QUANDO SI CHIAMAVA REGINA MARGHERITA
E’ stato riaperto il glorioso Teatro Pirandello e c’è solo da gioire . E può gioire chi potrà fruirne dopo essere arrivato ad età matura senza averlo potuto vedere mai in funzione e chi come quelli della mia generazione che vi si è nutrito d’arte e di sapere.
Era stato uno stimolo per noi che amavamo la musica perchè si studiasse di più e meglio .
E come non ricordare quel meraviglioso allestimento dell’Aida? Si’, dell’Aida! Un’ opera che in pochi teatri può venire allestita a causa dell’insufficienza dei palcoscenici.
Ricordo che gli organizzatori si rivolsero all’istituto Granata perchè fornisse un coro di ragazzi di ambo i sessi tra cui ci fu mia sorella Celestina che allora in quell’Istituto frequentava la scuola media.E poi rivedemmo tutti quei ragazzini nelle vesti di giovani schiavi mori che nel secondo atto, danzando agitavano morbidi ventagli di piume. Non so chi , ad Agrigento , or non è molto , mi ricordò questo episodio : perchè vi aveva anche lui partecipato in veste di moretto e ne serbava l’indimenticabile ricordo.
Quanto entusiasmo per questo avvenimento , quanti preparativi !E poi l’esecuzione dell’opera fu una cosa veramente stupenda.
E la Wally? E il Pescatore di perle? E quante edizioni di Traviata e di Rigoletto. Ma non dimenticherò mai il Barbiere di Siviglia con Gino Bechi :un incanto!
L’Operetta volgeva al tramonto alla fine degli anni trenta , ma aveva ancora i suoi estimatori e moltissime estimatrici E il teatro durante le rappresentazioni di ” Cin-ci llà ” o di “Il paese dei campanelli ” di Madama Di Tebe o di altre operette era sempre pieno di eleganti spettatori convenuti anche dalla provincia.
Si entrava in teatro, si prendeva posto e si cominciava ad assistere alle prime scene che puntualmente , come in un rituale venivano recitate al di qua del sipario perchè nei palchi le signore appena arrivate sistemavano le loro sedie e riponevano con cura il piccolo binocolo di madreperla sulla balaustra posa oggetti e le meno giovani , con malcelata disinvoltura avvicinavano il volto all’occhialino sorretto da un lungo manico e assicurato ad una catenina d’oro appesa al collo. E passavano in rassegna i tre ordini di palchi e la platea avendo cura di non azzardare lo sguardo sino al loggione .
Era palese l’innocente voglia di essere osservate che non quella di osservare. Ma non mancava di grazia nè di stile questo atteggiamento forse studiato altrove e ripetuto ad imitazione qui nel domestico Margherita. Qualche vecchio signore , per non essere da meno aveva sfoderato per l’occasione l’occhiale a “pince-nez” che suggerendo una posizione sbilanciata vero l’indietro finiva senza volerlo (?) col fare assumere un portamento di maggiore sussiego : Mi colpivano tutte queste cose , ma facevano spettacolo anch’esse!
Ed ecco che si sentivano i professori dell’orchestra che accordavano i loro strumenti e c’era un movimentato anderivieni delle maschere indaffarate ma meglio sarebbe dire indaffarati perchè allora le ragazze difficilmente si prestavano a svolgere mansioni di questo tipo ed il servizio era demandato ai soli uomini agli ordini del signor Siracusa che preferiva l’appellativo di “palchettista” quasi a volere rimarcare una sua maggiore caratura gerarchica.
E dietro tutta l’organizzazione c’era “l’impresa ” magica e misteriosa : “l’impresa ” che esercitava su di me un fascino eroico quasi misterioso di gente capace che aveva il privilegio di organizzare cose sublimi .
L’Impresa fu spesso presieduta dal Marchese Giambertoni cui facevano corona Totò Pennica, Alfredo Mondello , Vincenzo Caruso ed altri che non ricordo . Se mi avessero chiesto a quei tempi che cosa avrei voluto fare da grande avrei certamente risposto “l’Impresario” Ma scherziamo ?!
Il professor Callego che gestiva la biglietteria era distinto e serio e assolveva al suo compito con compostezza e precisione professionale
Le Operette mi entusiasmavano meno, ma poi , durante la rappresentazione l’entusiasmo dei “grandi” finiva col contagiarmi e mi coinvolgeva.
Erano i cinquantenni i più calorosi sostenitori ed avevano anche ragione essendo nati durante gli ultimi anni dell’ottocento ed erano stati nutriti con il “latte” della “Belle- Epoque”Beati loro!
