Si ritiene che il tempio di Demetra sia stato uno dei più antichi di Agrigento e che le feste che si celebravano su questo fianco piuttosto scosceso della Rupe Atenea siano state le più attese e seguite dai primi coloni che fondarono la città. Non a caso, fu proprio durante le Tesmoforie che Falaride s’impadronì della città di Akragas e divenne tiranno.
Oggi però del tempio rimane purtroppo assai poco. Ad esso si perviene raggiungendo il cimitero di Bonamorone e percorrendo una antica carreggiata d’epoca greca (intorno a cui si è molto discusso, perché qualcuno vi ha voluto individuare i segni lasciati dai carri in epoca lontana che venivano fin qui).
L’edificio sorge su una piattaforma di peribolo che è lunga metri 96 e larga al massimo metri 30 e minimo metri 23 e la cui funzione è anche quella di livellare lo scosceso pendio.
Il Tempio di Demetra è stato eretto intorno al 500 a.C., seguendo più uno stile arcaico maturo che non uno stile canonico. E’ un tempio in antis e sembra che non abbia avuto colonne, ma che l’elevato sia stato formato da quattro mura, con l’accesso ad occidente.
Qualche studioso però sostiene che il pronao doveva essere provvisto di colonne, probabilmente doriche, ma ciò è solo una supposizione, perché si vedono solo i muri delle ante, che tra l’altro sono ridotti a semplici monconi. Rimangono i muri meridionale, orientale e settentrionale, mentre nulla è rimasto del quarto muro, al posto del quale si eleva la facciata della Chiesa di San Biagio.
Il tempio poggiava su uno stereobate a vespaio o graticola a settori paralleli. Lo stilobate misura 30,20 X 13,20. La cella è divisa in due parti dal muro mediano: la parte interna è lunga metri 19, 90; la parte esterna (il pronao) metri 10,30. Non è rimasto nulla dell’epistilio e del fregio, ma gli scavi hanno portato alla luce residui di gheison, sima, con decorazioni e docce a protomi leonine di grande interesse, palmette e tegole.
Il tempio di Demetra è privo dell’altare rettangolare antistante, ma si sono trovati lungo il lato settentrionale all’altezza del pronao due altari e una stipite votiva. Quest’ultimo ritrovamento ha fornito la prova definitiva dell’appartenenza del tempio alle divinità Eleusine.
Con i resti del tempio e su di esso è stata costruita in epoca medievale la cappella dedicata a San Biagio.
Essa “risale probabilmente al XII secolo ed è uno dei più rari ed antichi esemplari di architettura normanna: la facciata, semplicissima, è ornata di una piccola porta a sesto acuto e di tre finestre ad arco rotondo, legate da lesene liscie con gioco semplice ed efficace. Mentre il lato minore occidentale, l’attuale facciata, è totalmente di epoca medievale, costruita a piccoli blocchi di tufo, negli altri (lati) era già da prima riconoscibile l’opera classica, nei grandi conci eguali disposti a scacchiera regolare, sul lato orientale era l’inserzione dell’abside sull’antica porta e apparivano monconi, a mò di tali mozze, delle ante ampiamente sporgenti a formare il pronao” (Marconi).
La Chiesa di San Biagio occupa pertanto la cella dell’antico tempio e lascia scoperta dietro l’abside semicircolare l’area del pronao.
Sino all’inizio del nostro secolo il popolino, a febbraio, nel giorno di San Biagio, celebrava una festa contadina, portando fin quassù i maialini allevati per l’occasione. Tutti si abbandonavano liberamente all’allegria facendo “ribbotta e galloria”.
Elio Di Bella