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chiesa di san nicola san-nicola

Le origini del convento francescano ad Agrigento e il beato Matteo Cimarra

2 Febbraio 2022 //  by Elio Di Bella

Secondo quanto la tradizione ci fa conoscere in tale Rabbato — nello scorcio del sec. XIV — nacque, da genitori oriundi spagnoli, Matteo Cimarra, umile servo di Dio, fervido assertore di quella «Pace» e di quel «Bene» che Francesco d’Assisi predicò ardentemente.

Sconosciamo dove esattamente fosse ubicata l’abitazione; la tradizione la in-dica IN UN VICOLO NEI PRESSI DELL’ATTUALE CHIESA DI S. FRANCESCO DA PAOLA.

Il Tognoletto scrive (3): «benché non abbia potuto sin da ora avere certezza dei suoi genitori, dico però per la riuscita del loro figliolo, che siano state persone di buonissima condizione, e timorati di Dio, poiché lo educarono con ottimi costumi ed esercitarono nelle virtù, mandandolo alla scuola di grammatica ed altre scienze ».

Che il Beato Matteo fosse figlio di persone « timorate di Dio » è una illazione logica del Tognoletto ; ma che fossero «di buonissima condizione» sol perchè lo mandarono « alla scuola di grammatica » l’illazione ci sembra del tutto ingiustificata, tanto più se la si mette in relazione al fatto che nel « Rabbato » abitava gente di modesta condizione sociale, fatto del quale il Tognoletto non tiene conto ignorando quello che la tradizione ci fa conoscere in merito al quartiere della Città dove il Beato nacque.

Ritengo, invece, che Matteo Cimarra dovette nascere da umile gente, da lavoratori di origine spagnola, abitanti nel borgo industriale « extra moenia » della Città e che i Chiaramonte, come tale, ritennero escludere dalla cinta fortificata da loro fatta costruire.

Come ci fa conoscere lo stesso Tognoletto, Matteo «giunto a conveniente età, fu dal Signore chiamato allo stato di perfezione e vestì l’abito del Serafico Padre  S. Francesco nel Convento di Agrigento, sua Città natale, detto S. Francesco dei Conventuali, perché non vi era allora alcun convento appartenente all’osservanza. Ivi finito il Noviziato, fece la professione ».

I  Francescani si stabilirono in Agrigento nel Sec. XIII ; non possiamo — con precisione storica — indicarne la data.

Sono note le vicende inerenti al movimento francescano in Sicilia ed alla persecuzione contro lo stesso Ordine Monastico da parte dell’Imperatore Federico II che, scomunicato nella Domenica delle Palme del 1239, proibì — nel 1240 — l’entrata nel Regno di tutti i Frali Minori e nel successivo mese di Novembre ordinò l’espulsione di quelli che vi dimoravano, salvo due per ogni convento.

Che i seguaci del Poverello d’Assisi fossero venuti in Sicilia pochissimi anni dopo che il Serafico Padre aveva formato il primo nucleo dei suoi seguaci, non c’è dubbio alcuno.

Prove storiche ce ne danno l’assoluta certezza e, prima fra tulle, una lettera che il prelato francese Giacomo Vitry (4) — di ritorno dalla terra Santa — scriveva nell’ottobre 1216 ai suoi amici, in Francia, nella quale trattava dei Frati Minori, da lui conosciuti : « Quanto agli uomini — scriveva il Vitry — di questo Ordine nuovi, si radunano una volta l’anno.  

Dopo si dividono nuovamente e passano tutto l’anno in Lombardia, in Toscana, nelle Puglie ED IN SICILIA… ».

In una bolla di Gregorio IX, datata da Viterbo il 21 Nov. 1235 e rivolta all’Arcivescovo di Messina, il Papa si lamentava per la distruzione del Convento di Palermo dei Frati Minori (5).

E’ chiaro, pertanto, che prima di tale data — e non certamente qualche anno prima! — era già sorto il primo Convento di Palermo.

