di Angelo Schembri
La presenza umana nel territorio di Licata è testimoniata con continuità fin dal Paleolitico inferiore (600000-180000 a.C), se si consi-derano alcuni utensili provenienti dalla contrada Caduta (un chopper) e da poggio Safarello (un bifac-ciale), utilizzati già dall’homo habilis, vissuto circa 2.000.000 di anni fa, e dall’homo erectus, circa 1.000.000 di anni fa.
L’uomo giunse in Sicilia dall’Africa, con la quale essa era collegata prima dell’era glaciale, ed il territorio licatese dovette rappresentare per i nuovi arrivati un punto di riferimento importante per la sua posizione centrale e strategica, alla conquista di una terra meravigliosa, allora costituita di luoghi ben protetti e ricca di vegetazione. La suggestività dei luoghi ed il fascino esercitato su quegli uomini, che per primi vi posero piede, li ha indotti a stabilirsi in quella che sarà la loro terra definitiva.
A Castellazzo di Palma, identificato con Camico, la seconda reggia del re sicano Cocalo, sono stati repertati frammenti ossei umani (homo licatensis 1) del Paleolitico medio (180000-30000 a.C.) e nelle vicinanze, alla foce del fiume Palma, migliaia di utensili in selce dello stesso periodo. Dalle alture del luogo fortificato si poteva controllare un vasto territorio e la sua posizione, relativamente elevata, consentiva una difesa sicura a quegli uomini che cominciavano ad esperimentare la lotta per la sopravvivenza personale e del villaggio di appartenenza.
Nella contrada Casalicchio sono stati rinvenuti resti umani (homo licatensis 2) del Paleolitico medio. Dai siti interessati dal Paleolitico medio provengono ciottoli di quarzite con figure umane e di animali, utensili di selce e quarzite e manufatti in pietra raffiguranti la Grande Madre, dea della fecondità. Altri reperti provenienti dalla contrada Casalicchio sono riferibili al Paleolitico superiore (30000-13000 a.C). Dagli utensili di lavoro e dagli oggetti votivi realizzati dall’uomo del Paleolitico si può affermare che egli raggiunse un livello di vita sociale no-tevole per i tempi nei quali visse. Dalla contrada Caduta provengono inoltre punte e frecce in selce, microliti del Mesolitico (13000-6000 a.C), utensili di ossidiana, un betilo del Neolitico (6000-3000 a.C).
Monte Gallidoro, dove la vita è documentata fin dal Neolitico, al centro di un sistema collinare di indiscussa importanza, affascina per la sua posizione strategica e la sua funzione di vedetta, svolta durante i secoli, ci richiama tempi passati nei quali si sono svolte vicende che hanno determinato il corso della storia plurimillenaria. In un anfratto naturale della contrada Colonne, nelle immediate vicinanze di un incantevole mare azzurro, è stata rinvenuta ceramica della I età dell’Eneolitico o Rame (3000-2500 a.C). La sua vicinanza con la contrada Caduta ci suggerisce un rapporto con il villaggio capannicolo di quest’ultima nel quale è stato repertato vario materiale che documenta una frequentazione dell’uomo nelle diverse fasi di vita che si sono avvicendate in questa parte dell’Isola dove probabilmente egli è approdato direttamente dall’Africa.
Anche la contrada Stretto, dove il Salso Imera entra nella piana di Licata, ha restituito materiale della prima età del Rame. La suggestione di questo luogo è evidente nel contesto storico nel quale si inserisce e nel paesaggio selvaggio, ma di una bellezza straordinaria, che ci rimanda ad un atavico amore per la Sicania. La seconda età del Rame (2500-2000 a.C.) è presente nella contrada Caduta ed in altri siti del territorio che con i loro reperti documentano un passaggio determinante per la cultura che proietta l’uomo verso nuove forme di vita. I passaggi epocali dimostrano l’operosità di uomini che tendono a migliorare le loro capacità lavorative, mettendo in atto un’intelligenza non sempre espressa al meglio delle loro potenzialità, ma intenzionalmente protesa a raggiungere nuovi traguardi.
Monte Muculufa, con il villaggio, il santuario e la necropoli, rappresenta il sito più importante del Bronzo antico (2000-1400 a.C.) e lo straordinario ritrovamento di vasi di ottima fattura fanno ritenere che in esso abbia operato un maestro che prende nome dal luogo. Alcuni fondi di capanne, circa 250 tombe a grotticella scavate nella roccia, la cui bellezza naturale ci riporta alle lontane Dolomiti, ed un grandioso santuario, immerso nel fascino travolgente di un luogo suggestivo, testimoniano la frequentazione di un centro politico-religioso di rilevante importanza. In questo angolo di paradiso si riunivano le popolazioni della vallata per prendere decisioni importanti riguardo alla loro convivenza e per esprimere la loro religiosità nelle divinità che rappresentavano un elemento unificante dell’etnia sicana in un’epoca nella quale il rapporto con Dio era ancora basato fondamentalmente su un carattere naturale. Gli uomini dei villaggi vicini raggiungevano la zona del santuario all’alba, dopo aver viaggiato durante la notte, ed attendevano con il fuoco lo spuntar del sole nel quale veneravano il loro dio naturale, offrendo doni e sacrifici per ricevere benefici ed implorare protezione per sé ed i componenti del gruppo capannicolo.