E si entusiasmavano e si spellavano le mani per applaudire e si alzavano in piedi sull’onda dell’entusiasmo subito frenato e smorzato dalle mogli meravigliate per la smarrita compostezza sussiegosa dei mariti ed allora più composte che imbarazzate, richiamavano a più serio contegno i mariti che si erano lasciati andare.
L’Operetta era uno spettacolo per quei tempi forse al limite dell’osè, ma lecitamente consentito alle signore alle quali fu sempre vietato il varietà considerato licenzioso perchè di fatto lo era in virtù dell’abuso dei doppisensi che avevano un solo senso e purtroppo finivano con l’essere solo sboccati.
La rivista approdò solo negli anni cinquanta , ma prima e dopo questi anni appena citati approdarono ad Agrigento con frequenza le compagnie di Cettina Bianchi che allestì sempre meravigliose rappresentazioni di “operette”. la compagnia di Michele Abbruzzo e Rosina Anselmi che recitarono spesso opere di Pirandello e di Martoglio.
Subito dopo la rappresentazione delle opere liriche non vedevo l’ora di partire per Palermo per comprare lì gli spartiti delle romanze ascoltate per poterle così dignitosamente eseguire al pianoforte. E a condividere i miei entusiasmi ci furono sempre Vincenzo Messina, che studiava violino,e Pino Salentina che cantava e poi Ciccio Bellomo e Nino Motta che non cantavano ma erano assidui frequentatori degli spettacoli lirici. .
Non era scoppiata ancora la guerra e quando scoppiò sembrava un gioco anzi, ci dissero i soliti intenditori, che quella era uno scherzo se messa a confronto con la Grande Guerra di cui tutti conservavano il ricordo. Ma il ricordo di che? Di quello che era stato raccontato dagli altri o che era stato descritto sui giornali dagli inviati speciali. Ma nessuno ancora immaginava cosa veramente e tragicamente era a tutti riservato.
Partimmo tutti e al ritorno trovammo ogni cosa sconvolta . No! Non voglio fermarci manco per un attimo il pensiero. Mi sono sempre rifiutato. Non so,…..forse,… in avvenire.
E trovammo il povero Regina Margherita che dalle prime ore del pomeriggio veniva occupato da folle sempre più vogliose di assistere a lacrimevoli spettacoli cinematografici come se le lacrime della guerra non fossero bastate. Queste erano però diverse : erano lacrime di commozione per le struggenti storie d’amore interpretate dagli Amedeo Nazzari di turno. E poi vennero i capolavori di De Sica,e di Rossellini e il povero Teatro era sempre occupato da almeno duemila spettatori ma la sua capienza era di solo settecento persone .E già altra folla attendeva il turno per entrare alla successiva ” rotazione” come si diceva ad Agrigento.
E ogni tanto si vedeva qualcuno che riusciva a strappare ancora qualche residuo brandello di velluto rosso che era miracolosamente rimasto attaccato alla balaustra dei palchi e lo brandiva come trofeo.
E nessuno reagiva a tanto sfacelo. E le sensibili ” amministrazioni comunali” lasciavano che si compisse lo scempio.
E poi si seppe che l’artistico sipario dipinto dal messinese Luigi Quereau che per tanti anni ci aveva incantato con il bellissimo trionfo di Esseneto era caduto e nella sua rovinosa discesa aveva trovato una sporgenza, un ferro sicuramente, che lo aveva spezzato in due.
E avevano chiamato il professore Bianchini perchè provvedesse al restauro.
E il caro prof. Bianchini, che quell’opera aveva sempre ammirato ed amato, non potè che piangerne la morte .
Ma le folle continuavano ad occupare il Teatro così ignominiosamente degradato a sala cinematografica di infimo ordine.
E questo per tanti, tanti lunghissimi anni.
Per carità oggi rendiamo merito a chi finalmente è riuscito a restituirlo alla Città.
Ma perchè non ricordare e non denunziare i responsabili di tanto scempio?
Altrove i teatri non si sono mai chiusi ed hanno continuato a dare lustro alle città che con tanti sacrifici erano riuscite a costruirli. Qui invece si continuava a distruggere e di questa mania di sapore iconoclastico fece le spese anche la villa Garibaldi che assieme al Teatro era stata per decenni l’orgoglio della cittadinanza.
Ma già erano avvenuti altri scempi e avevamo assisitito impotenti alla rimozione delle artistiche inferriate di ferro battuto che recintavano le quattro villette dette degli ” sgherri”.Che si sia invertita la tendenza? Speriamolo bene!