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Agrigento vittime della mafia: Guarino Gaetano

3 Aprile 2015 //  by Elio Di Bella

Guarino_Gaetano_sindaco_favara
Guarino_Gaetano_sindaco_favara

Guarino Gaetano

Negli anni dell’immediato dopoguerra, a Favara, un centro agricolo al confine con Agrigento, la vita sembrava comunque riprendere con la secolare lentezza, trascinando con sé i problemi di sempre: furti, abigeati, sequestri di persona (Giglia, Vita, Fanara), occupazione delle terre, angherie varie. E’ in questo difficile contesto che maturò l’assassinio del giovane sindaco del paese Gaetano Guarino.

La sera del 14 maggio 1946 la seduta del consiglio comunale si era da poco conclusa. Guarino come sempre l’aveva seguita sin dal primo minuto e ritornava a casa piuttosto turbato per le solite questioni, liti, scontri che da tempo ormai caratterizzavano l’attività politica locale. Si trovava in corso Vittorio Emanuele con due amici e giunto all’angolo col vicolo Musica si era fermato a discutere con altre tre persone che in quell’angolo aveva incontrato.  Alle 20.30 proprio quando l’illuminazione pubblica venne spenta, un tale, approfittando dell’oscurità, si avvicinò al Guarino un individuo che forse da qualche tempo seguiva quel gruppo di persone,  ed estratta la rivoltella sparò colpendo il Sindaco alla nuca. Il poveretto stramazzò a terra, colpito a morte. Tra gli stessi accompagnatori, rimasti illesi, vi fu chi si diede immediatamente alla fuga e chi prontamente cercò di organizzare i soccorsi, anche se tutto fu vano. Nessuno di loro però seppe dare agli investigatori utili indicazioni per individuare l’assassino: o perché in quel momento davano le spalle all’assassino o perché il buio era troppo fitto. Dal giorno dopo le voci popolari che indicavano ora uno ora un altro come mandante o come sicario si rincorsero per giorni. Molti furono indiziati e per i motivi più diversi. Da Agrigento giunse il commissario Aldo Tandoj che tra l’altro innanzitutto seguì la pista politica, indagando intorno agli avversari politici di Guarino.

Ma chi era Gaetano Guarino ? nato a Favara il 16 gennaio 1902 da Salvatore e Lucia Magro, sposato (nel 1929) con Miceli Vincenza, e padre di un figlio adottivo. Dopo la prematura scomparsa del padre, era stato assunto dal Comune di Favara con la qualifica di commesso. Nel 1923 si iscrisse alla Facoltà di Farmacia a Palermo e nel 1928 conseguì la laurea . Sin da giovane aderì al partito socialista e s’impegnò soprattutto negli anni universitari nelle prime lotte politiche, che ebbero come conseguenza vari interventi della polizia. Venne anche perquisita la sua abitazione e venne più volte ammonito per infrazioni alle leggi di pubblica sicurezza. Successivamente, per necessità, a quanto sembra, si avvicinò, seppure solo formalmente, al partito fascista di Favara. Caduto il regime mussoliniano, anche a Favara si costituì il comitato di liberazione nazionale e Gaetano Guarino vi venne chiamato a far parte per rappresentare il partito socialista. Il comitato nell’autunno del 1944 doveva prendere una difficile decisione: indicare al Prefetto di Agrigento  il sindaco di Favara. La scelta cadde sul giovane farmacista Guarino. Allora la vita quotidiana dei favaresi era sostanzialmente identica a quella di tutti i poveri centri agricoli della Sicilia, appena usciti dal dramma della guerra e piombati nell’angoscia della fama e ricchi solo di speranze. A Favara operava in particolare la cosca mafiosa denominata “Cudi Chiatti”, ad essa ci si rivolgeva in  quei mesi persino per recuperare la salma di una signora che era stata sottratta  a scopo di ricatto.  Il giovane Sindaco faceva quello che poteva per lenire le tante povere famiglie in condizioni di grave bisogno e provava ad evitare che la delinquenza dilagasse. Costituì le cucine economiche e prese provvedimenti per i più poveri. Ripristinò l’illuminazione pubblica nelle principali vie del paese e prese anche seri provvedimenti per l’approvvigionamento idrico. Intervenne perché fossero aumentati i salari ai molti minatori, considerato che in quei mesi erano cresciuti il prezzo dei generi di prima necessità. Costituì una cooperativa agricola per aiutare i contadini a prendere in affitto le terre, senza la necessità di rivolgersi ad intermediari mafiosi. Ma intanto gravi dissidi turbavano la stessa giunta comunale. Gravi episodi innescarono una strategia della tensione che aveva come opposti protagonisti i democristiani e i social-comunisti. L’amministrazione locale entrò in crisi, Guarino dovette dimettersi e a Favara si resero necessarie le prime elezioni politiche comunali. In tale contesto, però, non scendevano in campo solo i partiti politici ma anche le cosche mafiose locali e i diversi baroni che con le loro potenti famiglie sostenevano importanti interessi.  Guarino era il candidato nella lista del blocco dei partiti della sinistra, che si denominava blocco del popolo e subì per tutta la campagna elettorali molte intimidazioni di chiaro sapore mafioso. Il blocco del popolo vinse quelle elezioni ottenendo la maggioranza assoluta e così Guarino riprese il comando dell’amministrazione comunale. Una delle prime delicate scelte che il nuovo sindaco dovette prendere riguardava la distribuzione regolare tra le famiglie davvero bisognose degli aiuti che arrivavano per la ricostruzione, fossero essi finanziamenti o rifornimenti dell’U.N.R.R.A., che gia cominciavano a riempire i magazzini del Comune. Pochi giorni prima dell’assassinio, proprio in tali magazzini avvenne un clamoroso furto e a Guarino, che manifestò di avere precisi sospetti, si disse chiaramente di mantenere il silenzio sulla faccenda o avrebbe dovuto temere per la vita. Ma a quanto pare Guarino era deciso a sporgere denunzia, cosa che però non poté avvenire perché venne ucciso. Per tale ragione le prime indagini sull’omicidio si volsero verso i nemici politici del giovane sindaco, che potevano trovarsi persino nella stessa maggioranza del consiglio comunale perché l’inquinamento mafioso nella vita politica di Favara era allora assolutamente trasversale. Ma anche queste considerazioni rimasero solo delle ipotesi investigative. L’omicidio di Guarino maturò certamente nell’ambito della lotta per il potere tra gruppi di potere che si servivano di pratiche criminali di stampo mafioso per condizionare l’assetto politico ed economico dell’entroterra dell’agrigentino. Favara, pertanto,  anche a causa di quell’efferato delitto si confermava, anche nei primi anni del dopoguerra, come un centro d’irradiazione del fenomeno mafioso.

elio di bella

Categoria: Attualità, Storia AgrigentoTag: agrigento vittime di mafia

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