Se teniamo presente che — come detto avanti — nel 1216 i Francescani erano in Sicilia e che nel 1223 dimoravano nel Borgo di S. Leone a Messina, non è da dubitare che, in tale data, fossero anche a Palermo e molto probabilmente anche ad Agrigento, dove nel 1295 esisteva già un «burgo S. Francisci extra moenia civitatis» e precisamente « in contrada de Tribù» Lapidibus » (6).

Scrive il La Rocca in proposito: «Questo borgo, dunque, veniva chiamalo nell’uso volgare « burgus Sancti Francisci, segno evidente che in esso trova vasi una chiesa dedicala a S. Francesco, sorta parecchi anni avanti il 1295 e che ancor prima del sorger di essa, un movimento Francescano aveva dovuto aver luogo nella città

«Questo movimento non poteva essere stato originato da «semplice devozione popolare», ma si doveva «collegare all’opera svolta da primitivi discepoli di S. Francesco, venuti a stabilirsi in quel borgo fuori le mura», come solevano fare i Frati Minori.

Da ciò, lo storico agrigentino, trae l’illazione che «il primo movimento francescano» in Agrigento risale mollo verosimilmente alla «prima metta del Milleduecento».

Il La Rocca, però, ritiene che il Convento di Agrigento non fosse ancora costruito nel 1311, allorché morì Federico II Chiaramonte e — secondo gli storici (7) — legò «ingenti somme di denaro, onde costruirsi in questa Città il Convento di S. Francesco di Assisi».

E poiché il Fazello, a proposito di una visita da lui fatta in Agrigento, nel 1528 scriveva: «Plura sunt in ea urbe pubblica, sed magnifice ab eisdem excitata opera, ut pote Templum Maximus, cenobia Divi Dominici, Divi Francisci, Carmelitarum. Monasterium Monalium. Divi Benedicti….. ecc., il La Rocca ritiene che il Fazello abbia menzionati i conventi nel « vero ordine cronologico con cui essi vennero fondati » !…

Questo è un assurdo evidentissimo, in quanto se è vero che il Convento di S. Domenico venne iniziato nel 1308, non è men vero che il Monastero di S. Spirito, venne fondato dalla Madre dei Chiaramonte anteriormente al 1295, cioè prima della morte di Federico II Chiaramonte, eppure dal Fazello è menzionato al quarto posto!…

E’ da ritenere, invece, che in Agrigento — così come a Messina ed a Palermo — i Frati Minori dovettero costruire il loro primo convento prima del 1240, anno in cui l’imperatore Federico II fece distruggere quanto era stato ricostruito del primitivo Convento di Palermo. Comunque, anche se così non fosse, è lecito supporre che i Frati Minori, nel rientrare in Sicilia nel 1255 — dopo la morte dell’imperatore Federico II che li aveva espulsi nel 1210 dall’isola – «avessero messo mano in Agrigento, alla costruzione di un Convento con annessa Chiesa, e non ad una sola Chiesa, come ritenuto dal La Rocca.

Tale supposizione trova conforto nel fatto che sopra il bel portale, ancora esistente. non si vede lo stemma con i cinque monti della famiglia Chiaramente (come dovrebbe essere, nel caso il Convento fosse stato costruito a spese di Federico II) ma quello recante un leone rampante, tagliato da una fascia (Vedi illustrazione), mentre nella crociera della volta si vede in un tondino, una torre con due piccoli leoni rampanti ai lati, armi di famiglie a noi sconosciute!  

E — contrariamente a quanto ritiene il La Rocca — non c’è da dubitare che il locale di cui trattasi, sia appartenuto all’antico convento, e non alla Chiesa.

Se Federico Chiaramonte, dunque, lasciò un legato alla di lui morte esso non dovette essere destinato alla costruzione del Convento, ma — probabilmente — al completamento della Chiesa del Convento o, addirittura, alla costruzione di una nuova Chiesa.

