Secondo la tradizione popolare il simulacro del Crocifisso giunto a Siculiana, chiuso in una cassa, trasportato su di un carro agricolo, Era destinato a Burgio. Stanchi dalla lunga via i portatori si fermarono a Siculiana per rifocillarsi e lasciar riposare le loro bestie.
Per caso si trovava sul posto (forse il fondaco dell’antico casale) un povero minorato, zoppo o cieco, che, ignorandone il contenuto, si sedette sulla cassa. D’un tratto balzò su, gridando tutto contento, tra le lacrime: Son guarito! son guarito! Si raccolse subito una piccola folla di gente che volle aperta la cassa e trovò, con sua grande meraviglia, una bellissima immagine del Crocifisso. Nonostante le proteste dei carrettieri venne tratta fuori e con una improvvisata processione trasportata, tra il giubilo di tutti, nell’unica chiesa esistente in paese, quella del castello.
I Burgituni, saputa la notizia, mandarono subito un gruppo di uomini bene armati per far valere il loro diritto, ma i Siculianesi non vollero cedere. Si stava per venire alle mani quando si decise di ricorrere al giudizio di Dio: collocare il Crocifisso su un carro tirato da buoi non ancora aggiogati e lasciarli liberi: se lo avessero trasportato oltre il torrente Catania, che scorre ad est del paese, la vittoria sarebbe stata di Burgio, altrimenti di Siculiana.
Cosi fu fatto. I buoi furono legati al carro, mentre la folla si tratteneva in silenzio, in ansia e preghiera, ad una certa distanza. Il carro finalmente si mosse, lento, verso la valle, in direzione del torrente. Tutti seguivano con lo sguardo il riposato incedere dei buoi e lo stridere delle ruote echeggiava monotono nell’aria. Ad un certo punto i buoi si fermarono: volgevano il capo a dritta e a manca, muggendo; parevano esitare; poi, d’un tratto, concordi, si voltarono sulla destra e tornarono indietro. Un grido altissimo si levò da mille petti: Viva il Santissimo Crocifisso! Piangendo, gridando, saltando di gioia i Siculianesi corsero verso il carro, si impadronirono del Crocifisso e sollevatolo in alto, tra una selva di braccia, esultanti, lo riportarono al sicuro nel castello.I Burgituni dovettero cedere, ma non si rassegnarono. Non potendo nemmeno illudersi di penetrare nel castello, ogni anno, per la festa si mescolavano in gran numero tra i devoti per tentare qualche colpo di mano; ma i Siculianesi, previgenti, durante la processione facevano sempre scortare il prezioso simulacro da un gruppo di armati, sotto il comando di un capitano d’arme, pronti a difenderlo e a conservarlo a Siculiana anche a costo della vita.
Con il passar degli anni gli animi si placarono e dopo il 1726 non è più notata negli antichi registri la somma per comprare la polvere pirica da distribuire agli armigeri per la scorta tradizionale. Si ritiene che l’usanza sia durata anche più a lungo, sino al 1846 c che poi ne sia rimasta traccia «nel giuoco della bandiera che si faceva al suono di un fischietto suonato da don Giuseppe Tacci, sacrestano della chiesa madre» (Giovanni Moscato, Il tre maggio o il SS. Crocifisso di Siculiana, Girgenti. 1903, p.17 ).Un’altra leggenda narra che il Crocifisso restò per molti secoli nascosto in una grotta nella parte occidentale della collina dove sorge il castello, forse perché, in epoca lontanissima, si volle impedire che i distruttori delle immagini sacre — fossero gli iconoclasti, i saraceni o anche i pirati e i corsari che frequentavano e razziavano le spiagge di Siculiana — si impossessassero del santo simulacro.
Probabilmente a questa leggenda si riferirebbe la tradizione che il Crocifisso stette murato nel castello. Non sembra, infatti, verosimile che il Crocifisso restasse murato, per timore dei Burgitani, tutto l’anno e per di più in un luogo così sicuro come il castello, e che solo il 3 maggio si smurasse. Il popolo non avrebbe potuto imbastire e poi narrare una leggenda così umiliante per il suo orgoglio e in contraddizione con la tradizione degli armigeri di scorta.
Forse la leggenda del trasporto a Burgio dovette sorgere tardivamente e per contaminazione con quelle di altri paesi e simulacri — Madonna di Cacciapensieri di Cammarata, Madonna del Monte di Racalmuto, Madonna di Ravanusa, Crocifisso della Pioggia a Cammarata e tante altre — e sovrapporsi ai ricordi precedenti c con essi confondersi.
Domenico De Gregorio