Dal Salvator Mundi alle rappresentazioni serpottiane della chiesa di Santo Spirito. Riflessioni a margine della mostra organizzata dal FEC e dalla Soprindenza BB.CC.AA. di Agrigento.
di Gaetano Alletto
Un’interessante mostra nel cuore del centro storico di Agrigento ha offerto la possibilità di ammirare, all’interno della chiesa ad unica navata inglobata nel trecentesco complesso chiaramontano del monastero di S. Spirito, opere artistiche di scuole diverse in forma barocca. Bianche sculture a rilievo di matrice serpottiana, inglobate in quattro raffigurazioni del Nuovo Testamento (i cosiddetti “quadroni”) e nella rappresentazione trionfale della parete di fondo, si adagiano sulle originarie pareti nude di concezione cistercense. Questo racconto scorre verso il punto centrale del Trionfo sotto lo sguardo dolce e severo del viso modellato nel bianco marmo del Salvator Mundi, capolavoro attribuito a Gian Lorenzo Bernini, ultima opera realizzata nell’anno della morte dello stesso artista avvenuta nel 1680.
La mostra è stata organizzata dal FEC-Fondo Edifici di Culto del Ministero dell’Interno che gestisce gli edifici ecclesistici soppressi, quali conventi, abbazie, chiese e monasteri confiscati dallo Stato con la legge Siccardi del 1866-67. L’Ente di Stato mediante la Prefettura di Agrigento ha trasferito il busto dalla sua sede di Roma (Chiesa di San Sebastiano fuori le Mura) ad Agrigento, in collaborazione con la Regione Sicilia Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento che ha realizzato la cura scientifica, l’allestimento ed il catalogo.
All’interno della chiesa del complesso chiaramontano si sono confrontate due scuole di pensiero e d’arte, ed evidenziati i richiami e le assonanze della scuola siciliana allo stile berniniano: le figure angeliche nell’ambito della scena absidale de “L’Eterno in Gloria” sono ispirate alla figura dello stesso Serpotta di Santa Monica nella chiesa di Sant’Agostino a Palermo in cui la Santa è inserita tra cherubini e nuvole. Quest’ultima a sua volta trae ispirazione dal soggetto dell’Estasi di Santa Teresa d’Avila del Bernini nella Chiesa di Santa Maria della Vittoria a Roma, definito da Donald Garstang “il più famoso ed evidente prestito di Serpotta da Bernini…” (Giacomo Serpotta e gli stuccatori di Palermo, Palermo 1990).
Ci si chiede come, ad una distanza di circa 40 anni dalla morte del Bernini, la scuola serpottiana (la realizzazione girgentina si sviluppa dal 1709 al 1717) abbia reintepretato lo stile esplosivo e ondeggiante del barocco romano. Non si hanno notizie di viaggi di Giacomo Serpotta a Roma, eppure dai suoi manufatti risulta essere un profondo conoscitore dell’arte berniniana. Probabilmente doveva circolare molta documentazione pittorica e di rappresentazione grafica, ed intensi dovevano essere i rapporti tra le rispettive scuole d’arte.
L’arte barocca con questo apparato trionfale si innesta nell’architettura medievale agrigentina e le infonde movimento, emozione, meraviglia, introducendo nuove forme espressive nel momento storico in cui in Europa si volge lo sguardo al nascente classicismo settecentesco.
Un’arte complessa quella barocca che si completa nei cori delle voci delle badesse diffuse dal matroneo soprastante l’aula, protette dalle grate ferree alla vista dei laici. Questo intreccio di scultura e musica permane nei miei ricordi giovanili in un incontro con lo storico dell’arte Prof.Giulio Carlo Argan che condussi, assieme al senatore Raniero La Valle, proprio nella chiesa di S. Spirito in un momento di canti sacri e gregoriani da parte delle suore di clausura nell’anno 1985. “Ci sono dei momenti nella vita come questo – disse lo studioso d’arte – in cui un laico non credente possa sentire in un luogo ed in un tempo determinato una presenza divina”. Prima del suo intervento al convegno sul centro storico di Agrigento “L’acropoli e l’agorà” organizzato del Centro P.P. Pasolini nell’aula consiliare del Comune di Agrigento, mi ringraziò della visita dei luoghi chiaramontani, anche se colpito negativamente dallo sviluppo speculativo dell’Agrigento del dopoguerra, tema successivamente sviluppato nel convegno.
