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cattedrale di agrigento

Il Duomo miracolato di Agrigento: terremoti e devastanti crolli, frane e smottamenti, ma da dieci secoli svetta sulla collina

5 Luglio 2022 //  by Elio Di Bella

Il quartiere del Duomo viene dal popolo più sbrigativamente chiamato col nome del Santo Patrono di Agrigento: “San Giurlannu”, perché comprende la grandiosa Cattedrale Normanna fondata da quel san Gerlando che fu il primo Vescovo della Città dopo la liberazione del dominio dei Saraceni. Questo superbo monumento si sarebbe potuto e dovuto costruire sulla roccia del costone all’apice della Città; ma se oggigiorno, prima di costruire un palazzo, non viene consultato il geologo, come si può pretendere che fosse stato fatto a quei tempi, in cui un Capo Maestro murifabbro provvedeva a progettare e costruìre castelli e palazzi?

E la Cattedrale di Agrigento venne, nel Secolo XI, costruita per due terzi sulla terra ferma, e per un terzo – la parte settentrionale – su di una falda di terreno argilloso e franoso, così che nei secoli è andata sempre soggetta a rovina.

La storia del Sacro Tempio parla chiaro in proposito, e più chiaro ancora parlano i documenti, per la maggior parte inediti, perché (sembra incredibile, ma è la pura verità!) della grandiosa Cattedrale Normanna di Agrigento non esiste una monografia! …

Ai tempi di oggi vengono dati alle stampe le maggiori scemenze di questo mondo, vengono finanziati da Enti opere illustrative di questo o di quel tale monumento di cui si conosce ogni pietra, ma una monografia illustrativa della Cattedrale Normanna della Città dei Templi, non è venuta ancora fuori!

Non mancano le notizie e i documenti (io ne ho raccolti un considerevole numero, tutti inediti), non mancano le illustrazioni (l’amico carissimo Comm. Prof. Giovanni Zirretta ne ha prodotte un numero considerevole, interessanti dal punto di vista artistico e documentario), mancano i mezzi

Ritornando ai guai patiti dalla Cattedrale nei secoli, dal punto di vista della staticità, dirò che è arrivata al punto di essere non solo cadente, ma addirittura priva del tetto – come appresso dirò con maggiori dettagli – perchè tanto sensibile ad ogni movimento franoso, come un sismografo lo è per i movimenti tellurici !

Ed a proposito di movimenti tellurici occorre dire che la Cattedrale di Agrigento subì forti danni causati dal terremoto dell’11 Gennaio 1693, che distrusse Catania, Noto ed altri centri della Sicilia orientale, danni che risultano dai documenti inediti relativi ai restauri eseguiti e di cui tratterò in seguito.

Tutti i danni – e taluni veramente gravi – subita dalla Cattedrale nei suoi otto secoli e più di vita, sono stati sempre riparati, usando la tecnica rudimentale in quei tempi esistente. Sarebbe stato, pertanto, assurdo pensare che non potesse essere riparata nell’era atomica, con i grandi mezzi di cui oggi dispone la tecnica edilizia!

La Cattedrale Normanna di Agrigento – come ce ne ha dato lieto annunzio il beneamato nostro Presule S. Ecc. Rev.ma Mons. Giuseppe Petralia – sarà anche questa volta restaurata, e certamente non si mancherà in questa occasione di consolidare per bene il terreno del lato Nord, fonte di tutti i guai, in modo da evitare in avvenire altre disavventure al Sacro Tempio.

Ed all’elenco dei Vescovi, successi nei secoli a S. Gerlando, che hanno scritto il loro nome a caratteri d’oro nella storia della Cattedrale di Agrigento, per avere avuto la sventura di trovarla diruta o gravemente danneggiata e la ventura di averla riportata al primiero stato, con la loro autorevole e fattiva opera, si aggiunge quello di S. Ecc. Rev.ma Mons. Giuseppe Petralia, che alla vasta cultura accoppia quella dinamicità incomparabile che consentirà di ridare ai fedeli la

  maggiore delle Chiese della Diocesi, ed a tutto il mondo una fra le più belle Cattedrali Normanne esistenti.

