
La “nazione mongola” è stata forgiata da Gengis Khan aggregando numerose tribù in perenne e reciproca competizione armata.
Consolidato il suo potere Gengis Khan sapeva bene però che la sua fortuna e quella del suo popolo dipendeva molto dai nobili.
Ma una parte di questi non vedeva con favore la personalità schiacciante di Gengis che avrebbe posto in ombra ognuno di loro. Pensarono perciò di ostacolarlo contrapponendogli Jamuka, il figlio di un capo clan della tribù dei giardarani.
Gli uruguti, i manguti e i mongliq rimangono fedeli a Gengis.
Jamuka, benché appartenesse all’alta nobilità, proteggeva piuttosto i pastori e i semplici soldati Con lui si alleano i taiciuti e i tatari. Una coalizione nata solo con l’obiettivo di detronizzare Gengis Khan, che si dimostrerà un’accozzaglia di soggetti accecati dalla smania di rivincite.
Carattere difficile e perfino bizzarro, Jamuka divenne un ribelle e un rivoluzionario, desideroso di innovazioni ed ostile ad ogni forma di tradizionalismo. Ma nel tempo divenne noto per le atrocità di cui ebbe a macchiarsi durante la lotta: i capi partigiani di Gengis Khan da lui catturati venivano infatti bolliti vivi in appositi calderoni per il divertimento delle sue truppe.
Jamuka venne spinto dalla fazione nobile, segretamente o palesemente ostile a Gengis Khan a tentare ogni mezzo pur di eliminarlo .
Nel 1201 Jamuka in una grande assemblea tenuta in una località sul basso corso del Kerulen si fece eleggere dai popoli che lo seguivano «Gur Khan» ossia «Khan universale».
Jamuka sapeva di doversi conquistare la fiducia di uno dei perni dell’equilibrio politico dell’area mongola e di quelle circostanti. Ci riferiamo a Tòngril, il «Wang Khan» dei kerait. La potenza di Tòngril era grande, ma aveva fragili basi perché la sua famiglia non solo non lo amava, ma era pronta a tradirlo.
Jamuka, che era riuscito a dar vita ad una confederazione di tribù mongole ostili a Gengis Khan, si legò di amicizia col figlio di Tòngril, Sengum e grazie a pressioni diverse anche Tòngril divenne definitivamente ostile a Gengis Khan ed anzi organizzò un tranello per sorprenderlo e per ucciderlo, tranello non riuscito perché un fedele di Gengis Khan avvertì la vittima predestinata, che potè salvarsi. Di conseguenza scoppiarono le ostilità fra i due ed ebbe inizio un feroce duello.
Nell’urto Gengis Khan subì perdite pesanti e, pur essendo vittorioso, tanto che nella compagine avversaria si manifestarono gravi dissidi, dovette ritirarsi con i suoi nella fascia delle foreste del Khingan, dove venne raggiunto da un gruppo di tribù amiche, al comando del fratello Khasar, che si unirono alle milizie di Gengis Khan.
Con le nuove forze riuscì a circondare i kerait in una località a sud del fiume Orkhon e a distruggerli in una battaglia durata tre giorni e tre notti.
Dalla battaglia scamparono Jamuka (che subito tentò di nuovo la guerra contro Gengis Khan appoggiandosi a Tayang capo della tribù dei naiman, altro sovrano potente di un forte e numeroso popolo), Tòngril e suo figlio Sengum.
Nel nuovo scontro (1204) Jamuka e i naiman furono distrutti, anche se Gengis Khan offrì una resa più che onorevole agli ultimi superstiti che non l’accettarono. Il figlio di Tayang, Kushlung, con qualche superstite, riuscì a scampare e a rifugiarsi fra i karakitai, un popolo allora molto potente.
Anche Jamuka riuscì a scampare, e secondo le fonti mongole sarebbe stato ucciso nel 1205, un anno dopo la distruzione dei naiman.
Elio Di Bella