Infatti, nel testamento di Donna Isabella Chiaramente (8) del 6 Dicembre 1362 si legge che la stessa ordinava ai suoi eredi di erigerle, alla sua morte, un sepolcro « in tribona nova ecclesiae conventus S. Francisci».

I     casi sono due : o la frase è stata scritta e trascritta bene, ed allora si tratta, evidentemente, della tribona «nuova» della Chiesa già esistente ; o —molto probabilmente — la frase è stata scritta o trascritta male, cioè il dittongo della parola «novae » è scomparso, così da alterare il significato della frase che doveva suonare ; « … ordinavit, quod fiat quoddam sepulcrum in tribuna NOVAE ECCLESIAE Conventus S. Francisci… » !

In tal caso, non ci sarebbero più dubbi. Federico II Chiaramonte avrebbe legato alcune somme per la costruzione della nuova Chiesa del Convento di S. Francesco, e non per la costruzione del Convento che — sicuramente — esisteva, con l’annessa prima Chiesa.

Se, poi, esaminiamo l’architettura del portale, affiancato da due belle bifore e sormontato da tre rosoni, che — sia [ture in condizioni pietose — ancora esiste (e del quale riproduciamo il disegno di una fedele ricostruzione), vediamo che essa non ci richiama quella del prospetto dello «Steri» di Palermo, con i caratteristici intarsi trecenteschi «chiaramontani», ma ci richiama subito alla mente, invece, il prospetto del Monastero di S. Spirito di Agrigento, costruito anteriormente al 1295, come avanti detto.

Riteniamo, pertanto, che il Convento di S. Francesco di Agrigento, dove il Beato Matteo vestì l’abito del Serafico Padre, fece il Noviziato e si professò, venne costruito nel Sec. XIII e non nel Sec. XIV come da qualche scrittore, che si è occupato dell’argomento, si vorrebbe sostenere.

Tranne i resti sopra citati, di cui ai disegni riprodotti, più nulla rimane dell’antico convento.

II    vano dove esiste il bel portale con i due stemmi, è oggi adibito a sacrestia dell’attuale Chiesa. In esso si vede il sepolcro di Paolo Del Porto, figlio di Maciotta, signore agrigentino, morto nel Luglio del 1518, come si legge nel sepolcro stesso (9) che doveva trovarsi nella antica Chiesa allorché essa venne demolita, nel Sec. XVIII, per dar luogo all’attuale.

Il Picone, per tale sepolcro, chiama l’ambiente : « una stanza mortuaria del Secolo XVI» (10) ; ma si tratta di un vero lapsus calami, poiché lo storico agrigentino è, anzi, in proposito, abbastanza preciso, ritenendo quell’ambiente della epoca del Monastero di S. Spirito (11).

Una interessantissima pittura, su tavoletta, esistente nella sacrestia, ci fa oggi vedere com’era l’antico prospetto della Chiesa, in pietra biancastra, con il campanile (lato mare) in tufo biondo d’Agrigento, così come oggi si vede lutto il prospetto rifatto nel Sec. XVIII e precisamente nel 1788. come si legge sotto la nicchia centrale dove sta una grande statua in marmo di S. Francesco (Vedi illustrazione).

Il Beato Matteo rimise piede nella nativa Agrigento dopo una lunga assenza e precisamente nel 1426, allorché gli venne concessa «l’antica Abbazia di S. Nicola», nella valle dei templi, per fondarvi il terzo convento siciliano dei Francescani riformati.

Il Tognoletto, riportando la notizia del Pirri, scrive (12) :

« Nel medesimo anno partitosi da Palermo se ne andò in Giorgento sua Patria dove arrivato, e dopo essere stato dalli suoi Paesani invitato, per fondar ivi il terzo convento mossi da Santa invidia per aver fondato quello di Messina e Palermo, gli diderò per abitazione un convento con la Chiesa dedicata a S. Nicola Vescovo posto nel luogo dove anticamente era il Palazzo di Fallari (sic) tiranno di Giorgento, dove abitarono innanzi Monaci Cisterciensi, il quale Monsignor Urso Vescovo di detta Città l’Anno 1219 nel mese di Gennaro lo cesse, e diede a Fra Peregrino Priore di Santa Maria Adriano del detto Ordine, ma in detto Anno 1426, l’ottenne il Beato Matteo, e l’Anno 1430 con l’aiuto di certa limosina assegnatale dal Re Alfonso, si finì ».