I NORMANNI

Il 25 Luglio 1088, il Conte Ruggero d’Altavilla, conquistò la città di Girgenti, di cui era signore il Saraceno Hamud, rampollo della sacra e nobilissima famiglia degli Edristi, che un tempo regnarono nell’Africa occidentale, il quale – lasciati la moglie ed i figli nella città dei templi – riparò a Castrogiovanni, dove si fortificò in attesa della riscossa.

Fatti prigionieri la moglie ed i figli di Hamud, Ruggero ordinò che venissero trattati con ogni riguardo. Tale fatto toccò il cuore di Hamud, che ebbe tanta stima dei Cristiani, al punto di darsi prigioniero e di ricevere, insieme ai suoi, il Santo Battesimo dalle mani del Vescovo Gerlando; padrino il Conte Ruggero. Hamud aggiunse al suo nome quello di Ruggero, il generoso vincitore che gli fece dono di diversi beni, e poi si recò con la famiglia in Calabria, vivendo da buon cristiano.

In Calabria il Conte Ruggero aveva chiamato un suo parente, il Sac. Gerlando, nativo di Besanzone, che aveva scelto come suo confessore ed insignito del titolo di Cappellano Maggiore (una specie di prelatura), destinandolo come “Ciantro” nella Chiesa di Mileto.

A Gerlando si rivolse il Conte Ruggero, dopo la conquista di Girgenti, e fattolo venire in Sicilia, lo insignì del titolo di Vescovo e lo mise a Capo della Chiesa Agrigentina, con l’incaricò della restaurazione della Religione Cristiana.

Che S. Gerlando abbia officiato, all’inizio della sua santa missione, in una Chiesa destinata a Cattedrale, dedicata a S.Maria, non c’è dubbio alcuno. Ad essa, infatti, si accenna in un diploma relativo a Pietro de Mortani, conservato nello archivio Capitolare, in cui è detto che costui cedette alla Chiesa Agrigentina 17 villani, 2 paia di buoi ed un cavallo, a condizione che un suo parente di nome Roberto sia nominato come canonico di S. Maria.

E’ vero che l’esimio Prof. Sac. Paolo Collura, della Università di Palermo, ritiene falso il diploma, ma è pur vero che lo stesso valoroso paleografo così scrive nella sua pregevolissima pubblicazione sulle pergamene dell’Archivio Capitolare della Cattedrale di Agrigento: “il nucleo essenziale delle notizie da esso forniteci sembra storicamente attendibile” anche se “la redazione in cui ci è pervenuto fu manipolata da un falsario” .

E che la Chiesa in esso citata, debba identificarsi con quel¬a di “S. Maria dei Greci” costruita su di un tempio greco, sembra pacifico, dato che tutti gli storici sono su ciò d’accordo .

 Nel 1093 il Conte Ruggero diede incarico al Vescovo Gerlando di far costruire una Chiesa Cattedrale, ed il pio presule esegui subito gli ordini avuti: “Sanctus Gerlandus in sex annis aedificando, complevit Episcopium et curiam prope castellum, propter timorem Saracenorum habitantium in Agrigento” (Libello).

Nel 1099 Papa Urbano II ratificò, con sua bolla, quanto fatto dal Conte Ruggero, conferendo a Gerlando ed ai suoi successori, la dignità di Vescovo.

Il 4 Aprile dello stesso anno 1099 la Cattedrale di Agrigento venne consacrata e dedicata a Maria SS. Assunta ed a S. Giacomo Apostolo.

