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I Chiaramonte e il monastero di Santo Spirito di Agrigento

9 Maggio 2016 //  by Elio Di Bella

monastero santo spirito
monastero santo spirito disegno di andrea carisi

di Andrea Carisi

Dal 1300 al 1400 la storia della Sicilia fu dominata dalla presenza di grandi famiglie feudatarie che mancando il potere unificante del re, e mancando una diffusa democrazia cittadina, rappresentarono l’unico autentico potere politico, fino a quando non riuscirono ad imporsi gli Spagnoli.  Tra queste famiglie la più illustre ed importante fu quella dei Chiaramonte, di origine normanna (infatti il nome deriva dal francese “Claire- Mont”), le cui origini si fanno risalire a Carlo Magno. Stabilitisi ad Agrigento, i Chiaramonte, con il matrimonio tra Federico I e la girgentina Marchisia Prefoglio,diedero i natali a tre figli (Manfredi, Giovanni, Federico II) che da Agrigento iniziarono quell’ascesa familiare che in un breve arco di tempo li portò ad essere la pi— potente delle famiglie siciliane.

Durante questo periodo comunque la famiglia dei Chiaramonte fu protagonista della storia siciliana, prima schierandosi contro i francesi, che insistevano nei loro tentativi di riconquistare l’isola, e poi capeggiando la resistenza contro i tentativi degli spagnoli per dominare in maniera assolutistica la Sicilia, fino alla rivolta contro il re. In questo modo i Chiaramonte andarono incontro al loro destino, quando Andrea, uno dei discendenti di Federico I fu catturato e decapitato a Palermo nel 1392, segnando così la fine di questa nobile ed illustre famiglia.

Dal documento originale di fondazione e donazione del partenio di santo Spirito risulta che la donatrice ne fu Marchisia Prefoglio, moglie di Federico Chiaramonte. Molti storici contemporanei hanno messo in dubbio che il documento sia stato interpretato esattamente per quanto si riferisce alla data di fondazione. Purtroppo, essendo andato distrutto l’archivio per l’incuria di chi avrebbe avuto interesse a conservarlo, la documentazione è scarsa e le lacune storiche, nel ricostruirne la vita attraverso i secoli sono numerose. Da un’antica giuliana (calendario) esistente nell’archivio del Monastero risulta con certezza che esisteva nel 1295 una comunità formata ed operante ed ilfabbricato era stato costruito o invia di ultimazione. Poichè due atti notarili stipulano la donazione ad esso di due case e la permuta di alcune fosse e di una pagliera con terreno vacante.

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marchisia prefolio in un disegno di andrea carisi

Machisia Prefoglio, la nobildonna progenitrice dei Chiaramonte in Sicilia, nacque sicuramente in Agrigento. Lo afferma Ella stessa nell’atto di fondazione del Monastero, rogato presso il notaro Giovanni di Amarea di Girgenti (come attesta lo storico Giuseppe Picone nelle sue “Memorie storiche agrigentine”). Il carattere eminentemente mistico sul concetto di povertà da Lei nobilmente espresso nel documento di fondazione del partenio di S.Spirito testimonia la sua grande pietà e la sua cultura. Si tratta di una donna di elevatissimi sentimenti. Nel tempo in cui visse, era agitatissima la questione sull’uso dei beni di questo mondo, il Consiglio Evangelico era interpretato in modi diversi, varie correnti di pensiero si erano formate ma Ella esprime il suo concetto con cristallina limpidezza e mistico ardore: la nobildonna ci appare presa dallo spirito di rinnovata vita religiosa.

Venne sposa di Federico Chiaramonte, fratello di Atanasio Patriarca Alessandrino;esiste un documento di investitura al cavaliere Crociato concesso a Federico Chiaramonte da parte del pontefice Onorio III, per avere combattuto ogni sorta di nemici della Chiesa; fu madre di tre figli: Manfredi, Giovanni I e Federico Ii. Molti storici fanno iniziare dal matrimonio di Federico a Marchisia il periodo dei Chiaramonte in Sicilia: questa unione contribuì ad assommare i beni delle due grandi famiglie si chè, da quel tempo, i Chiaramonte furono i più ricchi e potenti Signori della Sicilia feudale.

