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Gli scavi nella necropoli paleocristiana e bizantina di Agrigento negli anni quaranta del Novecento

18 Luglio 2017 //  by Elio Di Bella

 

scavi nella grotta fragapane figura1

Nelle catacombe dette Grotte dei Fragapane è stato eseguito un piccolo scavo a nord della rotonda settentrionale, ossia nell’unica parte rimasta da esplorare, per risolvere il problema dell’accesso primitivo. Immediatamente a ridosso alla rotonda suddetta (che è la rotonda A della pianta del Fiihrer) è comparso il ricercato ingresso, con stipiti, soglia ed incavi per collocarvi spranghe di chiusura. L’importanza del rinvenimento è data dal fatto che di nessuna delle catacombe romane è conservato l’ ingresso originario. Al di là dell’ingresso — e quindi fuori della catacomba — è stata rinvenuta una camera sepolcrale, che oltre a due tombe a cassa ed una a forma rinvenuta intatta, aveva un loculo: forma sepolcrale assai rara in Sicilia. Nella stessa camera, forse proveniente attraverso la frana del cimitero all’aperto, fu rinvenuto un frammento di iscrizione sepolcrale greca di età tarda.

Entro il giardino della Villa Aurea sono state scoperte, oltre alle numerose già conosciute, altre tombe del vasto cimitero bizantino che si estendeva sulla spianata rocciosa sopra le mura tra il Tempio c. d. di Giunone e quello di Ercole; è stata presa una dettagliata planimetria del complesso ed è stato deciso di conservare allo scoperto un gruppo di esse.

scavi figura 2

Sempre entro il giardino di Villa Aurea è stato liberato dalle terre, che lo avevano quasi completamente coperto, un interessante ipogeo (figg. I e 2) che risulta dalla riunione di due antiche cisterne rettangolari, una delle quali era collegata con un pozzo, e dall’adattamento di esse e di un ambiente aggiunto ad uso sepolcrale. Le tombe delle pareti sono tutte ad arcosolio oppure a mensa; mancano del tutto i loculi, mentre vi sono sul suolo tombe a cassa (nell’ambiente aggiunto) e formae: queste ultime però appartenenti all’ultima fase di uso dell’ipogeo, perchè, sulle tre rinvenute, due appaiono non terminate. L’altra forma, e così pure una tomba a cassa ricavata al posto dell’antica parete divisoria tra le due primitive cisterne, furono rinvenute intatte. Apertele, si potè constatare che si trattava di tombe con più persone sepolte affiancate e senza alcun corredo. È stata inoltre rinvenuta la scala di accesso. Lesioni nella roccia in cui l’ipogeo è scavato — lesioni che avevano provocato la rovina di qualche tomba — hanno reso necessario un notevole lavoro di restauro, il quale è risultato particolarmente delicato ed anche pericoloso per lo stato franoso della roccia e l’angustia dello spazio entro cui si doveva lavorare.

Già durante lo sterro s’era dovuto puntellare la, parete a sud; in questa, a scavo terminato, si è potuto constatare lo stacco di una grande sfaldatura di roccia, di forma triangolare con il vertice in basso, di m. 3,50 di alt., m. 1,50 di largh. e m. 1,10 di spessore in alto, m. 0,30 alla base. La falda era completamente distaccata e nella parte alta la lesione era molto larga e piena di terriccio, pietrame, radici di alberi e vegetazione. Inoltre altre sottili lesioni orizzontali dividevano la sfaldatura in quattro blocchi minori, in modo che non è stato possibile scostare semplicemente e appoggiare la falda su di un piano inclinato, ma è stato necessario spostare e sollevare i blocchi.

Dopo la costruzione di mi castelletto di legname, rinforzato da piloni in muratura alla base, della forza di quattrocento tonnellate si è proceduto al sollevamento dei blocchi, di cui quello di base pesava duecento tonnellate. Anche per codesta operazione, l’angustia dello l’angustia dello spazio e il taglio della parete rocciosa hanno complicato la manovra.

Tolti i blocchi, si è proceduto alla pulitura del letto roccioso, alla bruciatura della vegetazione e lavaggio con

forti getti d’acqua e acido solforico diluito. Operazione

delicatissima è stata quella della ricollocazione dei blocchi

al loro posto in modo che aderissero perfettamente al naturale letto di posa. La punta inferiore della sfaldatura s’è dovuta spezzare per costruirvi un basamento  di mattoni e malta cementizia .

S’è proceduto infine al consolidamento dei blocchi mediante perni di ferro rivestiti di ottone, e bolloni e successiva colata di malta cementizia.

Per ultimi sono stati imperniati con perni e con graffe  ad u i frammenti superficiali di cappellaccio. Lesioni e  fori delle imperniature cementate, sono state mascherate con tonachina a tinta della roccia.

Altre lesioni di minore entità, che non hanno richiesto  il distacco delle sfalature,  sono state consolidate, con gli stessi metodi di imperniature e colate di malta cementizia. – Direttore dei lavori: Catullo Mercurelli e Iole Marconi Bovio.

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, valle dei templi

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