Quale fu – dell’attuale Cattedrale – la parte fatta costruire dal Vescovo Gerlando? Non si sa, ed anche se si volessero

 fare delle congetture, ritengo non sia la sede adatta. Dirò soltanto che è stata avanzata la ipotesi che si possa trattare dell’attuale transetto, e cioè perché esisterebbero degli elementi architettonici che corroborerebbero l’ipotesi, e cioè la finestra monofora nel lato Nord, a feritoia – in asse con l’altra circolare esistente nel lato Sud – sotto la quale sarebbe stato messo l’altare, senza abside. Tale ipotesi è assurda! Nessuna Chiesa normanna si trova orientata da Nord a Sud; sono tutte con l’ingresso ad occidente e l’altare ad oriente.

Il Vescovo Gualtiero Grancigena (1128-1142?), per timore dei Saraceni fece costruire una torre di difesa nel lato Nord della Cattedrale, servendosi per tale lavoro dei ruderi del tempio di Giove Olimpico (sei secoli dopo, il Vescovo Gioeni seguirà il suo esempio, per fare costruire il Molo). Questa torre esistette fino alla metà dell’ottocento, poi fu fatta demolire dal Vescovo Mons. D’Agostino.

E col vescovado di Urso, comincia la serie dei danni subiti dalla Chiesa. Nel 1198 la Cattedrale risulta “collapsa et diruta”; è passato appena un secolo dalla sua costruzione. Ma le cause, invero, non sono questa volta da addebitare allo scoscendimento della falda argillosa e franosa del lato a Nord, ma alla concomitanza di altre cause, come le cruenti lotte tra Saraceni agrigentini e Cristiani – durante le quali il Vescovo Urso venne catturato e tenuto prigioniero dai Saraceni per ben 14 mesi, nel Castello di Guastanella – ed il fatto che l’imperatore Federico II adibì la Cattedrale a quartiere delle sue truppe, in lotta contro l’ultimo rampollo della dinastia normanna.

Il Vescovo Rainaldo di Acquaviva (1240-1264) di nobile famiglia napoletana, successo all’Urso morto nel 1239, trovò la Chiesa “quasi interamente distrutta” e provvide a farla ricostruire in più bella forma, riconsacrandola nel 1248: “raedificandis atque in pulchriorem formam redigendis operam dedit”. 

 Il 4 Novembre 1315 il Vescovo Bertoldo (1304-1326), consacrò di nuovo la Chiesa.

Mezzo secolo dopo, Mons. Matteo de Fugardo, palermitano, già Ciantro della Cattedrale di Palermo, eletto Vescovo di Agrigento (1362-1390) trovò la Cattedrale “di nuovo quasi interamente rovinata,e per invogliare i fedeli a dar limosine e ricostruirla, ottenne da Urbano VI una bolla di indulgenza parziale per tutti colore che avevano contribuito alla fabbrica” come scrive il Lauricella, riprendendo le parole del Pirri: “Cathedrale templum antiquitate ferme collapsum restauravit, favente Papa Urbano VI per suum diploma”. Ma nè il Pirri nè il Lauricella indicano chi, fra tutti i mecenati, ebbe il beneficio concesso dal Papa.

Il Fazello, accredita ai fratelli Chiaramente: Manfredi, Giovanni e Federico II “templum Maximum, coenobia Divi Dominici, Divi Francisci, Carmelitarum….” Gli scrittori non hanno dato credito a quanto scritto dal dotto Padre Domenicano di Sciacca, sapendo che la Cattedrale era stata fondata da S. Gerlando. Ma il Fazello sentì riferirsi alla riedificazione trecentesca della Chiesa, che la tradizione vuole dovuta ai Chiaramente, o almeno a qualcuno di essi. Quale?