Dal silenzio che regna nella storia della famiglia Chiaramonte intorno al nome di Federico nel periodo della fondazione del Monastero, si deduce che nel 1299 Marchisia fosse già vedova; la supposizione viene confermata dal fatto che nel documento di fondazione del Monastero è inserito come mutaldo e consultore non il marito Federico ma il figlio Manfredi, che sarebbe stato il primogenito. In quel tempo esisteva una tradizione Benedettina e Cistercense in Girgenti e nel suo territorio, un Nicolò Chiaramonte, Vescovo di Tuscolo e cardinale al tempo di Onorio III, apparteneva all’ordine dei Cistercensi.; ci  spiega che la nobildonna, nel fondare il grande Monastero di vergini di Santo Spirito (come lo chiamano il Mongitore e l’Amico) chiedesse che questo andasse soggetto alle dipendenze dell’Abate del Cenobio di Casamari.

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Come Casamari, questo Monastero, era centro e focolare di cultura intellettuale. La notizia ci perviene da un documento del 1400, esistente nell’Archivio di Stato a Palermo, e cioè, che nel 1321 il Monastero di S. Spirito contava quindici monache, con a capo la “Religiosa Domina, Donna Clara, Venerabile Abbadessa”.
Dalla tradizione è risaputo poi che fino al tardo secolo XVIII, il Monastero avesse vita gloriosa e le venerabili Abbadesse appartenessero alla famiglie che, per nobiltà, primeggiavano in Sicilia.
Viene confermata dagli storici la morte di Marchisia Prefoglio in Agrigento, intorno al 1300 e si ha notizia che fu deposta in un sarcofago marmoreo nella Cattedrale. Questo luogo di sepoltura, che sembrerebbe insolito, pare che sia stato designato dalla volontà dei figli, mentre era presumibile che venisse sepolta nel Monastero da Lei fondato, dove in prosieguo di tempo vennero invece sepolte parecchie donne della famiglia dei Chiaramonte.

Si sconosce l’ubicazione della tomba, ma si può spiegare che la scelta della Cattedrale abbia tratto motivo dal fatto che il luogo era il più degno di accogliere le spoglie mortali della donna tanto pia e benefica che diede i natali alla potente famiglie dei Chiaramonte.
I maggiori monumenti edificati dai Chiaramonte ad Agrigento furono: lo Steri, il Monastero e la Chiesa di santo Spirito ed i conventi di san Domenico e di san Francesco; a Palermo invece furono: il Chiostro di san Domenico e le Chiese di Sant’Agostino, San Francesco e il convento di Badia.

In tutte queste opere si possono riscontrare riscontare i segni dell’arte chiaramontane che ebbe grande sviluppo durante il 1300.
Portali e finestre sono gli elementi con cui preferisce esprimersi questa maniera artistica. Infatti principalmente in queste costruzioni, come, anche se in parte minore, nelle opere architettoniche, si può notare in che modo lo stile chiaramontano fosse costituito da residui latini e bizantini, soluzioni tecniche e manodopere arabe, stili mormanno-svevi, influenze aragonesi e catalane, debitamente mescolate, individuabili in un particolare o in un altro, fanno del complesso monumentale, qualcosa di eclettico che, ritrova proprio in questo eclettismo l’elemento caratterizzante e unificante delle costruzioni chiaramontane in particolare, e di tutta l’architettura siciliana del 1300 in genere, sino a costituire un modello suggestivo per i secoli successivi.