Non mi dilungo su tale convento sul quale sono già apparsi due miei studi, di cui uno recentissimo edito dall’Ente Provinciale per il Turismo di Agrigento (13); tanto più che, quanto prima, pubblicherò su «Sicilia Serafica» il terzo e definitivo studio nel quale saranno raccolte tutti i documenti e le notizie che mi è stato possibile raccogliere su tale interessantissimo monumento, del quale pubblico una foto del complesso edilizio ed una del maestoso prospetto della Chiesa  (Vedi relative illustrazioni).

Riassumo, qui di seguito, solo le notizie ormai acquisite alla storia del monumento, rilevandole dai documenti da me già pubblicati.

Contrariamente a quanto generalmente pubblicato, la Chiesa di S. Nicola (con annesso Cenobio) non venne costruita nel XIII Secolo. Di essa si aveva già notizia in un atto del 1181 e risultava fin d’allora dedicata S. Nicola Vescovo.

Nel 1219 il Vescovo Ursone cedette Convento e Chiesa, in parte distrutti, ai Monaci Cisterciensi di S. Maria di Adriano, che li ampliarono e li adattarono ai loro bisogni.

Come ho dimostrato con documenti inediti interessantissimi (14) nel 1322 avvenne una prima parziale ricostruzione di essi, a cura di Frate Pietro. Monaco dell’Ordine di S. Benedetto al quale vennero—come Abate—concessi dal Vescovo Bertoldo con atto « Kalendas Maij Ind. V» affinchè riportasse « la stessa Chiesa e Monastero al Primiero Stato.

Dopo conosciuta questa prima parziale distruzione e ricostruzione del monumento, avevo creduto che i lavori fatti eseguire nel periodo 1426-1430 dal Beato Matteo, specialmente alla Chiesa, fossero stati completi, tali — cioè — da rendere non solo efficiente la Chiesa stessa ma completa in ogni struttura.

Ma una interessante notizia, che rilevasi dalla vita del Beato, mi costringe — oggi — rettificare le conclusioni del mio ultimo lavoro sulla Chiesa di S. Nicola, sul prospetto della quale ancora oggi si scorge l’emblema francescano, scolpito sul marmo.

Mentre mi riservo riferire in merito dettagliatamente. riassumo—oggi—brevemente tali conclusioni :

I     lavori fatti eseguire dal Beato, furono — in verità — molto più ampi di quanto supposto.

II    muro lato Ovest della Chiesa, dove non esistono cappelle, venne fatto ricostruire dal Beato Matteo nel sopracitato periodo 1426-1430, insieme alle anti ed al prospetto.

Contrariamente a quanto ritenuto nel precedente studio, la volta ogivale della Chiesa, che oggi vediamo, non esisteva nel 1426, quando il Beato Matteo fece iniziare i lavori di ricostruzione.

Essa, pero, non tenne fatta da Lui eseguire, per mancanza di mezzi.

Con la «elemosina» avuta dal Re Alfonso, il Beato si premurò fare coprire la nave centrale della Chiesa con un tetto di travi e tegole, rimandando la costruzione della volta a miglior tempo.

Ebbe luogo, quindi, una terza fuse di lavori di ricostruzione della Chiesa, avvenuta proprio nel Sec. XVI consistenti nell’esecuzione della volta ogivale in conci, ed in lavori di abbellimento.

