Tanti e tanti anni fa, dieci,quindici, non so bene il capitano Alessandro Hardcastle giungeva alla città di Girgenti, che sarebbe la moderna Agrigento. Doveva, come tanti altri suoi connazionali, visitare i templi, respirare il profumo dei mandorli di febbraio, ammirare, dal vertice della rupe Atenea, la fantastica sinfonia di colori primaverili che digrada, di piano in piano, fino all’infinito azzurro del mare, e poi riprendere la sua peregrinazione.
Era il tramonto. Il capitano Hardcastle corse subito a visitare i templi, dall’uno all’altro, in corsa quasi vertiginosa, li vide sparire tra i fuochi del tramonto e le tenebre della notte. Tornò all’albergo estasiato e non pago, dormì poco la notte, la mattina all’alba era di nuovo fra le pietre e gli asfodeli di Giunone Lacina. Poi, volle rivedere i tempi ancora al tramonto, poi di nuovo all’alba. “Ma dovrebbe vederli capitano al chiaro di luna!”. Il capitano attese la luna piena, e ci tornò tutte le sere.
E l’incantesimo fu tale che, trascorsa quella luna, aspettò la successiva. Per farla corta, sono passati dieci, dodici,quindici anni, e il capitano sta sempre lì, ad Agrigento. Quando vide che il fascino di quel Venusberg era proprio irresistibile, e che per lui non c’era più speranza di un pellegrinaggio di redenzione, acquistò una magnifica villetta, costruita su tombe e ruderi, proprio nell’epicentro dei templi, e divenne per la vita, cittadino di Agrigento.
E trascorse i suoi giorni, in una beatitudine perfetta. Dall’alto della sua terrazza, col suo incomodo di girare lo sguardo, può a suo bell’agio contemplare a sinistra il tempio della Concordia e quello di Giunone Lacina, di fronte è quello d’Esculapio, risorto a sue spese, a destra quelli di Ercole, di Castore e Polluce, di Giove; e più lontano, confuso nell’azzurro alpestre, quello di Demetra, la dea che con la sua bellissima figlia Persefone, schermisce dai mali della città d’Agrigento.
E quando il sazio della contemplazione remota, esce dal suo rifugio (tra parentesi: clausura spietata), che percorre palmo a palmo tutta la zona archeologica, con gli occhi tenacemente fissi al suolo. Sembra, dicono gli spiriti poetici, Persefone, in cerca di fiori. In realtà cerca sin le minime vestigia, i più miseri e frusti avanzi dell’antichissima vita agrigentina. Non è niente, intendiamoci bene, non è spigola: a questo ci pensano gli archeologi. Fa la ribruscola. E ne ha raccolte in una sua camera, e custodite come sacri depositi, le minutissime ed direttissime inezie, che gli capita di trovare tra i coriandri giallognoli e i cardi cremisini.
Il capitano Hardcastle dunque non tornò più in Inghilterra. Ed è notorio che quando la montagna non va da Maometto, Maometto va dalla montagna. Il prediletto fratello di Hardcastle, venne a trovare il capitano irretito nell’incantesimo pagano. Forse vagheggiava l’idea di ricondurlo in patria. Invece, rimase anche lui ad Agrigento. E non si muove.
Ma il fratello è un bellissimo pastore anglicano. Vive per l’amore fraterno, col capitano; ma non si è paganizzato come lui. Tanto vero che, dicono, da mane a sera passeggia per il giardino, leggendole meditando la sacra Bibbia. Ed ama specialmente leggerla entro un posteggio di vedetta, che si leva, minuscolo e ardito sul muro di cinta della villa. Ho potuto introdurmi (se non sa Hardcastle mi stermina) entro il suddetto posteggio. E, appena seduto, ho visto, al livello preciso delle mie pupille, una larga feritoia. In essa si inquadra perfettamente, come in un obiettivo fotografico, il paganissimo tempio della Concordia. Nulla di più adatto, tutti lo sanno, per dare il tono alle meditazioni evangeliche.
Tipici esempi, l’uno all’altro, del fascino profondo che esercita l’Italia, anzi, più precisamente, il mezzogiorno d’Italia, sugli spiriti
villa aurea internipoetici e meditativi: fascino che consiste in una specie di rivelazione che le sue terre e i suoi diruti monumenti offrono intorno all’arcano perenne transito tra la vita e la morte. Perché qui, i monumenti delle civiltà gloriose stanche, crollando al sopravvenire delle ore fatali, non si ammucchiano come nel Nord, in masse orride informi, covi di erbe velenose e di rettili immondi.
Qui la pietra asciutta armoniosa rimane ad intiepidire ai soli eternamente primaverili e lentamente si dissolve in polvere che alla dolcezza del polline. E da questa semenza prodigiosa sembrano germogliare le erbe e i fiori soavi: sembra che la muta pietra si trasformi direttamente nella trama quasi immateriale dell’asfodelo purpureo e dell’apio elegante, le cui linfe, assorbite dalle fulvide api, presto entreranno in vortici di vite più sensitive e complesse. Il perenne ciclo della vita si scompone e si ricompone direttamente sotto le nostre pupille, ammonendoci con muti arcani simboli, come in un antico mistero, che la vita è l’unica verità e la morte è un’illusione. Questo senso magico, questo sereno conforto offrono qui le rovine del passato, che in altre terre suggeriscono soltanto immagini di perdizione e di morte. Questo senso espressero il Goethe nel suo Viator e Roberto Browning nella celebre poesia che ogni italiano dovrebbe sapere a memoria, e che conclude con l’indimenticabile apostrofe:
Open my heart and you will see Graved inside of it “Italy”.
Torniamo ad Hardcastle. Il vero amore, quello profondo, eterno, forte come la morte, si dimostra, va bene, anche in regime di charleston, con i versi, in forma vuole libera, tradizionale. Però, non bisogna neppure buttar via l’amore che si esprime a furia di banconote. Ora, ecco, così alto quello che ha speso il capitano Hardcastle per i restauri d’Agrigento negli anni: quattro anni. Ricostruzione del tempio di Ercole L. 129.000; scoperta della muraglia L. 30.000; scavi per il teatro greco L. 100.000; opere supplettive L. 50.000; scavi al tempio di Demetra e d’Esculapio L. 50.000; scavi al tempio di Giove olimpio L. 50.000; rimboschimenti L. 15.000; restauri a Santo Spirito L. 50.000; restauri al museo archeologico L. 20.000; acqua per la Valle dei templi L. 80.000.
Basta direte voi: pare il catalogo di Leporello. Ma il capitano Hardcastle non intende così. Egli è già destinati altri L. 50.000 nella campagna di scavo 1927-28 . E sarebbe disposto a darmi di più, assai di più, quante ne occorressero, perché si realizzasse un suo grande sogno: il restauro del tempio di Giove
hardcastle la tomba