prezzo, poichè rispetto ai 9 milioni offerti dalla cooperativa cattolica con l’avallo della locale cassa rurale. il duca insiste sulla esosa richiesta di 18 milioni; ad un certo punto la situazione sfugge di mano ai notabili, contadini popolari ed ex combattenti fraternizzano e per tre giorni (26-28 gennaio 1920) sequestrano il nobile spagnolo e saccheggiano il suo avito palazzo, costringendolo a sottoscrivere l’atto di cessione dei latifondi.
La folla percorre le vie del centro cittadino inneggiando alla decisione del duca, ma appena ritornato libero l’aristocratico dichiara nullo quell’atto perchè estorto con la forza, e nello stesso tempo tramite l’ambasciata di Spagna solleva una questione di diritto internazionale per evitare l’esproprio dell’ONC, dopo le perizie giurate di Arrigo Serpieri ed Oreste Bordiga.
L’incidente diplomatico paralizza l’iniziativa dell’ONC e spiazza la cooperativa laica al seguito di Abisso, ma offre spazi per un accordo in sordina con cui l’on. Antonino Parlapiano Vella e il fratello Gaetano sindaco del paese acquistano gran parte delle terre del duca; sotto la direzione dei loro campieri, appartenenti alle cosche mafiose locali, vengono costituite tre cooperative che prendono in gabella gli ex-feudi per poi cederli soci con canoni elevati, finche non si predispone nel 1924 una quotizzazione delle terre marginali a vantaggio della propria clientela elettorale.
Ma il fascismo al potere non può tollerare il condizionamento politico delle clientele e il regime si scaglia contro il cooperativismo agricolo non per esplicito disegno anticontadino, quanto per l’illusorio tentativo di svellere le radici delle relazioni clientelari su cui si regge l’influenza dei notabili.
A Ribera gli avversari dei Parlapiano Vella riorganizzano le fila sempre per impulso di Liborio Friscia, forti soprattutto del ruolo dominante assunto da Angelo Abisso nel fascismo agrigentino.
I Parlapiano Vella sono cacciati a furor di popolo dal paese.
Gaetano finisce addirittura al confino, l’ex deputato Antonino cerca di fermare la pratica di esproprio delle terre tornata all’attenzione dell’ONC: “Sono tre anni che io debbo tollerare le sopraffazioni più inaudite e subire le vendette piu atroci – scrive nel 1927 al prefetto di Girgenti -Nei pubblici comizi si aizza il popolo contro di me.
Non vi ha domenica, non vi ha festa o ricorrenza di cui non si approfitti per espormi all’odio delle masse ignoranti cui si offre il miraggio dell’esproprio delle terre possedute da me e dai miei fratelli. Ora io non mi sento sicuro nè nella persona, né nei miei averi. Non è concepibile che sotto il regime fascista si possa predicare impunemente la violenza e che si possa fare lotta di classe.
Negli anni ’30 la successiva reazione anti-Abisso provoca ulteriori scomposizioni e riaggregazioni del sistema politico periferico.
Le terre del duca di Bivona “scippate” dai Parlapiano Vella erano ancora al centro di vertenze giudiziarie tra i proprietari e l’ONC; il latifondo di Ribera resisteva all’azione dello Stato e del movimento cooperativo.