Interventi sugli ipogei sono necessari per salvaguardare la collina di Agrigento.
E’ noto, infatti, come la città dei Templi sia stata caratterizzata particolarmente in questi ultimi anni da smottamenti. voragini, frane, grosse e piccole, che hanno scombussolato il sottosuolo agrigentino provocando, tra l’altro, modificazioni forse irreparabili agli ipogei.
Da più parti — e forse non a torto — non si è escluso che questo continuo scivolamento della collina sia da attribuire agli ipogei, alla loro fragilità. In pratica secondo i sostenitori di questa tesi tutto questo vasto complesso di cunicoli — appunto gli ipogei — che anticamente permettevano l’equilibrio idrogeologico del sottosuolo, sarebbe stato scombussolato da molte cause, non escluse le tante costruzioni che vi hanno poggiato sopra.
L’acqua non più incanalata nel suo antico «itinerario» avrebbe corroso le falde di calcarinite, provocando i guasti che hanno reso tristemente famoso lo scempio urbanistico e paesaggistico di Agrigento. Ma gli ipogei hanno una notevole importanza da un punto di vista archeologico ne abbiamo parlato con il dottor Domenico Pancucci. specialista di topografia dell’Italia Antica presso l’Istituto di Archeologia dell’Università di Palermo e collaooratore della Soprintendenza Archeologica di Agrigento.
Il dottor Pancucci che si sta occupando del problema degli ipogei, nella sua qualità di archeologo e topografo, esplorerà nei prossimi mesi tutti gli ipogei. Un atto concreto di buona volontà al servizio della città in una nuova concezione dell’archeologo non più considerato come il solitario studioso che si occupa unilateralmente dei suoi frammenti o delle sue pietre o dei suoi acquedotti, sottovalutando e trascurando ogni altro aspetto della realtà, ma l’archeologo che vive il suo tempo e studia tutti quei fenomeni che possono rivelarsi utili per fini non soltanto archeologici.
«Condivido pienamente l’iniziativa del Comune — esordisce Pancucci — ed anzi la giudico necessaria, convinto come sono che uno studio approfondito ed mappa particolareggiata degli ipogei risulteranno utili sotto diversi aspetti.
Dal mio punto di vista primario, che è quello archeologico, allo scopo di stabilire la funzione avuta dagli ipogei è indispensabile conoscerne la planimetria generale ed esaminare attentamente le strutture al fine di cogliere eventuali differenze tecniche tra un condotto ed un altro cercando di stabilire l’unitarietà — che credo esista — tra gli ipogei che interessano il sottosuolo della città moderna e quelli che interessano la Valle dei Templi, cioè il sito della città antica. A questo proposito finita la prima parte del mio lavoro, sostanzialmente libresca e da tavolino, procederò per quanto mi sarà possibile all’esplorazione degli ipogei ancora praticabili. Il progetto di esplorazione da parte del Comune pertanto potrà essere utile anche da altri punti di vista e cioè sul piano degli studi relativi alla statica del la città moderna e sul piano delle ricerche idrografiche».
— Qual è l’importanza e l’interesse che gli ipogei rivestono sotto il profilo archeologico?
«L’importanza è notevole. Il mio studio tende a chiarirne la funzione e in particolare a dimostrare se essi sono o non sono degli acquedotti. L’ipotesi che si tratti di acquedotti non è mia, è molto antica, e in parte si fonda su notizie tramandateci dalle fonti antiche. Si tratta di fornire una dimostrazione precisa, chiarendo se i condotti avessero la sola funzione di canali, cioè servissero a trasportare le acque da una o più sorgenti ovvero avessero la funzione di captare le acque piovane. E’ comunque verosimile che gli ipogei assolvessero tutte e due le funzioni. Se sarà possibile provare tutto ciò e stabilire che l’acquedotto è stato concepito in maniera unitaria, esso verrà a costituire un unicum, in quanto a grandezza e interesse».
A questo punto il dr. Pancucci cita alcuni nomi di studiosi che si sono interessati al problema, alle ipotesi fatte, alle conoscenze finora acquisite. Da questi studi — prosegue Pancucci — sono nate diverse ipotesi dalle più vicine al vero alle più fantastiche (rifugi trogloditici, nascondigli per animali, cave di pietra riutilizzate come nascondigli, camminamenti connessi al sistema di difesa della città).
«Insomma sino a Giulio Schubring la ipotesi che si trattasse di acquedotti — già avanzata da Fazello — non venne più presa in considerazione. Lo Schubring, in verità molto stranamente, separò il gruppo di ipogei che sta sotto la città moderna da quelli della Valle e ritenne i primi abitazioni dei Sicani e i secondi acquedotti. Precisò tuttavia che siccome ad Agrigento non esisteva nessuna sorgente questi canali avrebbero avuto la funzione di trasportare 1’ acqua da grande distanza».
— Lei, dr. Panucci, quale ipotesi ritiene più probabile?
«Ritengo che ambedue le soluzioni possono essere esatte Preciso subito che non è solo il mio pensiero, anche perché l’ipotesi fu a suo tempo fatta dal sacerdote La Rocca. Per quanto riguarda le sorgenti esiste una relazione del Capo maestro Marammiere che nel 1848 esplorò tutti gli ipogei allora noti».
Dopo aver chiarito che esistono parecchi tronconi di ipogei più o meno ricollegabili tra loro in tutte le zone della città (molti dei quali esplorati da quanti hanno condotto studi e ricerche), il dr. Pancuci, accenna a quelli che dovrebbero essere a suo avviso gli scopi operativi della commissione incaricata dal Comune. «Scopi legati ed in-scindibili tra di loro — prosegue Pancucci — come ad esempio lo studio topografico-archeologico dei monumenti rilevandone la planimetria. lo studio idrografico e statico al fine di individuare eventuali sorgenti ed acque stagnanti, lo studio, infine, delle possibilità di restauro e conservazione».
— Visto che il suo lavoro corrisponde in parte a quello che ritiene auspicabile e necessario da parte dell’Amministrazione Comunale, se il Comune le chiedesse di far parte della commissione sarebbe disposto ad accettare?
«Compatibilmente con gli impegni di studio e di lavoro, lo sarei se si ritiene che le mie conoscenze sulla topografia di Agrigento e sull’argomento, in particolare, possono essere di aiuto. D’altra parte è mia intenzione esplorare gli ipogei e a prescindere dagli intendimenti del Comune, qualora dal mio studio emergessero elementi socialmente utili ; cioè non squisitamente archeologici, non esiterò a metterli a disposizione dell’ Amministrazione Comunale.
Ritengo tuttavia — conclude il dottor Pancucci — che a prescindere dalla mia persona, la collaborazione di un archeologo in una impresa di questo genere è senz’altro necessaria, A questo proposi to credo che le autorità comunali avranno già interpellato o interpelleranno la Sovrintendenza Archeologica, che è l’Ente più idoneo non solo a dare indicazioni circa la persona più adatta ma anche a fornire molti altri utili elementi sul piano operativo».
intervista di Umberto Trupiano all’archeologo Domenico Pancucci pubblicata dal quotidiano L’ora il 21 settembre 1978