MATTEO CHIARAMONTE

Questo nome, fino ad ora sconosciuto, lo si rileva dalla inedita Bolla del Papa Urbano VI, che qui appresso riporto: “Cum sicut accepimus, maior pars ecclesiae agrigentinae ceciderit, et quod remansit minetur minare, et ecclesia iam incepta reaedificare non modicis sumptibus pro opera indigeat, universis Christi fideles Hortamur praesertim de nobis dilectissimum filium Matheum de Claramonte ut in remissionem pedeatorum suorum ad fabricam eiusdem ecclesiae, elemosinarum sussidia erogent, ut per hanc fabricationem ecclesia refari et dilatari valeat. Omnibus vero penitentibus et qui ad fabricam dictae Ecclesiae adiicere manus porrexerint unum annum et quadraginta dies de iniunctis poenitentiis relaxamus. Datum apud Monte Flosconum 6 Kal. Julii Pontificatus nostri an. 8.

Dunque il misterioso personaggio chiaramontano da tutti ricercato fu Matteo Chiaramente, figlio di Federico III e di Costanza Moncada, al quale si deve anche la ricostruzione del Castello di Naro, di cui fu castellano.

Si deve alla munificenza di Matteo Chiaramonte la ricostruzione della Chiesa ed a lui si debbono le colonne del lato sud, di cui ora si può con sicurezza precisare l’epoca di costruzione.

I Chiaramonte avevano un dovere affettivo da assolvere verso la Cattedrale, e Matteo volle assolverlo nel migliore dei modi a lui concesso.

Nel maggior Tempio della Città dormiva il sonno eterno la N.D. Marchisia Prefoglio, cittadina di Agrigento – quale sposa del palermitano Federico I Chiaramonte – aveva generato i Chiaramonte di Sicilia.

Ed anche il figlio Federico II giaceva nella Cattedrale, avendo voluto essere sepolto ai piedi del sarcofago della madre.

Ma la Bolla Papale non ci rivela solo il nome del Chiaramonte, ma risolve il problema, ancora insoluto, a cui ho precedentemente accennato: la prima chiesa fatta costruire da S. Gerlando! Ed infatti….è l’uovo di Colombo! Un po’ di ragionamento, ed il mistero è svelato! Ma di ciò tratterò altra volta.

Nel 1592 la Chiesa non era stata ancora del tutto riedificata, prova ne sia che il Vescovo Agatone, morto in tale anno, lasciò “tutti i suoi beni per la riedificazione della Cattedrale, che volle dedicata a S. Gerlando”. Fu da tale epoca che la Cattedrale venne dal popolo chiamata “Chiesa di S. Gerlando”? Metto il punto interrogativo, perchè nella consacrazione  seconda) fatta dal Vescovo Bertoldo da Labro il 4 Novembre 1315, la Chiesa venne dedicata a S. Gerlando, eppure si continuò a chiamare di S. Maria, ed ancora oggi è la “Basilica di Maria SS. Assunta”.

IL CAMPANILE

E qui è d’uopo accennare al campanile, fatto costruire dal Canonico Mons. Giovanni Montaperto, appartenente all’altra nobile famiglia feudale agrigentina, alla quale tanto deve la Cattedrale di Agrigento, come adesso dirò.

Il campanile è rimasto incompleto, per il trasferimento in altra sede del Montaperto, eletto Vescovo di Mazara del Vallo, nel 1470.

Questo campanile, che si eleva a destra del prospetto principale del Duomo, ha un bel prospetto a sud, molto simile a quello del Duomo di Piazza Armerina.

In esso si notano, in basso quattro porte, ed in alto quattro finestre, tutte finte e di stile plateresco; nel vano delle finestre finte si vedono 4 stemmi, con mitra, dei Montaperto. Sopra ancora, sta una finestra vera, trasformata in balcone, che mostra una architettura con arco a sesto acuto ed ornato a zig.zag, tipico del tempo chiaramontano.

Nella parte superiore, rimasta incompleta, stanno le campane. Per la rottura di due di esse, vennero nel giorno 11 Dicembre 1800 pagate al Maestro Giuseppe Virgadamo della terra di Burgio onze 32.10 “per aver formato e fuso due campane di questa nostra Cattedrale Chiesa, per essersi trovate rotte le due corrispondenti vecchie, una chiamata di Terza, e la seconda la Squilla, situate nel nostre Campanile, una ad oriente, l’altra ad occidente, quali campane furono dedicate, quella di Terza a S. Libertino e la Squilla a S. Gregorio e consacrate da S. E. Mons. Granata a Dicembre 1800”.

