Dell’antico convento francescano di Agrigento sopravvivono alcune parti primitive. Si tratta di una vera e propria esplorazione muraria.
Chiunque in vero si contenti di osservare questo locale girandovi tutt’intorno dall’esterno, chiunque si ponga ad osservarlo anche dal suo cortile interno (il quale col suo vecchio pozzo in centro e con qualche albero tutt’ora vivente sarà magari il cortile in cui si aggirarono e vissero i primissimi seguaci girgentini del Poverello di Assisi), chiunque vada su e giù per quella specie di labirinto, che l’interno di tutto il locale costituisce, non scorgerà a tutta prima alcuna traccia del vecchio convento; tante sono state negli ultimi due secoli, oltre che le sovracostruzioni interne ed esterne, le mutilazioni, le sostituzioni di intieri corpi di fabbricato vecchio con fabbricato nuovo, le trasformazioni e gli adattamenti di ogni genere.
Una cosi gran mole di modifiche vi furono arrecate, in parte, dal 1864 fino a questi ultimi anni dalle amministrazioni comunale e provinciale, ma, in massima parte dal Millesettecento, epoca in cui i frati vi fecero eseguire, per più di mezzo secolo, grandiosi lavori, non solo facendo costruire tutto il convento nuovo e la grande chiesa nuova, ma facendo altresì raccordare i nuovi corpi coi vecchi, a costo di grandi amputazioni di questi ultimi e demolendo interamente la chiesa primitiva.
Chi però frughi questo medesimo locale in ogni angolo e da ogni lato e lo esplori con paziente attenzione, trova esistenti ancora parti assai notevoli e parli di poca entità, ma che risalgono egualmente ad epoca anteriore forse anche all’origine del nostro convento francescano e che si trovano disposte tutte sopra una medesima linea.
Questa fila di avanzi medioevali corre lungo il lato destro della Via S. Pietro, ora Pirandello; Andando da S. Francesco verso S. Pietro si trovano le parti seguenti :
1.—Sotto l’attuale campanile di S. Francesco, scendendo dal lato destro nella sottostante cripta, si vede ancora, tappalo e mutilato un gran portale gotico orientato da sud a nord, che oggi intanto si trova incorporato nelle fabbriche della chiesa nuova in quanto appartenne alla vecchia chiesa di S. Francesco.
Questo portale si può tuttora osservare cosi dal lato di sud come dal lato opposto, ma la sua faccia decorata è quella di sud, ed è decorata con modanature, fogliami e arabeschi di stile arabo – normanno.
Dato però quel suo orientamento, non si sa se la chiesa, a cui esso apparteneva, fosse stata orientata nella medesima direzione o se questo fosse stato piuttosto il portale di un ingresso laterale di essa.
- — A pochi passi dal detto portale esistono anche alcuni vani terrani, oggi rimasti fuori del fianco destro della chiesa nuova, ed incorporati nelle botteghe e casette, che danno sulla detta via. Uno di questi vani, il secondo a partire dallo ingresso laterale della Chiesa di S. Francesco, conserva ancora visibile la crociera sostenuta da grandi costoloni, i quali hanno la particolarità di una grossa modanatura trilobata.
- —A circa una diecina di passi ancor più innanzi, sulla medesima linea, vi è inoltre una cappella, alla quale però si accede per due ingressi, che si aprono dal lato sud e danno nel cortile interno del convento vecchio; anzi essa forma l’ala che chiude il detto cortile dal lato nord. Si tratta di uno degli edifizii più tipici e meglio conservati del medioevo girgentino.
Questa cappella è larga m. 4, 85 e lunga m. 9, 10.
In tutta la sua lunghezza è divisa in due crociere con costoloni sostenuti da dieci colonnine ottagonali delle quali quattro stanno, come di solito, ai quattro angoli del vano e sei sono addossate in due fasci di tre colonne ciascuno al centro delle due pareti longitudinali. Queste sei colonne hanno capitelli intagliali a foglie in modo differente l’uno dall’altro. In cima a ciascuna crociera vi è come centro un tondo finemente cesellato.
Quel che forma la parte interessante di questa cappella si è una nicchia grande come una piccola abside ogivale, che si apre in fondo alla cappella stessa con una soglia alta pochissimi centimetri dal pavimento.
Tale nicchia è così ampia da potere accogliere entro il suo vano un altare, ed ha un frontone riccamente decorato, il quale forma come un gran portale ad arco ogivale con tre ordini di modanature, di fogliami e di arabeschi a zig-zag su tre piani distinti ed addentrantisi secondo lo stile arabo – normanno.
