Lo studente agrigentino Luigi Pirandello non era stato uno studente promettente. C’è un “5” in italiano nella sua pagella dell’anno scolastico 1878-79, quando frequentava la seconda classe della Regia scuola tecnica di Agrigento, corrispondente alla attuale scuola media.
Pirandello, in italiano, era proprio in difficoltà soprattutto nelle prove pratiche, negli scritti. Quel cinque la dice lunga sui suoi temi: erano evidentemente “compitini sciatti”, privi di osservazioni e di fantasia, zoppicanti in ortografia e non sempre a posto con la sintassi. “Agli orali, invece, se la cavava: aveva memoria di ferro per immagazzinare date e versi come piaceva al suo insegnante e riusciva così a compensare, nel giudizio complessivo di fine d’anno, l’insufficienza nello scritto”, sostiene un suo biografo.
Pirandello amava piuttosto disegnare e ci ha lasciato persino delle opere pittoriche giovanili.
Nella casa natia in contrada Caos, divenuta museo, sono conservate le pagelle dei primi anni di studio ad Agrigento e la pergamena della laurea in filologia romanza conseguita in Germania con il massimo dei voti.
Il padre Stefano, commerciante di zolfo a Porto Empedocle, visto che a scuola il figlio combinava poco, in estate lo faceva lavorare nella sua azienda con i lavoranti che al porto caricavano lo zolfo.
Con la complicità di un suo zio materno, Innocenzo Ricci-Gramitto, che insegnava al Ginnasio di Agrigento, senza far sapere nulla al padre, il giovane studente agrigentino Luigi Pirandello lasciò la regia Scuola Tecnica e divenne ginnasiale. E al Liceo-Ginnasio “Empedocle”, lo studente Pirandello trovò il suo ambiente ideale, migliorando in tutte le discipline. A 15 anni scrisse, per una recita scolastica, il suo primo copione, Barbaro (di cui, purtroppo, non è rimasto nulla).
Poiché il padre aveva bisogno di lui per i suoi affari a Palermo, Luigi, allora diciassettenne, lasciò Girgenti e frequentò a Palermo l’ultimo anno del Liceo. Poi partì, nel 1888, per frequentare l’università a Roma, spezzando il cuore ad una sua cugina, che si era “accesa di grande passione” per lui. Disgrazia volle che l’inquieto agrigentino avesse qualche dissenso col titolare della cattedra di letteratura latina, Onorato Orcioni. Pare che l’illustre professor Orcioni, non sapesse perdonare all’allievo Pirandello di essersi accorto di uno strafalcione sfuggitogli nel leggere una commedia di Plauto e di averlo fatto notare. In seguito a quell’episodio, l’ambiente dell’Università La Sapienza di Roma gli si fece ostile al punto da decidere di compiere gli studi fuori, non solo di Roma, ma l’Italia. Così nel settembre del 1889, Pirandello lascia Roma per Bonn dove si laurea con una tesi in fonetica e morfologia sulla parlata di Girgenti, la città dove era nato e dove aveva cominciato la sua avventura di studente e che non ha mai dimenticato.
di Elio Di Bella