Un villaggio ed una necropoli del Bronzo antico caratterizzano monte Canticaglione, dove è stato trovato materiale in gran quantità, tra cui un idoletto ricavato da un osso a globuli. La ceramica repertata in questo sito, per le sue analogie con altra delle vicinanze, ci riporta al maestro della Muculufa che ha avviato una fase artistica che costituisce l’inizio di una nuova cultura. I contatti frequenti di queste popolazioni dimostrano una vita sociale sviluppata che tende all’assimilazione degli usi e dei costumi dell’epoca remota.
Monte Petrulla esercita un fascino eccezionale sul visitatore, oltre che per il villaggio e la necropoli monumentale del Bronzo antico, per la sua notevole bellezza paesaggistico-ambientale.
Il contesto nel quale è immerso il sito merita un migliore utilizzo ed una maggiore valorizzazione da parte di enti pubblici e privati attra-verso la realizzazione di un parco che restituirebbe al luogo dignità ed al cittadino momenti di serenità e di godimento della natura. Le tombe a grotticella, di eccezionale valore architettonico, attestate nella sommità del monte, raggiungono un livello artistico notevole ed esprimono un’evolu-zione, nelle opere funerarie, di una cultura ormai affermatasi nell’intera Isola.
La contrada Landra, nelle immediate vicinanze di monte Petrulla, presso la valle del Grillo, presenta una necropoli del Bronzo antico ed altre emergenze archeologiche di notevole interesse, consistenti in strutture intagliate nella roccia, che attendono di essere studiate attentamente.
La contrada Cali si impone per la maestosità della sua necropoli del Bronzo antico e per la sua conformazione che richiama un luogo fortificato. Non si esclude una sua funzione di controllo del territorio circostante, considerata la sua posizione rispetto ad altri siti che vi gravitano attorno. Altrettanto imponente è la contrada Palma con la sua vasta necropoli del Bronzo antico dalle interessanti tombe a grotticella poste in una parete rocciosa ed in luoghi isolati, alcune delle quali alquanto apprezzabili per la loro formidabile fattura.
La contrada Mintina conserva ancora tracce di un villaggio ed alcune tombe a grotticella, una con dromos, del Bronzo antico. Nella contrada nasce una sorgente di acqua sulfurea, utilizzata nei tempi passati ed oggi abbandonata, che potrebbe essere ripristinata per usi fisio-terapeutici. La vicinanza di questi due siti e la presenza della sorgente nei pressi inducono ad ipotizzare l’esistenza di un villaggio comune.
Monte Disusino, nella cui sommità si trova un insediamento del Bronzo antico che consta di costruzioni megalitiche di forma circolare, è legato alla presenza di Dedalo che vi consolidò il tempio di Afrodite, venerato prima dai Sicani e dai Siculi, poi dai Greci e dai Romani. Il Bronzo antico interessa monte Agrabona, nel cui luogo Dedalo eseguì la Colimbetra per sbarrare il fiume Alabon (Agrabona), affluente del Salso Imera, e monte Aratato del Muro, immerso in uno scenario di incomparabile bellezza naturale. Monte Sole custodisce nella parete rocciosa a sud e sud-est tombe a grotticella del Bronzo antico che ri-chiamano altre interessanti tombe di monte Giannotta della stessa tipologia e dello stesso periodo.
Il Bronzo medio (1400-1250 a.C.) è rappresentato da Madre Chiesa, con il suo insediamento di capanne circolari, e Rocche Sciacca, con le sue tombe a grotticella su parete rocciosa, da cui provengono reperti di eccezionale valore artistico. L’isola di San Nicola, identificata con Inico, si presenta nella sua singolare bellezza e ci mostra quel che rimane della prima reggia del re sicario Cocalo (Bronzo medio). La Tholos di via G. Marconi o quel che rimane del monumento funerario del re cretese Minosse (metà del XIII secolo a.C.) ci fa rivivere il mito di un’epoca affascinante e misteriosa qual è quella minoica nella Sicania di Cocalo. Lo Stagnone Pontillo, il monumento databile tra il XII e XI secolo a.C, legato al culto di Minosse, scavato interamente nella roccia, è unico nel suo genere in Sicilia per la sua struttura architettonica, tipica del Bronzo tardo o recente (1250-689 a.C.) a cui si richiama, con evidenti influssi egeo-micenei e minoico-cretesi. Il monumento, utilizzato fino al III secolo a.C. come santuario, al suo interno custodisce in-teressanti graffiti, di cui alcuni parti-colarmente studiati per il loro valore linguistico. La Grangela, opera idraulica del Bronzo tardo o recente, è legata al culto di Arianna, figlia di Minosse, venerata in Sicilia come lo fu il padre. Raccoglie le acque di una sorgente di monte Sant’Angelo e la si può visitare, prosciugata, scendendo dei gradini per 15 m. In questo periodo il territorio fu interessato da scambi commerciali con popolazioni egeo-micenee e minoico-cretesi che costituirono le premesse della colonizzazione greca.
in rivista Agrigento Nuove Ipotesi gennaio/febbraio 2005