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Case e popolo di Agrigento negli anni Trenta del Novecento

8 Giugno 2019 //  by Elio Di Bella

Agrigento, fino a pochi anni fa chiamata Girgenti, sorge su di un terreno collinoso, variamente accidentato, per cui vista dal basso, per esempio, dall’attuale stazione ferroviaria, appare come un presepe, alla stessa maniera di tante altre città situate sui dorsi di monti o di colli.

Le case, in generale, sono assai modeste, e sovente hanno stanzette basse, umide, buie, dove non penetra un raggio di sole; i muri sono affumicati dai grossi focolari, e le pareti portano attaccati quadri di Santi e figure di Madonne.

In taluni sottani, che possono chiamarsi vere grotte, i tetti sono fatti di travi, imbianchiti alla men peggio, ed insieme con l’uomo abitano galline, muli e somari. Nell’interno di molte casupole vi sono piccoli giardini, che offrono un po’ di luce e d’aria, e rompono la monotonia non piacevole all’igiene ed all’estetica. Spesse volte per accedervi bisogna salire, per mezzo di piccole e strette gradinate esterne, coperte da mattoni in vario colore e disegno, oppure dal tufo giallastro, che si scava nella collina, e che si screpola e si sfalda all’azione dell’acqua, del sole e del vento.

Quasi tutte le case sono sprovviste d’acqua, che la gente va ad attingere dalle pubbliche fontane con orciuoli di media grandezza chiamati « quartare», tutti a forma cilindrica oblunga, che finisce con piccola apertura, ed ha due maniche brevi verso il collo.

 

Vi sono numerose chiese, di cui tranne la Cattedrale che è un importante monumento d’arte romanica, ricco di opere d’arte, ben poche hanno bellezze di facciate e d’ornamenti. La vita che si svolge per le vie è poco movimentata; appare attiva e vivace solo nei giorni di festa, quando i contadini accorrono per le provviste dalle cittaduzze e dalle borgate circostanti.

 

Gli abitanti sono buoni, onesti, laboriosi, e si mostrano assai garbati con i forestieri. Vestono come tutti gli altri isolani; solo i vecchi contadini conservano qualche caratteristica dei tempi passati, come gli abiti di sargia nera o di velluto, le mantellette e le cappucce.

 

Qualcuno usa ancora il berretto di stoffa nera, come quello che portava Garibaldi; altri si coprono con papaline lunghe tessute in casa, che finiscono con fiocchetto, menato all’indietro; i vecchi contadini hanno gli orecchini. D’inverno portano in capo uno scialle di lana scura, col quale si coprono anche le spalle. Le cappucce son lunghi mantelli alla cui parte superiore è aggiunto un cappuccio per coprire interamente il capo.

 

 

 

 

 

Il vestito delle donne non ha nulla di particolare, se si esclude la mantellina di panno nero, residuo dei costumi arabi. Stanno quasi sempre in casa e disimpegnano tutti gli uffici domestici; sono pazienti, umili, lavoratrici e aiutano i mariti nelle diverse faccende; sono poco ciarliere cd amano l’ordine e la pulizia.

TRADIZIONI POPOLARI DI AGRIGENTO

Saverio La Sorsa
Lares
Vol. 6, No. 3 (Settembre 1935)

Categoria: Agrigento Racconta

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