
All’aba del Novecento Girgenti è un modesto capoluogo di provincia con poco più di 35 mila abitanti. La città è ristretta attorno alle sue antiche mura medievali e poco è rimasto delle glorie del suo passato. I magnifici templi greci richiamano ancora molti turisti e studiosi, ma manca un’attività programmata e sistematica di scavi e ricerche che valorizzi adeguatamente i siti archeologici. La politica turistica la fanno i pochi albergatori, mentre i templi continuano ad essere oggetto di spoliazione e i molti vasi sottratti verranno ritrovati molti decenni dopo in vari musei europei ed americani.
Proprio all’inizio del Novecento (14 gennaio del 1901) scompare uno dei maggiori difensori del patrimonio artistico e culturale di Girgenti, lo storico Giuseppe Picone, autore delle monumentali Memorie storiche agrigentine e fondatore nel 1864 del Museo civico della città. Ancora poco tempo prima di morire, questo illustre storico aveva raccomandato al suo amico e concittadino l’onorevole Nicolò Gallo (che era diventato presidente della Camera dei Deputati il 17 gennaio del 1900) di tutelare la valle dalle ruberie e trovare una sede più adeguata per il Museo civico.
Nel primo decennio del Novecento gli Agrigentini vivono queste polemiche e questi problemi con distacco. Sono tempi di nera miseria. La stragrande maggioranza della popolazione è costituita da contadini, operai, minatori, manovali dell’edilizia che versano nella rassegnazione e quando la misura di ogni sopportazione è colma, tentano un destino migliore emigrando anche in terre lontane. Più sopportabile è la vita dei proprietari terrieri, dei pochi imprenditori e dei commercianti. Stentano invece gli impiegati. Tutti costoro trascorrono, quando possono, alcune ore del pomeriggio e le serate nei circoli della via Atenea: quello dei borghesi è il Circolo Empedocleo, in piazza san Giuseppe, non lontano dal circolo dei nobili; gli operai si ritrovano nei locali del circolo Feace. I moderati leggono il giornale della Curia che s’intitola Il Cittadino, gli intellettuali sono abbonati al settimanale Vita e arte, altre importanti testate filo-liberali e massoniche sono Il Corriere di Girgenti e Il Moscone.
Dalle pagine di questi periodici emerge con chiarezza la netta contrapposizione tra cattolici e liberali in città e gli interessanti sviluppi che cominciano ad avere anche i movimenti socialisti ed operai. Il movimento cattolico agrigentino in questo primo decennio del secolo XX ha ormai raggiunto un tale autonomia da poter andare avanti e proseguire nei programmi del cristianesimo sociale, anche prescindendo dalla presenza di una forte guida carismatica, quale era stata negli anni precedenti il vescovo Gaetano Blandini. All’inizio del nuovo secolo i cattolici indicano chiaramente le loro linee di azione in una serie di convegni che hanno risonanza anche nazionale. Basti pensare al convegno del settembre del 1902 celebratosi ad Aragona e che vide la partecipazione dei più autorevoli nomi del movimento cattolico siciliano. I cattolici sono molto presenti tra i contadini e gli operai, gestiscono decine di casse rurali ed operaie, studiano ed insegnano il miglioramento dei metodi di coltivazione e svolgono attività sindacale.
Il ruolo dei socialisti a Girgenti appare invece nel primo decennio del Novecento del tutto marginale. Nel gennaio del 1901 muore uno dei maggiori protagonisti delle lotte politiche della sinistra agrigentina del secondo ottocento, l’avvocato Gaetano Riggio, fondatore in provincia del movimento del socialismo internazionale. I nuovi dirigenti socialisti sono d’estrazione nettamente borghese ed appaiono piuttosto incapaci ad educare il popolo ad acquisire una matura coscienza di classe.
Il potere nei primi anni del Novencento è nelle mani della borghesia liberale più facoltosa e dai connotati piuttosto aristocratici e massonici. Ma si tratta di un fronte politicamente poco compatto e in genere viziato da forti personalismi. Quando però il movimento cattolico decide di intervenire direttamente alla vita politica locale, presentando una lista elettorale per le elezioni comunali, le forze liberali nel luglio del 1907 comprendono che devono far fronte comune. Pochi mesi prima, il 7 marzo del 1907, era scomparso il maggiore rappresentate del liberalismo locale, il ministro Nicolò Gallo e nel 1906 era morto il deputato Ippolito Onorio De Luca. I liberali non hanno più vere guide e temono l’avanzata dei socialisti e dei cattolici. Dopo la morte di Gallo i cattolici agrigentini fanno votare per il figlio dello statista appena scomparso, Gregorio Gallo, che viene sostenuto innanzitutto dal nuovo leader del movimento, il sacerdote Michele Sclafani. L’elezione di Gregorio Gallo dimostra tutta la forza delle parrocchie agrigentine. Risulta sonoramente sconfitto invece il candidato dei liberali, l’avvocato Vincenzo Coniglio. Inizia una nuova stagione politica per la piccola Girgenti.
Elio Di Bella