Agrigento, che era stata la prima a scuotere il giogo della tirannide, avea preso un governo, in cui i nobili ed i ricchi, al numero di mille, regolava le cose pubbliche.
Era questo un reggimento aristocratico; e come tale, più non potea riuscire gradito alla maggior parte di quegli abitanti, giacche in Sicilia e fuori era già screditata la dorica aristocrazia (la dorica aristocrazia era stata già abbattuta in Megara, in Corinto, in Argo, in Gnido, in Sicione, in Sibari, in Turio ec.).
Quando la plebe agrigentina vide Siracusa e le altre città che si reggeano a popolo, n’ ebbe cruccio; e non sapendo tollerare che la sola Agrigento dovesse obbedire agli ottimati, cominciò a muover tumulti, e a travagliare di continuo i chiliarchi e le città colle sedizioni. Empedocle, che allora fioria, sentiva gran dispiacere de’ mali che affliggeano la sua patria; e volendo svellerne la radice, pensò da pittagorico di abbattere l‘aristocrazia di Agrigento.
Tenne con accorgimento da prima celato il suo pensiero; e lasciando il suo filosofico ritiro , si mise a trattare faccende politiche e cose popolari. Spesso ci parlamentava in pubblico ed in senato, frenando l’insolenza de’ nobili, sedando i movimenti della plebe, ed esortando i cittadini alla civile concordia.
E con queste dicerie, che eran piene di virtù e di giustizia, conquistò il popolo e potè eseguire con felicità il suo disegno. Atterrò in fatto la odiata aristocrazia; o senza sfrenar la plebe con una torbida democrazia, introdusse un magistrato, i cui membri deveano rinnovarsi di tre in tre anni, e scegliersi tanto dei nobili, quanto de’ popolani, affinché tutti i cittadini avessero un‘egual parte nell’amministrazione delle cose pubbliche.
Difficile fu, egli è vero, questa impresa; ma ilmedesimo Empedocle riconobbe che i suoi trionfi erano in gran parte dovuti alla forza e vaghezza de’ suoi discorsi, che l’ avean fatto dominare su quella moltitudine. Ed avvedendosi col fatto che l’ eloquenza è lo strumento più efficace della politica in uno stato libero, volle provvedere al bene della cosa pubblica, riducendo in arte il talento della parola .
STORIA PATRIA STATISTICA LETTERARIA OVVERO STABILIMENTO DE” GRECI IN SICILIA
DI GLADIMIRO RRUNET DE PRESLE
1862