La pianta basilicale latina, le nicchie arabe, le finestre goticizzanti, l’uso dell’arco e della volta arabo- normanna a struttura incrociata, l’esterno dove i vuoti delle finestre benchè frequenti ed ampi, non contraddicono l’uniformità e la maestosità dei muri esterni ma evidenziano la natura composita della comunità cittadina di allora.
Ai giorni d’oggi la facciata dell’edificio del Monastero di santo Spirito si presenta prospiciente su una quasi quadrata piazzetta e la stessa facciata è profondamente alterata con l’aggiunta del piano più alto rifatto in stile barocco così come la torretta campanaria della chiesa annessa al Monastero. Lo scempio del barocco si perpetuò sotto l’ipocrita formula della sua riutilizzazione  e del suo salvamento. Originari rimangono il portale e il rosone dell’edificio religioso.

La chiesa annessa al Monastero presenta l’interno a pianta rettangolare ad una navata. Sulle pareti, dentro quattro quadroni ed al centro di quella dietro l’altare maggiore, si stende il candido manto delle sculture in stucco di Giacomo Serpotta. Le scene raffigurano episodi del Nuovo Testamento : la Natività, l’Adorazione dei Magi, la Presentazione al Tempio, la Fuga in Egitto. Nella superficie di fondo della parete centrale è rappresentata la Gloria con il Padre Eterno, la colomba dello Spirito Santo e le figure dei Santi Bernardo e Benedetto, fondatori di Ordini conventuali secondo cui le Verità si manifestano per il divino dono dell’Estasi e a cui ci si prepara con l’umiltà e l’azione. In questi stucchi, tutti eseguiti con la tecnica dell’altorilievo, figure di putti, simbolo della vita al suo nascere, sgusciano per ogni dove, nel tripudio naturalistico delle loro carni grassocce, in una sarabanda di addobbi, panneggi e cartocci di un festoso spettacolo di gioia e ottimismo sfrenatamente infantile ma maestosamente sacro nella sua liturgia.

L’insieme della fabbrica del Monastero prospiciente il Chiostro comprende un piano terreno e due piani elevati. Al piano terreno una cappella con l’abside ricavata nello spessore del muro e bellissima volta a crociera con costoloni a sesto acuto e vele di volta in mattoni pieni posti di piatto legati con malta a rapida presa presenta, provvisoriamente al centro del vano, umartistico presepio realizzato dall’agrigentino Roberto Vanadia, che riproduce la sacra scena come se avvenisse in un quartiere della vechia Girgenti.
Sempre al piano terreno si trova l’Aula Capitolare e l’ex refettorio  con poderosi archi a sesto acuto mensolati, non originari perchè rifatti da certo mastro Calì che li data e firma 1621, come si legge nella tavoletta di pietra murata sulla parete frontale del vano rispetto il portone d’ingresso;  da un grande portale, e sempre dallo stesso prospetto si accede, per mezzo di due rampe di scale, al piano dell’ex dormitorio. Questo vastissimo vano si presenta con lo stesso ordine di archi a sesto acuto ma anche queste strutture non sono originarie perchè egualmente ricostruite.

 

 

 

Sono comunque i portali , le bifore, le monofore, gli elementi decorativi che offrono la maggiore suggestione. Il visitatore di santo Spirito può anche non conoscere nulla del Monastero e può non porsi alcun problema. certamente ne avvertirà la forza presente, in senso di fruizione ideale e di godimento estetico e questo fin dal momento della sua visione in generale. Quì “uno spirito potente pervade e impiega le strutture, eroga o trattiene le tensioni, modella le sfaccettature, imposta i costolini e gli archivolti, intaglia gli ornati, eleva le colonnine radenti, determina i piani di luce e i colori. Antiche e tradizionali maniere come gli zig-zag o denti di sega, vengono riconquistate intermini di memoria illuminante, di sunto potente presupposto al fasto di una nuova fondata coscienza delle cose, all’impiego della ricchezza” (S. Biondi)

Non c’è dubbio che le maestranze che edificarono il Monastero di Santo Spirito furono straordinari costruttori che per amore dell’arte diedero impulso ed incoraggiamento alla creazione di tante opere immortali che per munificenza e grandiosità troveremo tra quelle edificate dai grandi mecenati del nostro Rinascimento.

 

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento storia

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