Le campane vennero fuse nella Chiesa di S. Calogero, come si legge in altra nota di pagamento: “31 Gennaro 1800 – pagate onze 5.19.7 per tutte le occorrenze delle campane vecchie rotte, che si levarono dal campanile della nostra Cattedrale, per trasportarle alla Chiesa di S. Calogero, dove si fusero le nuove”.

GIULIANO CYBO

Il 5 Ottobre 1506 – in seguito alla morte del Cardinale Giovanni De Castro – il Papa Giulio II elesse Vescovo di Agrigento il genovese Mons. Giuliano Cybo (1506-1557) che stiede al vescovado ben 31 anni, durante i quali avvennero fatti notevoli nell’edilizia della Cattedrale, che lui trovò “senza tetto e di nuovo diruta”.

Scrive il Pirri di questo benemerito Vescovo: “Noster Julianus Cathedralis templi aedificia ruinis pressa, ac tectum illius discopertum refecife, nobilitavit, suaque gentilitia stemmata affixit, et inter caeteros Santos D. Libertinum primum Ecclesiae Agr. Episcopum a’ Apostolo Petro constitutum depingendum curavit: obtenta prius a Pontefice Romano facultatem concedenti plenam peccatorum indulgentiam illis, qui lemosynas fabricae templi suppeterent (Anno 1518 – Fog. 430 et 440 – Episcoporum Agrigentinum regni Siciliae Oratorem ad Regem comperi in Cane, reg.)

Perchè la Cattedrale era scoperta? perchè era crollata la volta della navata centrale, per il dissesto delle colonne e del muro del lato Nord.

Che esistesse la volta, vi sono segni evidenti nelle strutture murarie, ancora visibili, che lo confermano. Che sia crollata per il dissesto delle colonne del lato Nord ne abbiamo una prova nel rifacimento delle stesse in altro stile, nello stile imperante in quel tempo. Ma se ciò dovesse sembrare frutto di fantasia accesa, ecco cosa si legge nello scritto del 1598, dovuto allo studioso trapanese, Giovanni Sicomo e Morelli “Istoria della vita e morte del glorioso confessore e Vescovo Agrigentino Gerlando Santo, e descrizione di tutta la diocesi agrigentina”,

pubblicato con note critico-storico-filo- logiche dal Can. Giuseppe Russo nel 1892: “havendo cascato metà del corpo di tramontana, come oggi appare e reluce la nuova fabbrica con esservi le colonne operate di altro edifizio a forma dell’antica, e questa fatica e gran travaglio havendo animosamente preso e mosso dal divino culto e per onorare le sante Reliquie del glorioso Gerlando, il D. Pietro Montaperto con meravigliosa e diligente cura non cessò sino al fine di travagliarsi et adoperarsi per portare a perfezione detta fabbrica con averci speso gran parte del suo: e di tutto questo peso e travaglio ne rendono testimonianza le loro insegne poste in quella et la madesima fatica havendo successo essendo allora Vescovo Mons. Cibo nepote della felice memoria di Papa Giulio II’.’

I MONTAPERTO

Don Pietro Montaperto, figlio di Don Bartolomeo e di Donna Cecilia Valguarnera, barone di Godrano, di Cicaldo e di S. Lorenzo, deputato del Regno nel 1499, protonotaro, pretore di Palermo, nel 1524, fu fondatore nel 1507 del paese di Raffadali e, nel 1525, di Montaperto.

Del lavoro eseguito, esistono tutti i documenti, non esistono, invece, quelli relativi al tetto ligneo dipinto, una delle opere d’arte più importanti della Cattedrale, su cui ho fatto di recente un’ampia comunicazione alla Soc. Agrigentina di Storia Patria. In tale comunicazione ho riferito sui documenti da me rintracciati, facendo conoscere notizie inedite di molto interesse, che qui appresso brevemente riassumo.

