Il nome Bivona certamente non è di derivazione araba; si trova per la prima volta in un documento del 1171, ma la forma più frequente fino ai primi anni del Cinquecento era Bibona. La forma Bisbona è attestata nel 1363 e nel Cinquecento fu considerata forma colta derivante da bis bona (“due volte buona“): «Bisbona quoque vulgo Bivona dicitur». In uno scritto del 1557 si affermò: «È questa terra detta Bivona, quasi Bi-bona, cioè bis-bona, per la perfezione dell’aria, essendo posta sopra altissime rupi e per l’abbondanza delle salutifere acque e fruttiferi arbori, de quali sommamente abbonda, luogo veramente più che buono e amenissimo».
Alcuni reperti archeologici hanno permesso di ipotizzare una frequentazione umana nel territorio di Bivona a partire già dall’età del rame. In base all’erronea interpretazione delle fonti antiche, in passato si era ritenuto che la città avesse origini greche e fosse da identificare con Hipponium, fondata da Gelone di Siracusa. Ugualmente priva di riscontri è un’altra ipotesi di identificazione, quella con la città ellenistica di Hippana, successivamente rinvenuta nei pressi di Prizzi.
Età medievale
La prima attestazione dell’esistenza di Bivona è del 1160, al tempo di re Ruggero II e dei suoi successori Guglielmo I e Guglielmo II. Da semplice casale abitato da popolazione musulmana, in pochi anni divenne un importante centro del Vallo di Mazara.
Divenuta signoria alla fine del XIII secolo, fu messa al sacco dalle truppe regie comandate da Francesco Ventimiglia nel 1359. Il castello di Bivona fu quindi affidato in custodia a Corrado Doria.
Bivona si sviluppò maggiormente sotto la signoria dei Chiaramonte (1363-1392) ma soprattutto sotto quella dei De Luna, protagonisti dei casi di Sciacca.
Età moderna
Nel 1554, Carlo V elevò la baronia di Bivona a ducato, sia perché il paese era uno dei più popolosi centri feudali dell’Isola e il più popoloso tra quelli di dominio della famiglia de Luna, sia per i buoni rapporti che intercorrevano tra l’imperatore e il viceré di Sicilia Juan de Vega, suocero di Pietro de Luna, primo duca bivonese e primo nobile siciliano ad acquisire il maggior titolo feudale dell’epoca.
Nei due secoli successivi il ducato passò prima alla famiglia dei Moncada (i principi di Paternò), poi a nobili famiglie spagnole che non entrarono mai negli affari locali, determinando il declino della città.
Età contemporanea
Nel 1812 in Sicilia fu abolita la feudalità e ciò favorì la rinascita, soprattutto economica, di Bivona: la cittadina agrigentina, infatti, fu designata capoluogo dell’omonimo distretto (divenuto circondario nel Regno d’Italia), uno dei ventitré in cui fu divisa l’Isola, comprendente tredici comuni.
Nel Novecento Bivona si sviluppò come centro amministrativo e culturale dell’entroterra agrigentino, essendo sede di vari uffici (sanitari e amministrativi) e scuole (soprattutto istituti superiori).
A partire dalla seconda metà del Quattrocento Bivona ebbe una crescita sia demografica che economica: ciò fu dovuto soprattutto alla presenza della comunità ebraica e ai numerosi ordini religiosi che si stabilirono nella cittadina (in particolar modo nel XVI secolo, subito dopo l’elevazione a ducato)[103].
A causa della fondazione di nuovi comuni feudali nella zona di Bivona, nel Seicento cominciò per il paese il declino demografico, fino a raggiungere un minimo di 2.000 abitanti nel 1806; in seguito si ebbe una nuova ripresa demografica.
Con l’unità d’Italia il borgo di San Ferdinando, con una cinquantina di abitanti, fu staccato da Bivona (alla quale apparteneva dal 1814) e assunse il nome di Filaga, poi divenuto frazione del comune di Prizzi. Nella seconda metà del XX secolo la popolazione riprese a diminuire in seguito al fenomeno dell’emigrazione.
Etnie e minoranze straniere
La presenza straniera a Bivona è piuttosto esigua: al 31 dicembre 2009 erano residenti 32 stranieri, pari allo 0,8% della popolazione, dato di gran lunga inferiore alla media nazionale.
Nel corso dei secoli la popolazione di Bivona è stata composta da diverse etnie: fu un pagus Saracenorum (villaggio di Saraceni, come lo definì lo storico Tommaso Fazello), quindi abitato da gente araba, che lasciò notevoli tracce sia nella toponomastica bivonese sia nel dialetto. Successivamente la popolazione del paese crebbe con la venuta dei Normanni. Il paese subì l’influenza sia delle popolazioni che dominarono in Sicilia (Angioini, Aragonesi) sia, soprattutto, dei signori (e successivamente dei duchi) che esercitarono il potere nella cittadina, quasi tutti di origini spagnole.
Alla fine del XIV secolo si stanziò nella cittadina una comunità ebraica, che diede vita alla giudecca di Bivona.