Di tale fatto abbiamo prova documentaria in una preziosa notizia fornita dal Tognoletto (15) a me sfuggita durante la compilazione del predetto studio : «Il Beato Matteo aveva iniziata la fabbrica della Chiesa di S. Nicolò in Agrigento sua città natale, arrivato alla volta della Lamia, o dammuso come volgarmente si dice, ivi arrivato fece coprire detta Chiesa con le sole tegole e poi fece scrivere su una pietra queste brevi parole : un altro frate sarebbe venuto dopo di Lui. e l’avrebbe finita. Onesto frate sarebbe stato di Agrigento. Ciò si avverò.

Il VEN. FRA BONAVENTURA SCIASCIA CIRCA L’ANNO 1669 o 70 VENNE A COMPLETARE LA CHIESA.

E cosi si avverò la profezia del Beato».

La Chiesa di S. Nicola esiste tuttora, aperta al culto, insieme ai locali dell’ex Convento francescano dei quali — fra breve — resterà la sola bella finestra bifora fatta costruire dai benedettini nel 1322, dato che i rimanenti locali saranno demoliti per la costruzione del grandioso edificio del nuovo Museo Archeologico Nazionale.

Il 5 febbraio 1428, mentre si trovava nel Convento di S. Nicola ed erano in corso i lavori per la ricostruzione della Chiesa, il Re Alfonso diede al Beato Matteo un segno tangibile della sua benevolenza, nominandolo — con suo diploma — « Gran Maestro degli Ebrei e dei Saraceni» per convertirli alla fede cristiana, concedendogli le più ampie facoltà ed ordinando agli ufficiali tutti — con la pena di duemila fiorini di multa — di assistere il Beato Matteo nella difficile impresa, costringendo gli Ebrei ed i Saraceni a radunarsi in luogo adatto, dove fosse agevole fare loro scuola di religione.

Gli Ebrei abitavano nel loro «ghetto», fin dai tempi di Federico II che così aveva loro ordinato nel 1312, e tale ordine era stato confermato da Martino, da Ferdinando I ed anche da Re Alfonso il quale ne  commise l’esatta osservanza al Beato Matteo (16).

Gli ebrei ed i Saraceni abitavano nel podere nominato la Yarabella, confinante con le mura occidentali della Città (sotto la Chiesetta, ora diruta, di S. Lucia) in parte ancora oggi detto «Orto della Giudecca».

Abitavano, quindi, in quel «Rabbato» dove era nato il Beato Matteo e dove egli ritornò per predicare la fede cristiana e convertire Ebrei e Saraceni.

Cessò dall’incarico il 1430.

Nel 1432 il Senato Agrigentino, fece edificare, con le elemosine raccolte, il Convento e la Chiesa di S. Vito, poco distante dalla «Porta di. Ponte», onde esser meno disagevole ai fedeli andare a trovare il Beato che, fino allora, dimorava nel Convento di S. Nicola.

Nel 1442 venne nominato Vescovo di Agrigento e consacrato — in via eccezionale — nella Chiesa Madre di Sciacca.

Note sono le altre vicende per le quali — dopo un anno di vescovato — venne indotto a rassegnare le dimissioni nelle mani di Eugenio IV e ritirarsi in Palermo, dove chiuse i suoi giorni il 7 Gennaio 1448. (17). Stralcio dal « Processo del Beato Matteo di Girgenti», prezioso manoscritto che si conserva nell’Archivio Capitolare della Cattedrale di Agrigento, due interessanti dichiarazioni (18) fatte il 3 Marzo 1762 Ind. X dal Pittori Francesco Narbone e dal figlio Chierico Michele, artisti agrigentini, in merito all’immagine del Beato Matteo che si vede dipinta nella seconda trave del tetto ligneo della Cattedrale Agrigentina (Vedi illustrazione).

La data di esecuzione del tetto ligneo che copre la prima parte della navata centrale del Duomo Agrigentino, si legge scritta a lettere cubitali vicino al muro ; « ANNO D. 1511 ». Il tetto venne fatto eseguire dal Vescovo genovese Mons. Giuliano Cibo (in carica dal 1506 al 1537). insieme ad altri lavori di restauro ed ampliamento della Cattedrale.

