La chiamavano La Pica, ma nessuno sapeva perché e neppure lei. Una delle tante ingiurie di paese. E così per Mussomeli, si seppe che La Pica aveva sparato allo “zito”, il lattaio Michele. Cinque colpi di pistola gli scaricò.
Attese che la mattina facesse il solito giro col fratello. Il giovane capraio Michele Mistretta, che si guadagnava così il pane. Era aitante e simpatico e con la fama del play boy di paese. La Pica aveva vent’anni e s’era invaghita di quegli occhi neri pieni di passione.
La mattina del delitto si era appostata in piazza in piazza Roma, nella sua Mussomeli, ad aspettare Michele. Due parole, ma forse troppe. Aspettava una risposta diversa da quella che ebbe ? Pretendeva un chiarimento su certe voci si paese sul conto del suo amante ? Non sappiamo nulla di quel colloquio. Ma di certo Mistretta Provvidenza (questo il vero cognome e nome della Pica) doveva già avere la pistola in borsa già carica e la mente determinata ad uccidere.
Michele stava versando il latte nella tazza che Maria Di Raimondo aveva già pronta come ogni mattina quando lo sentiva bussare e come facevano in tanti al paese. E fu proprio nell’attimo in cui ancora il latte riempiva la tazza, che la Pica arrivò e senza esitazione da vicino gli sparò: cinque colpi risuonarono per le strade e quattro andarono a segno. Da quella distanza non poteva sbagliare.
Il Mistretta cadde e il fratello tredicenne accanto a lui gridò disperatamente. Chiamò, invocò: “Michele!” ma non ebbe alcuna risposta. Rincorse allora l’assassina, imprecando. “Ancora con l’arma fumante, venne arrestata dai carabinieri” dicono le cronache del tempo. Era il tre aprile del 1952.