Questi tre ordini di decorazione frontale dell’arco poggiano sopra un’imposta scorniciata e pure tripartita, che segue con diverso sporto i tre piani addentranti dell’arco.
L’imposta cosi distinta in tre parli, a sua volta, poggia su tre capitelli a foglie rivoltate di tre colonnine tonde, slanciate ed incastrate per metà entro scanalature tagliate sull’ampia strombatura esterna.
La decorazione dell’arco si esaminerà più distintamente in seguito, confrontandola con quella di altri archi del medesimo convento e di altri edifizii medioevali di questa città.
Qui va rilevata una particolarità notevole, che è nel vano della nicchia. Questo vano, mentre dalla soglia in su ha come fondo una parete retta, che fa gli angoli retti con gli stipiti, invece all’altezza dell’imposta finisce con una cornice semicircolare, che è continuazione dell’imposta stessa, e su cui poggia la voltina o cielo gotico, che è semicircolare alla base ed ogivale alta sommità.
Però immediatamente sotto la detta cornice semicircolare il muro di fondo della nicchia si divide in tre archetti ogivali, i quali girano a semicerchio in modo che due di essi si aprono sopra gli angoli retti dello sfondo ed uno deve trovarsi, sotto un recente intonaco, in mezzo ai due archetti angolari, molto probabilmente come arco di una finestrina a feritoia centrale, che doveva aprirsi ad oriente a dar luce sull’altare. I tre archetti, quindi, formano, dalla cornice semicircolare in giù, un opportuno raccordo con tutto il resto del vano rettangolare della nicchia.
Sull’alto della parete, sulla quale il frontone della nicchia si disegna con sfarzo di modanature ogivali e di arabeschi, e precisamente sul vertice dell’arco, vaneggia una piccola finestra rettangolare cieca. Ai due lati di questa si trovano due scudi incassati nella parete e scolpiti su due quadrelli di compatta pietra bianca, i quali portano come arme un leone rampante attraversato da una banda. Non si è potuto fin ora identificare a quale delle famiglie baronali, che nel Medio Evo abitavano in Girgenti, appartenesse quest’arme. Intanto questi due scudi danno alla cappella un aspetto patronale e gentilizio.
L’interno della cappella è illuminato da due alte finestre con archi leggermente acuti, ma che non presentano oggi alcuna modanatura nè all’interno nè all’esterno. Forse opportuni saggi potranno scoprire, almeno, all’esterno, qualche decorazione in queste finestre.
Altri saggi, inoltre, occorrerebbero sulle pareti interne per rinvenire l’ubicazione e la forma del primitivo vano di porta, che immetteva nella cappella. I due ingressi attuali, .piccoli e bassi come due porticcine di servizio, e tagliati entrambi sopra una medesima parete laterale, non pare che si addicano nè per le dimensioni ne per la forma nè per la loro ubicazione stessa, con le nobili proporzioni, con l’origine gentilizia e col carattere sacro, che l’edifizio presenta tuttavia, quantunque questo da tempo rimanga in una deplorevole assenza di manutenzione si religiosa che artistica.

Il Picone, lo storico municipale, a cui Girgenti deve certamente un culto perenne di gratitudine (ma che però del Medioevo girgentino altro non fece che sfiorare i monumenti e le fonti principali senza approfondirne alcuna), accennando al monumento, di cui qui è parola si limitò a dirla «bellissima cappella sita nell’ex convento di S. Francesco di Assisi», ritenendola del secolo XIII o XIV .
- — Chiudono la linea fin qui seguita parallelamente alla via Pirandello alcuni corpi bassi, che pochi metri oltre la cappella testé descritta, fanno angolo con essa linea, là dove oggi è la scaletta del Giardino d’infanzia, con altri vani adiacenti, andando, cioè, da nord verso sud, per cui questi corpi chiudono il cortile del vecchio convento dal lato orientale. Nell’interno di questi corpi bassi oggi si riscontra soltanto un paio di grandi archi di sostegno a sesto acuto.
- — Il primitivo recinto formato dai convento vecchio col detto cortile era chiuso anche dal lato occidentale da alcuni vani, dei quali non ci rimane che una sala terrana. Questa è in tutto analoga alle altre costruzioni medioevali fin qui descritte : ha pure la volta a crociera sostenuta da costoloni, che poggiano anch’essi su quattro colonnine pure ottagonali e con capitelli a foglie e di foggie diverse.