Come risulta da documenti da me precedentemente pubblicati (19) nel 1688 vennero sostituite alcune travi («Bordoni») e venne incaricato il pittore Giacomo Azzarello di dipingere le nuove travi e restaurare quelle usate.

Nella catena della seconda capriata, si vede: S. Libertino nella parte centrale; a sinistra : S. Gregorio Giuran. ed altro Vescovo ; a destra « S. MATTEUS DI GIRGENTI » vestito con abiti, pontificali e con l’ aureola di Santo (Vedi foto) e S. Gregorio Agrigentino.

Il Beato Matteo è stato sempre considerato un Santo e come tale lo si è raffigurato insieme agli altri Sei vescovi agrigentini.

Un bozzetto per un quadro dei «Sette Santi Vescovi», aveva predisposto Pietro Pellino, Agrigentino, (20) nel Sec. XVIII; un bel quadrone, invece, dipinse Francesco Sozzi, figlio di Olivio e cognato di Vito d’Anna, per la Cattedrale Agrigentina, nel 1774 e gli vennero corrisposte onze 60 (21).

La bella pala stiede posta sull’altare del transetto (lato Vangelo). In seguito alle modifiche apportate al Duomo ed alla conseguente abolizione degli altari, il quadrone venne conservato nei saloni vescovili, dove ancora oggi si ammira.

Altra immagine del Beato Matteo esiste in argento (mezzobusto) nella Cappella dal SS. Sacramento in Cattedrale, dal lato della epistola (lato Vangelo c’è altro mezzobusto in argento raffigurante S. Gerlando).

Infine, nella sacrestia, conservato in una superba teca bizantina smaltata (vedi. illustrazione) gli Agrigentini venerano il braccio del Beato Matteo, preziosa reliquia donata solo ad Agrigento, come Città nativa del Beato.

Nella base di legno dorato, dove si vedono scolpiti una Mitra ed un bacillo, si legge la seguente iscrizione apposta nel 1785:

DEPP. MARAGMAT.

PRINCIPIS TEMPLI

B. MATTHEI EPISC.

ET CIV. AGRIG.

BRACHIVM HIC

SERVATUR

A. D. MDCCLXXXV

RESTAVRARI

CVR

       DOCUMENTI INEDITI 

(Dal Processo del Beato Matteo di Girgenti – Manoscritto conservato nell’Archivio Capitolare del Duomo di Agrigento).

SESSIONE SETTUAGESIMA

« in Dei nomine amen. Anno di Salutifero Domini Nostri Jesu Christi noviter. Millesimo Septingentesimo Sexagesimo Secundo Inditione Decima, Die tertia, Mensis Martij.

Itac autem descriptione per acta, predicti Domini Index deputatus, et Adjunti deputati advocare fecerunt praedictos Pictores Don Franciscum et Clericum Michaelum Narbone Patrem et filium, in Perictos electos, et juratos ut supra, ad hoc ut super praedictam magnam trabein, et figuras in ea depictas suum profaerent judicium, quibus advenientibus fuit denuo delatum juramentum de veritate dicenda, quod illico praestiterunt separatim unus post alium genibus flexis, et tactis ambobus manibus Sanctis Dei Evangelijs, dicentis in volgari eloquio eadem praecisa verba alias in actis, registrata; quibus juramenti a praedictis Pictoribus praestitis, praedicti Domini Judex et Ajuncti deputati mandaverunt eijdem, ut inspicerent predictam Secundam trabem, et imagines in ea depictas cum omnibus circunistantijs, annexis, qua per ipsos diligenter inspecta, et considerata fuerunt separatim, et unus post alium examinati et interrogati ut infra videlicet.

