L’estrazione e la lavorazione dello zolfo hanno costituito, soprattutto nell’Ottocento e nella prima metà del Novecento, in Sicilia in generale e nella provincia di Agrigento in particolare, una delle principali attività economiche che ha coinvolto direttamente ed indirettamente nel tempo migliaia di persone.
Attorno a questa attività lotte sociali e disgrazie familiari hanno segnato la vita di molte generazioni di siciliani.
E’ superfluo ricordare che pittura, letteratura e documentazione fotografica hanno registrato ed espresso queste condizioni di vita.
Nonostante che tale produzione già da qualche anno si sia definitivamente conclusa, in moltissimi abitanti della ” Sicilia dello zolfo” è ancora vivo ed appassionato il ricordo dei luoghi e delle condizioni di lavoro ad essa legati.
E’ dunque segno ingiustificabile di inciviltà permettere la cancellazione delle testimonianze fisiche di tale attività ed è ormai coscienza diffusa che sia doveroso salvaguardare le più significative tracce fisiche di tutte quelle attività connesse allo zolfo che possono diventare materia di studio e di ricerca, recuperando in tal modo il diritto ad essere parte integrante della storia.
Seguendo una delle tante possibili vie dello zolfo,la miniera Ciavolotta nel territorio del Comune di Agrigento merita di essere oggetto di una mirata ed attenta salvaguardia e tutela attraverso probabilmente una ipotesi più globale di Parco minerario mineralogico di cui faccia parte integrante anche la miniera Lucia più a nord nel territorio del Comune di Favara.
Tutto ciò nella presuntuosa speranza di potere contribuire allo sviluppo di una migliore coscienza civile e sociale attraverso il mantenimento della identità dei luoghi e della loro valorizzazione.
Agli inizi del secolo XIX accanto all’agricoltura, l’attività fondamentale dell’isola pur nelle condizioni di estrema miseria della classe contadina, prese avvio una modesta espansione industriale dovuta al sorgere di alcune attività quali l’industria vitivinicola nelle zone del trapanese e l’estrazione dello zolfo soprattutto nelle zone di Girgenti e di Caltanissetta (la provincia di Enna è nata nel 1951).
La punta massima della produzione si ebbe nel 1901, anno in cui nelle 734 zolfare attive e produttive siciliane furono estratte 3.550.000 tonnellate di materiale con l’impiego di ben 38.922 addetti, mentre la produzione di zolfo fuso fu di 537.543 tonnellate pari agli 8/10 della produzione mondiale dell’epoca. Mentre il più alto numero di miniere aperte si è registrato pochi anni dopo, nel 1904, con ben 800 miniere. Nella seconda metà dell’Ottocento l’immediato guadagno spinse i proprietari siciliani non solo ad estrarre dalle proprie miniere la massima quantità di zolfo, ma se ne misero in esercizio altre senza, investire nella ricerca di nuove tecnologie e tipologie di estrazione e di escavazione.
La produzione smodata, per l’avidità della maggior parte degli operatori zolfiferi, fece sì che l’offerta superasse abbondantemente la domanda; nel 1931 si misero in commercio più di 900.000 quintali di zolfo, laddove il bisogno del consumo non era più di 6-700.000 quintali.
Dopo quanto si è detto, sembra emergere una contraddizione,
infatti nonostante l’enorme produzione di zolfo, la Sicilia rimaneva fondamentalmente in uno stato di miseria, tagliata fuori dal generale progresso economico-scientifico-sociale Che investiva le altre nazioni ed anche le regioni del nord Italia.

Nel Mezzogiorno mancò l’impulso della rivoluzione industriale e si assistette ad un processo di cristallizzazione del vecchio sistema sociale e quel che è più grave si rifiutava che qualcosa potesse cambiare.
Il giacimento zolfifero appartiene alla serie gessoso-solfifera della genesi chimico evaporitica del Miocene superiore, terzo periodo dell’Era Terziaria, circa 15 milioni di anni fa .
