Il movimento contadino siciliano nell’immediato dopoguerra quando ancora gli Americani occupavano l’Isola si diede diversi alcuni obiettivi che nei primissimi mesi si cercò di realizzare soprattutto in due fasi: la prima: lotta per i granai del popolo e per l’applicazione del decreto Gullo sulla divisione del prodotto; la seconda: lotta per l’assegnazione delle terre incolte e malcoltivate. Quanto la lotta fosse dura per raggiungere queste conquiste si vide subito. Gia’ nel ’44 si hanno le prime vittime: a Regalbuto, in provincia di Enna, cadde ucciso Santi Milisenna, segretario della Federazione comunista provinciale; ad agosto venne ucciso, in provincia di Palermo, Andrea Raia, organizzatore comunista e membro del comitato di controllo dei granai del popolo; a settembre, a Villalba, nel regno del capomafia Calogero Vizzini, durante un comizio tenuto dal neosegretario regionale comunista Girolamo Li Causi, i mafiosi sparano e feriscono lo stesso Li Causi, ma certamente l’intenzione era stata di ucciderlo. Queste vittime furono in prima fila nelle lotte per garantire i nuovi diritti dei contadini stabiliti dai decreti emanati dai primi governi del dopoguerra per lenire le misere condizioni del Meridione e riguardavano soprattutto i granai del popolo, la divisione dei prodotti e delle terre.I granai del popolo furono istituiti per l’ammasso obbligato del grano per fronteggiare il fabbisogno alimentare e furono apertamente boicottati da agrari e mafiosi.Nell’ottobre del ’44 il ministro dell’Agricoltura, il comunista calabrese Fausto Gullo (al governo nazionale era la coalizione antifascista, formata da democristiani, socialisti e comunisti) emana alcuni decreti che mirano a migliorare le condizioni di vita dei contadini. I due decreti più importanti riguardano la ripartizione dei prodotti nei contratti di mezzadria e la concessione delle terre incolte e malcoltivate ai contadini associati in cooperativa.Le agitazioni per l’attuazione del decreto Gullo sulla divisione dei prodotti (il 60% ai contadini coltivatori, il 40% ai proprietari) cominciarono nell’estate del ’45. Protagonisti sono i mezzadri dei paesi delle province di Agrigento, Enna, Caltanissetta e Palermo. Sulle aie si hanno scontri e incidenti. Uomini armati intervengono per impedire la ripartizione del prodotto a 60 e 40.Mentre le lotte mezzadrili riguardarono solo alcune province, le lotte per la concessione delle terre si estesero su tutto il territorio siciliano e a migliaia i contadini furono protagonisti della stagione dell’occupazione delle terre spesso guidati da sindacalisti. Così nel anni ’45 la violenza mafiosa si fa sentire piu’ volte: cadono i sindacalisti Nunzio Passafiume, Agostino D’Alessandro, Nicolo’ Azoti, i sindaci socialisti Gaetano Guarino, Pino Camilleri, i contadini Giovanni Castiglione, Girolamo Scaccia, Giuseppe Biondo, i fratelli Giovanni, Vincenzo e Giuseppe Santangelo, Paolo Farina. E’ in questo contesto che dobbiamo collocare anche la tragica morte di Giuseppe Scalia.
Nativo di Cattolica Eraclea ( era nato in una modesta famiglia il 23 maggio 1904), finita la guerra, immediatamente si era posto con altri contadini alla testa del movimento che lottava per l’assegnazione delle terre incolte e l’attuazione della riforma agraria. La sua azione fu così convinta e coraggiosa che presto venne scelto per la carica di segretario della Camera del lavoro del suo paese. Nei mesi in cui ricoprì questo incarico crebbe la stima di tutti verso la sua persona e la sua intelligenza politica, ma ugualmente crebbe anche l’odio della mafia locale e degli agrari che cercavano di conservare i propri privilegi. Nonostante le minacce di morte e il clima di paura che dominava in quegli anni in tutte le campagne dell’agrigentino, Scalia perseverò nel suo impegno, spesso recandosi anche nei centri vicini per sostenere le lotte dei contadini di Siculiana, Montallegro, Sciacca. Alla fine di un anno che aveva consacrato interamente alla lotta per la giustizia sociale e per difendere i diritti dei contadini, il 18 novembre 1947 in una via del suo paese venne affrontato da un gruppo di mafiosi armati di lupara. Cadde in una pozza di sangue in una di quelle strade che tante volte lo avevano visto protagonista di coraggiose manifestazioni. Insieme a lui in quella circostanza si trovava il vicesindaco socialista di Cattolica Aurelio Bentivegna che rimase ferito.