Nel centro della crociera trovasi un tondino, in cui è scolpito un blasone portante una torre con due piccoli leoni rampanti ai suoi fianchi. Sulla parete occidentale interna di questa sala si trovano una porta ogivale fiancheggiata da due finestre bifore, che da molti anni furono interamente tappate, e tre finestre circolari, tuttora aperte in alto della medesima parete e disposte a triangolo. Una di quest’ultime ha ancora un piccolo rosone ad elica traforato su pietra bianca.
Addossato alla parete meridionale interna della sala trovasi (probabilmente dall’epoca del nuovo assetto generale, che i frati del Millesettecento diedero alla Chiesa e a tutto il convento) un mausoleo marmoreo, di un signore girgentino per nome Paolo, figlio di Maciotta Del Porto, del luglio 1518 (Il mausoleo porta, sotto una grande lunetta nella quale è scolpita ad alto rilievo la scena della pietà, questa iscrizione: «DE PORTU . DOMINUS. SCULPSIT . .MACIOTTA . SEPULCHRUM . HOC. GENITO .PAULO . VINTUS. AMORE. SUO. A. D. 1.5.18. IN MENSE . IUL.II ».
Le connessioni, che questa sala doveva avere sia con la Chiesa vecchia che col vecchio convento, dovettero essere stroncate, dal lato nord, nel Millesettecento a causa della demolizione della Chiesa stessa, e, dagli altri lati, nel 1875 a causa dell’adattamento subito dai locali attigui ad uso delle scuole medie. Ma essa trovasi pur sempre nell’ambito del vecchio recinto, benché incorporata fra costruzioni recenti.
Nel 1875 questa medesima sala fu dal Comune assegnata alla Chiesa attuale per servire come sacrestia, in sostituzione della grande sacrestia settecentesca, la quale invece è rimasta sin da allora a far parte dei locali assegnati alla Scuola Normale.
Se ai particolari architettonici, che questa sala presenta nel suo interno e che si sono or ora descritti, si aggiunga un altro notevolissimo particolare, che essa presenta all’esterno della sua parete occidentale, si è portati ad arguirne due cose: a) che questa sala rimonta al Milleduecento;
- b) che essa aveva in origine la funzione di un vestibolo (Il Picone, sol perchè anche ai suoi tempi trovò installato in detta sala il mausoleo marmoreo di Paolo Del Porto, ritenne che anche la sala fosse del secolo XVI e la credette e la chiamò addirittura una « stanza mortuaria » (memorie storiche agrigentine) . Egli non pensò che quel mausoleo cinquecentesco potè esservi collocato in epoca posteriore all’origine della sala, perchè non s’accorse che questa invece risale al secolo XIII. E, quel che è più, egli non vide che la sala ha un portale e due finestre bifore, (di cui al N. 6 del testo) e che, per il loro stile arabo – normanno, non lasciano luogo ad incertezze sull’epoca della loro origine).
Il suo particolare esterno è così bello e cosi importante che si ritiene opportuno descriverlo a parte nel seguente numero.
- — Sul lato orientale della palestra del R. Liceo si vede tuttora un vecchio muro (che è la facciata della sala anzidetto), costruito di pietre da taglio piccole, bene squadrate e ben commesse secondo il tipo di costruzione, che costantemente si osserva nei frammentari avanzi di edifìzii medioevali, che in Girgenti si trovano un pò da per tutto.
In questi avanzi fatti tutti di biondo tufo arenario dalla grana accuratamente scelta e compatta, si osserva pure, come una caratteristica immancabile, che i cantoni e le parti architettoniche ed ornamentali di qualche rilievo si trovano sempre costruiti di pietra bianca, ancor più compatta e più accuratamente levigata e lavorata.
Dove, in Girgenti, ci si imbatte in qualcuno di tali avanzi medioevali, sfuggito alla forza talvolta travolgitrice degli avvenimenti (e più a quella certa smania di demolire per rinnovare che imperversò nel Seicento e nel Settecento) troviamo sempre due cose: solidità di costruzione e freschezza del colorito del tufo arenario. Invece il nostro vecchio muro, bensi tuttora solido, presenta, nelle sue piccole pietre da taglio, sfiorito e disseccalo il biondo del tufo, una grana ormai senza più la primitiva compattezza e le rughe del tempo più sparse e più profonde. Anche le pietre bianche del suo alto cantone hanno la superficie sgretolata.
In mezzo a tanto squallore di accentuata vecchiezza c’è, pel basso, qualche cosa, su cui l’occhio del riguardante si ferma incuriosito, un vecchio portale e due vecchie finestre bifore, che lo fiancheggiano, tutti e tre vani ornati da intagli su pietra bianca, tutti e tre tappati di recente e grossolana muratura, tutti e tre cosi vicini e cosi strettamente legati fra di loro da formare un sol pezzo architettonico. Al di sopra di esso, praticate, sul resto della parete, stanno le tre finestre circolari, di cui sopra.