I giacimenti di zolfo sono di diversi tipi: le zolfatare e le zolfare.
Le zolfatare sono depositi a cielo aperto e si trovano sempre in vicinanza di zone vulcaniche.
Le zolfare invece si trovano sempre sottoterra ad una profondità che può variare dai 50 mt. ai 450 mt. dove si penetra per mezzo di gallerie (piani inclinati, o pozzi). L’ inclinazione dei giacimenti in genere si mantiene fra i 15 e i 45 gradi, ma talora può scendere sotto i 15 o superare i 60 e si hanno anche giacimenti perfettamente verticali.
Per quanto riguarda la fusione dello zolfo, fino al 1850 essa avveniva bruciando il minerale accumulato in piccole buche del diametro di 2.5 mt. circa, scavate nel suolo in pendio: questo è il sistema delle “calcarelle”.
Tale sistema, tuttavia, oltre a creare danni alla popolazione e alla vegetazione per le esalazioni di anidride solforosa, era poco economico in quanto rendeva solo il 20-30 % dello zolfo totale.
In seguito vennero usati i “calcheroni’’, forni rudimentali di forma circolare, le cui dimensioni variavano dai 12 ai 24 mt. di diametro, in cui il materiale accumulato e protetto dal contatto con l’aria esterna mediante ricoprimento con materiale esausto, veniva riscaldato dal calore sviluppato dalla combustione di una parte dello zolfo; la parte restante si raccoglieva fusa in basso e scorrendo sul pavimento inclinato andava a riempire contenitori di legno di forma tronco piramidale ”favite” nelle quali solidificava.
La resa di zolfo in questo caso era del 60% al massimo. Una lavorazione più razionale si ebbe con i forni rigeneratori “Oill” a più camere in muratura che funzionavano all’incirca come i calcheroni ma che sfruttano il calore dei gas sviluppati nella combustione per preriscaldare altro materiale. Anche qui la resa non superava il 60%.
In ogni caso lo zolfo così ottenuto era zolfo grezzo che quindi doveva essere raffinato per distillazione e poi macinato, ventilato o meno in base agli usi ai quali veniva destinato.
La miniera Ciavolotta si trova a 6 Km dalla Valle dei Templi e a 2,5 Km dal Villaggio Mosè, vecchio villaggio per zolfatari inaugurato nel 1952. All’esterno offre grandi spazi movimentati da modeste e agevoli pendenze. Conserva ancora il caratteristico aspetto desolato riarso e lunare della zolfara siciliana pur se parecchie cave abusive per il riciclaggio speculativo del rosticcio di miniera ne hanno compromesso ormai 1’originaria orografia.
Il giacimento scoperto nel 1891, a qualche centinaia di metri dagli affioramenti e a circa 20-25 mt. di profondità, ha, grosso modo, le forme di una lente; essa è divisa in due parti con caratteristiche differenti con una intercalazione
verticale ed irregolare argillosa, che non si estende però per tutta la lunghezza. La lente che è racchiusa quindi nn mezzo ad argille, è tagliata in basso da una formazione di gessi cristallini.
Il giacimento zolfifero si estende in direzione N.O.- S.E. e comprende una formazione primaria denominata “Straterello’, delle formazioni secondarie dette ” Ammasso”, “Lente Giudice” e “ Vecchia Monteleone”, le ” Zubbie” e una vasta fascia di gessi mineralizzati.
Il sotterraneo è estremamente articolato e presenta l’eccezionale formazione geologica delle Zubbie, mineralizzazione di rilevante carattere scientifico ed anche spettacolari che rendono la Ciavolotta unica al mondo.
L’origine della formazione delle Zubbie, dal punto di vista geologico, è ancora incerta.
La parola ”Zubbie” è forse di origine araba e di solito indica anche in altre parti dell’isola, una caverna, un anfratto o simile, poco al disotto del piano di campagna o in sotterraneo, avente genesi naturale.