« Et primo, altero perito Pictore, videlicet Chierico Michaele Nalbone (sic) dimisso et a loco praesentis examinis abeunte, fuit interrogatus praedicto Domino Judice deputato, quid ipse sentiret de praefata trabe et Jmaginibus in ea depictis, et praesertim circa ejus antiquitatem, et Significatum respondit che secondo la pratica, che ò della pittura, fo giudizio, e son di parere, che l’Imagine del Beato Matteo pittata nella seconda trave dimostra, essere in Concetto di Santità non solo per splendori che tiene attorno al Capo, che è il distintivo, di cui si serve l’arte pittoresca nel dipingere le figure dei Santi ma anche, perché si vede scritto in piè della stessa il titolo di Santo al Beato Matteo, leggendovi in essa Sanctus Mattheus di Girgenti. Circa l’antichità della medesima figura Son di parere, essere la suddetta pittura di pennello assai antico, che forse arriverà circa a tre secoli !

«Qua relatione per acta dimissus fuit dictus Don Franciscus Nalbone (sic) iniunto tamen Sibi prius ut supra subscriberet, pro ut accepto Calamo de subscripsit ut infra.

D. Francesco Narbone Pittore in Perito eletto.

« E loco praesentis examinis abeunte predicto Don Franciscus Narbone Pictore, in Peritum electo, introductus fuit Clericus Michael Narbone alter Pictor in Peritum electus, atque juratos, et interrogatus a praedicto Domino Judice deputato quid ipse Sentivit de praefata trabe, et imaginibus in ea depictis, et praesertim circa ejus antiquitatem, et significatum, respondit, che

 Secondo la pratica, che è dell’arte di Pittore, avendo diligentemente osservato più è più volte la sudetta trave, con aver anche salito sul cornicione della suddetta Nave Maggiore di detta Santa Chiesa Cattedrale per usare maggior diligenza, asserisce, ed è di parere che l’Immagine del Beato Matteo pittata in detta Seconda trave, per essere ornata nel Capo di Splendori attorno, della maniera come Sogliono dipingersi li Santi, e pella iscrizione, che si vede sotto a di lui piedi, in cui leggesi Sanctus Matteus di Girgenti, e per essere pittata in detta gran trave in unione di altri quattro Santi Vescovi di questa Cattedrale, di cui anche era sudetto Beato Matteo Vescovo, fà fermo giudizio che sin dal tempo, in cui fu pittata detta Imagine il Beato Matteo era venerato da Santo, perchè anche si vede nelli tre rosoni collocati nell’estremità della soffitta del tetto di detta Cattedrale, che guarda l’occidente leggesi scritto in Lettere Cubitali anno Domini MDXI e per altro la pittura della soffitta col primo bordone e di pennello più fresco di quello del Secondo bordone dove sta pittato il Beato Matteo, come pure per essere la pittura del Sudetto Secondo bordone più scolorita degl’altri, ed in parte scrostata è di parere che sia più antica di molto dell’anno sudetto 1511.

« Expleta praedicta responsione a praecitato Clerico Michaele Narbone facta, injuntum ei fuit, ut se subscriberet, pro ut ipse statini accepto calamo se sub- scripsit ut infra videlicet.

Clerico Don Michaele Narbone Pittore in Perito Eletto.

(1)  Corruzione del nome mussulmano di « Ma’assar » derivante da < Mahassar  » (canna da zucchero).

(2)  Cfr. Alessandro Giuliana Àlajmo: « Una importante notizia per i ceramologi del mondo. Scoperto ad Agrigento nel « Rabadh » il borgo mussulmano — normanno dei figuli », ne «L’Ora del Popolo», quotidiano di Palermo, N. 96 del 22 Aprile 1955.

(3)  Cfr. P. Fr. Pietro Tognoletto: « Paradiso Serafico del fertilissimo Regno di Sicilia », Palermo, Tip. d’Anselmo 1667, Vol. I, Cap. I « Vita del B. Matteo ».Si vuole che la nascita del Beato sia avvenuta nell’anno 1380. (Vedi nota N. 17).

(4)  Boehmer: “ Analekten zur Geschichete der Franciscus von Assisi” Tubingen und Leipzig 1904. Pagg. 28-99.