Il miracolo di Santa Rosalia
Secondo un’antica tradizione, tramandata anche da Francesco Sparacino, autore nel XVII secolo di una biografia di santa Rosalia, durante un’epidemia di peste che colpì Bivona nel 1245 (data erronea, identificabile con il 1348 o il 1375), santa Rosalia apparve sopra un sasso ad un uomo e gli ordinò di fabbricare una chiesa in quel luogo per far cessare la peste. L’uomo, come gli fu comandato dalla vergine, andò a riferirlo ad alcuni giurati, che tuttavia non dettero molto peso alle sue parole. Un anno dopo, il 28 luglio, la santa apparve ai giurati esortandoli a costruire la chiesa nel luogo in cui apparve l’anno precedente a quell’uomo. I giurati, avendo ricevuto il permesso del vescovo della diocesi, cominciarono a costruire la chiesa sopra quel sasso, e appena cominciarono a rompere la pietra suddetta e fare le mura, il morbo della peste cessò e a Bivona venne costruita la chiesa di Santa Rosalia e si diffuse il culto della santa. Grazie al suo miracolo, qualche secolo dopo santa Rosalia venne nominata patrona di Bivona.
Lingue e dialetti
Il dialetto bivonese, il cui uso si affianca a quello dell’italiano, fa parte della famiglia linguistica siciliana centro-occidentale. Alcune sue caratteristiche lo rendono simile al tipico siciliano occidentale, altre al dialetto ennese.
Il subdialetto bivonese ha subito l’influsso della lingua araba, la cui eredità è presente sia nella fonetica che nel lessico: nella fonetica, dal momento che la fricativa velare sorda h si è estesa in tante voci dialettali di origine non araba; nel lessico, dal momento che la maggior parte dei toponimi locali deriva dall’arabo, ad esempio Magazzolo, che deriva da magzil, “acque vorticose”, o xanèa (talvolta scritta anche hanèa, khanèa, hanìa o hanèia), una voce attestata solo a Bivona.
Religione
La religione maggiormente praticata a Bivona è il cattolicesimo: Bivona, che fa parte dell’arcidiocesi di Agrigento, ha conservato le proprie tradizioni religiose[114], in particolare l’antichissimo culto per santa Rosalia, la vergine palermitana che visse gran parte della sua vita sulle montagne di Bivona. I compatroni del paese sono san Francesco d’Assisi e la Madonna dell’Olio.
Probabilmente la prima religione professata a Bivona fu l’islam. Con l’espulsione musulmana dalla Sicilia, anche a Bivona si diffuse il cristianesimo, benché sia attestata nel XV secolo anche la presenza della giudecca che raccoglieva una piccola comunità ebraica, espulsa poi nel 1492[119]; la comunità, nel 1454, doveva aver superato il numero di quaranta famiglie, numero necessario per l’istituzione della sinagoga locale. Nei secoli successivi, nella cittadina si stanziarono numerosi ordini religiosi, più di una trentina, e furono edificati più di quaranta edifici sacri, evento insolito per una comunità che non superò mai gli 8.000 abitanti.
Oltre alla Chiesa cattolica, che presenta due parrocchie cittadine, è presente una comunità evangelica, fondata nel 1925 e ricostituita nel 1981.
Tradizioni e folclore
Durante l’anno, diversi eventi tradizionali e folcloristici coinvolgono la popolazione locale, tra cui:
* Madonna di l’Ogliu, Pasquetta
* Peregrinatio Mariae, mese di maggio
* Madonna di la Sprescia, 30 maggio
* Santa Rosalia, 4 settembre
* Fiera del Bestiame, settembre e ottobre
* San Francesco d’Assisi, 4 ottobre
* Li morti, 2 novembre
Nell’agosto 1998 è stato formato il gruppo folcloristico “Bivona folk”; nel luglio 2010 si è formato il gruppo folcloristico “Sikania folk”, che nel 2011 ha organizzato il primo festival internazionale del folklore “Pesca d’Oro”. Entrambi i gruppi bivonesi si esibiscono, in tipici costumi siciliani, in occasione delle feste di paese e in diversi saggi di musica tradizionale siciliana.
Istituzioni, enti e associazioni
A Bivona la presenza di uffici, servizi, scuole, edifici sacri, enti e associazioni di rilevanza provinciale e regionale confermano il ruolo di centro amministrativo dell’entroterra agrigentino che il paese ricopre da quando fu designato a capoluogo di distretto borbonico (1812). Per quanto riguarda la sanità, fin dal XVI secolo Bivona è dotata di strutture ospedaliere: nel 1540, infatti, con l’aiuto del Senato cittadino venne fondato l’Ospedale degli Incurabili, in prossimità della chiesa di San Bartolomeo. A ricordare quell’edificio rimane solo il nome della via, denominata appunto “via Ospedale”.
Nel 1936 è stato costruito un ospedale nei quartieri più alti del paese: la struttura divenne presto un tracomatosario, luogo di cura del tracoma, malattia che imperversò in Sicilia soprattutto nel secondo dopoguerra e colpì maggiormente i bambini. L’edificio ospita il Distretto Sanitario di Bivona, facente parte dell’Azienda sanitaria locale Nº 1 di Agrigento.