
Akràgas fu fondata nel 580 a C. da Aristònoo e Pistilo, ecisti delle due etnie rodie e cretesi che si erano insediate a Gela circa un secolo prima.
L’abitato si situò, ordinato a scacchiera, a mezza costa della collina, mentre l’altura costituì l’acropoli, sede delle maggiori divinità protettrici della polis: Giove ed Atena. Sulla cima dell’Acropoli si ebbero il tempio di Giove Atabirio, ovvero del monte, altrimenti detto Poliéio, cioè protettore della città ed il tempio di Athena. in seguito dedicato a Santa Maria dei Greci.
I Cretesi, i quali ebbero una notevole penetrazione nella Sicilia centro-meridionale secoli avanti la colonizzazione greca, erano portatori del culto delle Metéres e soprattutto della dea Terra: Ghé.
I coloni provenienti da Gela si sovrapposero ad una popolazione locale in parte grecizzata che già chiamava la rupe sacra alla dea terra, akra-ghé, la rupe della dea Terra,che nella forma dei toponimi divenne akrà-gas, sul tipo di Gelas, Hypsas, ecc..
Sul versante orientale della rupe è una grotta, ideale collegamento col mondo infero, dalla quale sgorga acqua sorgiva. Un tipico luogo di culto in cui la rupe in se stessa era la dea. I coloni trovarono qui un’ antico santuario di divinità pregreche sede principale di un culto della Madre Terra probabilmente quella Gran Madre di lontane ascendenze panmediterranee che aveva avuto sviluppo con i contatti minoico- micenei..
Oggi la zona viene chiamata il Santuario Rupestre di Demetra dalla successiva dedicazione del luogo di culto alla dea delle messi, erede della primigenia divinità sicana. Infine la Rupe fu complessivamente detta Atenea dalla presenza del suo tempio sulla parte più alta.
Nel vallone sottostante la rupe sacra scorre il fiume omonimo Akràgas e così la nuova città ne assunse il nome considerandolo divinità eponima. Il fiume Akràgas dunque prese nome dalla zona sacra, akrà-Ghè, l’altura di Ghé, e non viceversa. Esso riforniva di acqua la città posta fra i due rami in cui è diviso prima di confluire presso la foce. Per la sua funzione vivificatrice fu considerato subito una divinità ed effigiato come un fanciullo.
Figlio di Oceano e della ninfa Asterope (occhio di stella), Pindaro lo chiama “il sacro fiume”. Sue statue si inviavano ai santuari della Grecia. Nelle monete compare munito di due corna, simbolo dei due affluenti che si riunivano sotto la città prima della foce.
Similmente a Gela e poi in Akràgas si venerava il fiume Gelas in forma di Toro con volto umano.
Quando il culto della Madre Terra si trasformò in quello di Demetra e Kore sopra la grotta fu eretto un grande tempio dorico, sui cui resti sorse la chiesa normanna di S. Biagio. Il tempio pagano pare abbia ospitato anche, se non esclusivamente, il culto del sacro fiume Akràgas.
Nell’area è stata rinvenuta la famosa statua dell’efebo, che rappresenta appunto il dio fiume nelle forme di un fanciullo.
La città greca ebbe un impianto urbanistico a scacchiera a ridosso della rupe che la difendeva dalla parte del mare e sulla quale si impiantò il sistema dei templi.
Il fiume era probabilmente navigabile fino all’attuale Rotonda Giunone sulla SS 640.
La Rupe Atenea presenta una sella, detta taglio di Empedocle poiché la leggenda attribuisce al filosofo agrigentino l’asportazione di una parte della rupe per raffrescare la città con i venti di Settentrione.
Le mura della città greca erano molto estese e si sviluppavano ad abbracciare tutta la rupe. Dove questa è particolarmente acclive fu tagliata talché Polibio scrive che la città era munita per natura e per arte.
La rupe è detta oggi Atenea per la presenza del tempio di Atena, sui cui ruderi fu allocata la chiesa di S. Maria dei Greci.
Il tempio di Giove probabilmente sarà stato dove oggi è la Cattedrale.
Ancora poco indagate sono le gallerie sotto la rupe (ipogei), detti acquedotti di Feace dal nome dell’ingegnere greco che li realizzò, che alimentavano la Kolimbetra, la piscina accanto al tempio di Giove Olimpico.
Angelo Cutaia