Cfr. Ioergensen, S. Francesco d’Assisi; Trad, di Mons. Benedetto Neri, Torino 1921, Pagg. 243-44 e 357.

(5) La bolla, trascritta per intero dal Cannizzaro, è stata pubblicata dall’ottimo mio amico P. Filippo Rotolo O.F.M. Conv. in “ La Basilica di S. Francesco di Assisi in Palermo”, Palermo. 1952, Pag. 9.

(6)  Notaro Pietro Renusio da Girgenti : Donazione in data 23 Genn. 1295 IX Ind. fatta da Salvo e Giovanna Turana al Monastero di S. Spirito di due case site in Girgenti e extra moenia, in burgo Sancti Franciscit (Dall’antica Giuliana del Monastero di S. Spirito, pag 25 — Cfr. G. Picone : Memorie Storiche agrigentine, Doc. N. XVI).

(7)  Cfr. Picone, Op. cit. Pag. 481.

(8)  Il testamento venne scritto il 6 Die. 1362, I Ind ; pubblicato il 6 Dicembre 1366. I Ind. presso Notaro Giovanni Sesia da Girgenti (Cfr. Picone, Op. cit. Documento N. XVII).

(9)  Sotto una lunetta, dov’è scolpita la “Pietà”, si legge: < De Portu. Dominus. sculpisit. Maciotta, sepulcrum. Hoc, genito. Paulo, vintus. amore. Suo. A.D. 1 5.18. in mense Julii ».

(10) Cfr. G. Picone, Op. cit. Pag. 809.

(11) Cfr. G. Picone, Op. cit. Pag. 808.

(12) Cfr. Tognoletto,  Op. cit.  Parte I,  Lib. I, Cap. V,     foglio 36.

(13) Cfr. Alessandro Giuliana  Alajmo : “La Chiesa di S. Nicola       dei  Cisterciensi  in    Agrigento”, Edizioni Ente Provinciale       per il Turismo,    Agrigento    1954.

(14) Cfr. Alessandro   Giuliana Alajmo, “La Chiesa di      S. Nicola   dei  Cisterciensi  in    Agrigento”, Op. cit. Documento N, 2.

(15) Tognoletto. Op. cit. Cap. VIII

(16) Di Giovanni, “Ebraismo di Sicilia” Pagg. 23 – 25.

(17) Controversia è ancora l’anno di morte del Beato Matteo. Sulla cassa del Beato si legge: 1448; anche un epitaffio scritto nello stesso luogo — come riferisce il Tognoletto — reca la data del 1448.

Il Cagliola, però, e qualche altro autore che gli fa eco — come lo stesso Tognoletto — ritiene sia morto il 7 Gennaio 1455.

L’Orlando, nel riportare la data: 7 Gennaio 1448 aggiunge che il nostro Beato mori di anni 68, il che farebbe risalire la nascita all’anno 1380, data molto probabile. Si sconosce, però, da dove lo scrittore abbia rilevato la notizia.

Accanto la Cappella del Beato Matteo, nel issò, venne apposta la seguente iscrizione, composta da Rosario Dottore:

Qui le ossa del B. Matteo Vescovo di Girgenti

Minore osservante

Predicatore del SS. Nome di Gesù

Grande apostolo di Spagna, Italia e Sicilia

Fondatore di diversi conventi

Nel 1426 questo ergea con le elemosine dei fedeli

Morì in Palermo il 7 gennaio 1448

Trasportato miracolosamente in questa chiesa

Freddo cadavere adorò il Santissimo Sacramento

Da Clemente XIII fu beatificato nel 1767

(Indulgenza di 40 giorni a chi dirà 3 gloria Patri)

testo di Alessandro Giuliana Alajmo

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, agrigento racconta, agrigento storia, chiesa di san francesco, convento di san francesco ad agrigento, diocesi di agrigento, francescani, girgenti, matteo cimarra, sicilia, valle dei templi

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