Nessun dubbio sul periodo di esecuzione, essendo le date di inizio e di ultimazione, segnate nel soffitto stesso: 1511-1514. Sullo sconosciuto artista ho avanzato l’ipotesi che si possa trattare del valoroso Pittore Tommaso da Firenze, più noto con il diminutivo di Masolino da Fioregia, operante nel periodo in cui venne decorato il soffitto, in Agrigento di cui prese la cittadinanza, come si legge in alcuni affreschi da lui eseguiti a Caccamo e firmati: “Masolino da Fioregia civis agrigentinus pinxit me’.’. Il soffitto, fino ai nostri tempi, ha subito dieci restauri, con la sostituzione di ben dieci delle dodici catene delle capriate dipinte ex novo: I.o restauro nel 1605, ad opera probabile di Nicolò Buttafuoco in quel periodo operante nell’Episcopio; 2.o nel 1688.

Fu il restauro più importante, non solo perché vennero sostituite ben otto catene, dipinte ex novo con figure di Santi, ma perchè vennero in quella occasione ritoccate tutte le pitture delle altre travi del tetto, decorate con figure di Santo e con ornati. Il lavoro venne seguito dal pittore palermitano Giacomo Azzarello per le figure, e da Giovanni Sammartino, agrigentino, per gli ornati. Terzo restauro nel 1693, in occasione dei danni prodotti dal terremoto; 4.o – nel 1720 da Sebastiano Cannella, agrigentino; 5.o – nel 1750 da Franceso Narbone, agrigentino; 6.0 – ne.1 1762 e 7.0 ad opera di Giuseppe Tosto da Agrigento; 8.0 – nel 1767 ad opera dello stesso Tosto insieme al palermitano Giuseppe Avvocati; 9.0 – fissaggio, recentemente fatto, dal Prof. Salvatore Di Fede di Agrigento, sotto la direzione del Prof. Comm. Zirretta, per evitare la perdita della decorazione.

Il decimo ed ultimo restauro è stato eseguito da due valenti artisti nel 1963: il Prof. Francesco Quadarella di Siracusa per la parte lignea, ed il Prof. Massimo Ridolfi di Roma per 

 Salito al vescovato Mons. Giovanni VI Orosco de Leyva de Covarruvias (1595-1606) vennero eseguiti altri lavóri che furono deleteri per il Duomo agrigentino, quanto lo furono quelli dell’Arch. Puga – alla fine del ‘700 – per la Cattedrale palermitana.

Scrive il Lauricella: “La Cattedrale perdè il primo stile, puro ogivale, dagli archi a sesto acuto e dalle colonne ottagonali, e divenne proprio deforme con gli archi romani e le colonne fatte divenire rotonde a forza di stucco, da sembrare tanti “salsicciotti” come scritto dal Politi.

Il Vescovo Mons. Francesco Gisulfo (1658-1664), fece eseguire i lavori di “costruzione del cappellone della Cattedrale, aprendo e prolungando la nave di centro di oltre un terzo della sua prima lunghezza” (circa 20 metri), coprendola con un soffitto ligneo a cassettoni dorati, con una grande aquila bicipide, tutta dorata, nel centro. Ai lati vennero posti degli scudi di stucco con lo stemma gentilizio e lo scritto, in uno: “Magno Filippo II novi et antiqui orbis monarchae semper Augusto”, e nell’altro “Anno ad orbe restaurata 1665”.

Cenni storici di Alessandro Giuliana Alammo scritti in occasione della frana di Agrigento.

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, agrigento racconta, agrigento storia, cattedrale di agrigento, cattedrale di san gerlando, chiesa di agrigento, duomo di agrigento, girgenti, san gerlando, sicilia, valle dei templi

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