Sulla produzione artistica dei Serpotta, G. C. Argan, nell’ambito della riedizione del terzo volume della Storia dell’Arte Italiana (1988), definisce l’Artista “l’episodio più brillante della scultura settecentesca” e, ancora, osserva: “i personaggi del Serpotta, come gli attori del teatro, non hanno esistenza fuori della prospettiva e della luce della scena, del gesto che accennano, della frase che silenziosamente pronunciano, del costume che indossano, della parte che recitano”, ed aggiunge che è “il più felice improvvisatore della scultura del Settecento”. Serpotta “è forse il primo a mostrare di quanto le possibilità della fantasia oltrepassino quelle dell’immaginazione”.
Tralasciando i ricordi, oggi il bianco busto del Salvator Mundi, dall’alto del suo piedistallo con il rosso diaspro di Sicilia adottato per il peduccio, osserva la composizione serpottiana di S. Spirito nel suo racconto tridimensionale della “Natività” e dell’“Adorazione dei Magi” nella parete di sinistra della navata, e della “Fuga in Egitto” e “Presentazione al Tempio” nella parete di destra, culminante nel blocco ascensionale centrale che abbraccia il creato in un contesto di angeli e musicanti.
Innovazione nella continuità dello stile, nell’uso sapiente di materiale povero, lo stucco, adeguato al tipo di decorazione barocca effimera, elemento composto estremamente modellabile, anche se deperibile, e quindi destinato ad un lento ma inesorabile degrado e rovina. Sono passati oltre 300 anni ma lo stucco potenziato e debitamente “allustrato” ancora resiste ma reclama aiuto ed interventi di protezione e salvaguardia. Un intervento, quello dei Serpotta, che non incide sul tessuto urbanistico della città, non apre a nuovi spazi urbani, ma costituisce un nuovo segno in forma teatrale del racconto di fede cristiana all’interno di una chiesa medievale di opposta concezione, minimale ed essenziale nei segni.
Il richiamo iniziale alle presenti macchie d’umidità (concausa di distacchi parziali diffusi nelle sculture) offre lo spunto per riflettere sul contesto del manufatto architettonico contenitore delle opere d’arte. Si può affermare che la decadenza fisica del centro storico incide negativamente nei luoghi sacri dell’architettura trecentesca chiaramontana. Ad esempio in passato dal terrapieno del lato sinistro della navata notevoli quantità d’acqua (dovute anche a perdenze delle condotte pubbliche) si sono riversate all’interno dei muri rovinando le preziose decorazioni in stucco.
A tal proposito in un articolo dell’8 dicembre 2012 pubblicato on line su “Agrigento Ieri ed Oggi”, lo studioso Lillo Miccichè (in prosecuzione di quanto già scritto sul saggio “Girgenti… le pietre delle meraviglie Cadute”- Agrigento 2006) evidenziava la necessità di urgentissimi lavori di prosciugamento dell’umidità di risalita capillare delle mura di sottofondazione, con la conseguente opera di impermeabilizzazione dei muri esterni, in particolare quella settentrionale, con monitoraggio della rete idrica e fognante sottostanti la via Argento e la via Iacono poste a monte del lato settentrionale della chiesa al fine di impedire copiose infiltrazioni d’acqua nella muratura.
