In un opuscolo pubblicato dopo un viaggio ad Agrigento, un illustre archeologo espose i sui dubbi intorno ai nomi dati ai templi agrigentini e sul tempio di Giove Olimpico
dagli Opuscoli archeologici dell’abate D. Niccolò Maggiore.
Palermo 1854, 8.°
Introduzione: i dubbi sui nomi dati da Fazello
Tra le opere che sono pervenute nell’anno scorso alla Direzione del nostro Instituto, meritano particolar considerazione due opuscoli che l’erudito sig. Niccolò Maggiore ha tratto da alcuni suoi ricordi archeologici di un viaggio fatto a Girgenti , Selinunte , Erice e Segesta nelle ferie autunnali dell’anno 1833, imperocché si rinvengono in essi diverse notizie importanti per l’archeologia e per la storia monumentale della Sicilia.
Visitando egli le rovine delle antiche fabbriche di Girgenti, rilevò non essere troppo bene appropriate le denominazioni che si danno ora alle medesime, e che furono loro imposte dal Fazello.
Cosi opinò non doversi riconoscere pel tempio di Esculapio quella rovina che con tal nome si distinguo, perché da quanto si può dedurre da Polibio questo tempio non poteva trovarsi dalla parte di ponente.
Parimenti il tempio di Ercole doveva esistere vicino al foro, come si designa da Cicerone, e non dove si trova la rovina che ora con tal nome si distingue e Io stesso dei tempi della Concordia, di Giunone Lucina e di altri che si dicono esistere in detta città…
i dubbi sul tempio di Giove
In una nota aggiunta al medesimo opuscolo il sig. Maggiore ragiona a lungo sulla collocazione dei così detti giganti dell’Olimpèo agrigentino, argomento di grande controversia presso gli eruditi.
Egli dopo di avere esaminate le opinioni riferite dall’ Hans e dal Cockerell particolarmente, ne propone una propria che si deve considerare per la più probabile ; poiché attentamente esaminando ciò che scrisse Diodoro a riguardo di questo tempio, si conosce non potersi appropriare a cotali colossi la gigantomachia e l’eccidio di Troja dal medesimo storico descritte , giacché stavano queste opere situate nei portici, ove non potevano sussistere i colossi anzidetti, e dovevano rappresentare figure in atto di combattere, mentre tutto ciò, che fu rinvenuto dei medesimi colossi , porta a farli riconoscere quali veri telamoni.
Considerando egli che siffatte figure erano in ragguardevole numero, per averne riconosciuti i frammenti d’oltre a dieci dagli avanzi che rimangono e che solo potevano innalzarsi a poca altezza, affinché avessero potuto reggere il muro che crollò nell’anno1401, riuscì a stabilire che soltanto potevano trovarsi collocati sopra pilastri interni della cella.
Quasi simile opinione fu adottala dal cav. Carelli nella sua erudita dissertazione esegetica pubblicata dagli Accademici ercolanensi e riguardante l’origine ed il sistema della sacra architettura presso i Greci; onde è che sempre un tale sistema viene comprovato dagli eruditi, e consideralo per il più probabile fra i tanti che si sono ideati.
l’idea del tempio tratta dagli edifici egiziani ?
Infine lo stesso sig. Maggiore in tre distinte digressioni, che aggiunse ai suoi opuscoli, ragiona primieramente sul motivo che dovette indurre gli Agrigentini ad edificare l’Olimpio; quindi sulle misure del medesimo edifizio date da Diodoro, ed infine se gli Agrigentini avessero tratto l’idea da qualche edifizio egiziano nella collocazione dei telamoni; nei quali ragionamenti dimostrò il Maggiore copiosa erudizione e profonda conoscenza delle opere antiche.
testo tratto da
BOLLETTINO DELL’ ISTITUTO DI CORRISPONDENZA ARCHEOLOGICA
PER L’ANNO 1836