
Dopo quasi 40 anni la chiesa di Santa Caterina di Alessandria, nel popolare quartiere del Rabato, ad Agrigento riapre per diventare un centro culturale.
Venne chiusa negli anni Settanta a seguito dei notevoli danni causati della frana del luglio del 1966. Dopo lunghi interventi di restauro viene restituita alla città grazie ad un progetto predisposto dalla Soprintendenza Beni culturali di Agrigento e finanziato con fondi europei dall’assessorato regionale siciliano.
“Si tratta di una chiesa, il cui impianto originario risale alla fine del XV secolo, posta a ridosso delle mura Chiaramontane nel quartiere del Rabato, conteneva numerose opere d’arte”, dice la sovrintendente ai beni culturali di Agrigento , Gabriella Costantino
Una mostra racconta il restauro e illustra le opere recuperate. E’ stata allestita a cura della sovrintendente Gabriella Costantino in collaborazione con la Curia arcivescovile di Agrigento.
” Restituiamo alla pubblica fruizione una chiesa di grande interesse culturale e parte del suo patrimonio storico-artistico, – aggiunge la sovrintendente Gabriella Costantino – tra cui la statua lignea di Santa Caterina d’Alessandria e le settecentesche statue in legno e cartapesta di San Spiridione e di Sant’Elia profeta, nonché frammenti scultorei medievali provenienti dalla cattedrale. L’allestimento comprende anche dei pannelli sulla storia del Rabato e delle sue trasformazioni”.

Oggi vengono esposte anche opere custodite dopo la chiusura della chiesa di Santa Caterina nei depositi del museo regionale di Agrigento, insieme ad altre opere che provengono dal convento e dalla chiesa del Carmine, demoliti all’inizio del XX secolo per realizzare il palazzo oggi detto “dei Mutilati”, in via Garibaldi.
Con la riapertura della Chiesa di Santa Caterina di Alessandria, in via Garibaldi 132, è un altro pezzo della storia religiosa del Rabato che rinasce. Una storia ricca di devozioni, leggende, tradizioni di cui la Chiesa che oggi riapre è stata parte significativa. Ed oltre che come chiesa per un certo periodo funzionò anche come presidio militare. Con decreto regio del 24 agosto 1865 si autorizzò infatti la sua “temporanea occupazione ad uso militare” su richiesta del Ministro della Guerra.
Nelle visite pastorali dei vescovi agrigentini viene descritta come semplice ma molto amata dal popolo che celebrava la festa di santa Caterina di Alessandria, il 25 novembre, con i tradizionali “vampi”, i fuochi di paglia e di legna organizzati dai giovani del quartiere. A lei si rivolgevano nel giorno della festa anche le “caterinette”, ossia giovinette in età da marito. L’arte infatti l’ha raffigurata spesso nell’atto di ricevere dalla Madonna un anello nuziale. Pertanto anche ad Agrigento la Chiesa era meta di ragazze che imploravano la grazia di convolare presto a nozze.
La presenza di una Chiesa dedicata a Santa Caterina di Alessandria nel Rabato si deve probabilmente anche al fatto che la santa era considerata la protettrice dei carrettieri e di quanti praticano arti e lavori che hanno a che fare con la ruota. Santa Caterina viene rappresentata con una ruota spezzata, che in realtà era uno strumento legato al martirio che subì. Secondo la leggenda, infatti, lo strumento di tortura che venne usato contro la santa per piegarne la volontà fu una ruota dentata, che avrebbe dovuto dilaniarla nell’intenzione dei suoi torturatori. Ma non appena la fanciulla sfiorò l’oggetto del supplizio, questo si ruppe in mille pezzi miracolosamente. Come è noto anche a Girgenti erano particolarmente numerosi ed apprezzati i maestri carrai e la tradizione vuole che erano profondamente legati alla santa che seppe dominare e avere la meglio sulla ruota.
Non pochi mastri scolpivano nei loro caratteristici carretti siciliani una icona con l’immaginetta della santa a loro cara. In occasione della festa di San Calogero quanti partecipavano alla sfilata offertoriale con i carri parati e addobbati e ricchi di doni per il santo nero, passavano prima dalla Chiesa di Santa Caterina per un saluto e una prece alla loro patrona. Adesso che la Chiesa riapre anche questa antica tradizione potrebbe rivivere.
Attualmente ospita una mostra sulla frana del luglio del 1966 ad Agrigento
Elio Di Bella