Recentemente sono stati effettuati dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento studi diagnostici sul degrado dei materiali e delle cause che hanno prodotto il fenomeno, riportando ottimi risultati sull’individuazione della composizione e dello stato fisico degli stucchi. E’ stato realizzato anche un intervento di messa in sicurezza e di restauro conservativo dell’apparato a stucco finanziato dal Ministero dell’Interno, realizzando un campionamento dei vari materiali costitutivi dell’apparato decorativo, i cosiddetti tre strati. Il primo di finitura o “allustratura” (1), il secondo composto da calce con scaglie di marmo ed il terzo da malta a base di calce con inerti vari. Sono state individuate e ripristinate dorature a foglia d’oro zecchino nascoste da scadenti imbiancature posticce, visibili nei particolari di figure angeliche e nei fregi. Viene indicato, inoltre, un preciso percorso per la completa riabilitazione delle opere d’arte mediante un progetto di studio e di restauro da sviluppare nel tempo.
Lodevole è risultata l’iniziativa del gestore del bene, il FEC, consentendo a molti visitatori (scolaresche, turisti, studiosi e semplici cittadini) di poterla contemplare (si registrano ad oggi oltre 6.000 presenze), apprezzandone contemporaneamente la continuità nella mirabile arte scultorea siciliana della scuola palermitana dei Serpotta. Interessante è il lavoro specialistico svolto dalla Soprintendenza BB.CC.AA. di Agrigento che ha curato l’allestimento, felice nel posizionamento del busto (le cui dimensioni escludono una visione ravvicinata con immersione in un’aula grande con adeguata scenografia) e nel racconto per immagini del rapporto tra i manufatti delle due scuole. Il catalogo, completo per i diversi contributi qualificati, la ricca bibliografia, l’appendice documentaria ed repertorio fotografico, è stato curato da Rita Ferlisi e Marilena Vaccaro
Si è consentito così di aprire un prezioso scrigno d’arte siciliana alla fruizione pubblica, facendo apprezzare oltre al genio romano del Bernini anche l’arte barocca matura nell’interpretazione della scuola siciliana dei Serpotta, artefice quest’ultima di mirabili opere palermitane coeve quali l’Oratorio di San Lorenzo e l’Oratorio del Rosario di Santa Cita, che presentano caratteristiche artistiche similari.
Questo esempio di collaborazione fattiva fra Enti, tra cui il Comune di Agrigento, può condurre alla definizione di un percorso scientifico con la catalogazione dei beni e delle loro caratteristiche intrinseche culturali e strutturali, mediante adeguati studi dei manufatti e dei documenti d’archivio. La confluenza di queste attività, con l’ausilio dell’Università degli Studi, potrà favorire la programmazione condivisa e qualificata di interventi finalizzati al restauro e recupero del centro storico e dei suoi monumenti.
Agrigento, 18/4/2016
Gaetano Alletto
“Allustratura” è una tecnica scultorea inventata dallo stesso Giacomo Serpotta che consiste nel trattamento della superfice scolpita con la posa di un sottile strato finale di grassello di calce, cera e polvere di marmo, da applicare alle decorazioni realizzate in stucco, levigandole con panni di lino e spatole calde. Questo trattamento conferisce allo stucco una lucentezza ed una levigatezza tipiche del marmo.
Gaetano Alletto nasce ad Agrigento il 7/5/1959. Ottiene la laurea in architettura presso l’Ateneo di Palermo nel marzo del 1983. Dopo un periodo di libera attività professionale, dal 1987 al 2004 svolge l’attività di Dirigente dell’Ufficio Tecnico del Comune di Siculiana (AG).
Dal 2005 lavora presso la Società d’Ambito GE.S.A. AG2 spa che opera nel settore dei rifiuti.
Ha collaborato con la rivista A A (Architetti Agrigento) periodico dell’Ordine degli Architetti della Provincia di Agrigento sia come redattore che come autore di saggi sui temi dell’architettura, dell’urbanistica e dell’ambiente.
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