Chi però si faccia ad osservare più da vicino e più attentamente il tutto, resta impressionalo dell’opera di quei lontani uomini del Medio Evo, che ornarono i loro fabbricati con amorosa cura e con arte sapiente, e nel medesimo tempo, dell’insipienza dei moderni, i quali o devastano o non curano monumenti così rilevanti del passato di questa città.
La cura e l’arte di ornare un edificio, in questo portale e in queste due finestre, sono rese con l’eloquenza propria delle cose veramente belle. Il portale è notevole per la sua decorazione e per le sue dimensioni. La decorazione dell’arco si descriverà pure in confronto con quella di altri archi analoghi. Basta per ora notare che essa è pure a stile arabo – normanno e che è distribuita sopra un arco diviso, invece che in tre, in due piani addentrantisi. Quindi l’imposta divisa pure in due parti segue, col diverso suo sporto, i due ordini della decorazione dell’arco e poggia, a sua volta, sui capitelli di due colonnine esili e tonde incastrate sul fronte di ciascuno dei piedritti. Il vano di porta e tutto il portale non sono di dimensioni imponenti, per ehi non pare che questo fosse l’ingresso di un gran palazzo.
Le due finestre bifore, una a destra e l’altra a sinistra del portale, sono in tutto corrispondenti ed analoghe fra di loro, e descriverne una è lo stesso che descriverle tutte e due. Ciascuna di esse ha il vano bipartito in due luci da un colonnino, che una volta trovavasi piantato nel mezzo del davanzale e che sorreggeva i due archetti riuniti della bifora.
Questi archetti sono formali da tre grosse modanature ogivali contornate nell’estradosso da un sopraornato intagliato con la finezza di una trina. Inoltre i due archetti riuniti sono compresi entro un bell’arco ogivale, formato da un bastone arcuato e da una fascia di decorazione, che li congiunge in unica finestra. Questa fascia è decorata a foglie larghe e piane ed intagliate anch’esse con la finezza di un merletto.
Nel timpano, che risulta tra l’arco grande e i sottostanti due archetti riuniti, non è alcun intaglio, il che conferisce una bella semplicità all’insieme. Perciò anche la decorazione di ciascuna bifora è distinta in due archi addentrantisi, dei quali il più interno è formato dai due archetti riuniti, l’altro è formato dall’arco esterno.
E, in corrispondenza ai detti due piani, anche l’imposta è spezzata in due e sostenuta da due altri colonnini incastrati sul fronte di ciascuno stipite. Questi tre membri architettonici, cioè il portale e le due finestre, singolarmente presi sono compiuti in sè ed indipendenti l’un dall’altro. Anzi gli archi delle finestre hanno l’imposta e il vertice alquanto più alti dell’imposta e del vertice dell’arco del portale; il che avrebbe dato un’impressione di slegamento e di asimmetria fra i tre membri.
Ma il sapiente delineatore di essi ovviò a questo inconveniente con un espediente architettonico, che non manca di bellezza : una grossa cordonatura passa sopra tutti e tre gli archi ogivali, contornandoli così da vicino che, a prima vista, sembra il loro più naturale coronamento; e, mentre lega i tre membri architettonici in guisa da formare un trittico, la stessa cordonatura forma tre grandi archi uniti, le cui quattro estremità due esterne e due intermedie, poggiano su quattro mensoline pensili intagliate a calice di giglio.
Concludendo, non sarà superfluo, riguardo alle finestre, rilevare due cose :
a) Ciascuna delle due bifore presenta, nel suo insieme un’ampiezza di linee e, nel medesimo tempo, presenta colonnini cosi corti e, direi quasi, così tozzi che in Sicilia, si riscontrano, nell’architettura chiaramontana,
b) I davanzali delle due bifore sono così bassi, rispetto al suolo esterno, che arrivano appena alla cintola di un uomo.
Dal che si arguisce che queste finestre non davano, in origine (come non danno neppure oggi) sopra un suolo pubblico od accessibile ad estranei, ma dentro un recinto consistente in un giardino od nuche in un semplice cortile privato.
Questo testo è apparso nell’annuario del regio istituto Magistrale raffaello politi, pubblicato a Girgenti nel 1924
Il convento è andato quasi del tutto distrutto nel bombardamento del luglio del 1943 su Agrigento