San Nicola di Agrigento,
Nel 1219 il vescovo Urso donò alla comunità cistercense di Santa Maria di Adriano il monastero di San Nicola di Girgenti, probabilmente di epoca normanna e già ricordato in un documento del 1181, a fianco del quale i monaci iniziarono i lavori di costruzione della chiesa. Questa sarebbe sorta sulle rovine di edifici precedenti, motivo che giustificherebbe l’orientamento ovest-est, inusuale per gli edifici dell’Ordine.
La nuova colonia cistercense si mise alle dipendenze di Casamari, ma non è certo se come semplice priorato o come abbazia figlia. A sostenere quest’ultima ipotesi è il Giuliana-Alajmo, basandosi sull’atto di fondazione da lui ritrovato, mentre la maggior parte degli studiosi non cita San Nicola tra le abbazie cistercensi perché non riportata come tale dalle Tavole dell’Ordine.
Nel 1322 il complesso monastico passò ai Benedettini e quindi nel 1426 ai Francescani.
Secondo alcuni studi, alla metà del XVI secolo la chiesa sarebbe stata ricostruita in forme romaniche, quindi quella che ancora oggi si può ammirare e che è stata oggetto di un restauro alla fine degli anni ’60, sarebbe solo un’imitazione cinquecentesca che avrebbe sostituito in gran parte il monumento originario. L’edificio e gli scarsi resti del complesso abbaziale che si estendono dietro di esso fanno oggi parte del Museo Archeologico di Agrigento, annesso alla Soprintendenza.
Architettura
La chiesa di San Nicola presenta una pianta a due navate, priva di transetto, con la parte absidale a terminazione piatta. La navata centrale è composta da quattro campate, coperta da una volta a botte acuta e terminante con un jubé che si eleva fino alla copertura e che la separa dalla zona absidale. Questa parete ha, in basso, una ampia apertura centrale ad arco su massicce colonnette (che fu fatta chiudere probabilmente dai Francescani nel XV secolo) affiancata da due piedistalli e, sopra ad essa, cinque arcate cieche separate da pilastrini poligonali impostati su mensole in aggetto e una nicchia a sesto acuto contenente un altare.
L’Enlart ha visto nella presenza dello jubé una funzione di iconostasi, sulla quale porre le immagini dei santi, da attribuire all’influenza del rito greco diffuso nella regione in epoca medievale, e la Fraccaro uno stratagemma per ricavare nuovi altari, ma queste ipotesi non sembrano convincenti. Nella prima metà del XIII secolo infatti, erano ancora forti i richiami del Capitolo Generale dell’Ordine ad una semplicità decorativa quindi è improbabile che i monaci costruissero questa separazione solo per alloggiai-vi le statue dei loro protettori, inoltre, per gli altari, la chiesa poteva già contare sulle cappelle della navata destra e, forse, di quella sinistra, poi scomparsa. Sicuramente più valida l’ipotesi del Negri che vede nello jubé, riscontrabile raramente in Italia, un elemento francese con funzione di separazione tra il «quadratum populi» e la parte monastica o meglio ancora, a nostro giudizio, tra la zona dei conversi e quella dei monaci.
La navata laterale destra presenta quattro campate, coperte con volte a botte acuta disposte normalmente a quella della navata centrale (sistema già visibile in Borgogna, per esempio a Fontenay), ed ognuna di esse è divisa in due in senso longitudinale da un arco che segue la linea delle volte stesse, particolarità della chiesa di San Nicola. In tal modo si creavano due cappelle: una più esterna, l’altra che funzionava da vera e propria navatella, mettendo in comunicazione le cappelle sia tra loro, con porte ad arco acuto, sia con la navata centrale, attraverso le grandi arcate tamponate probabilmente durante il XV secolo dai Francescani. Si può anche ipotizzare che invece, proprio in seguito a quest’ultimo intervento di chiusura della navata laterale, furono aperte le porte tra le cappelle altrimenti rese inaccessibili.
Sull’esistenza, almeno in sede progettuale, della navata sinistra, di cui abbiamo accennato, si era già espresso favorevolmente l’Enlart e la Fraccaro aveva anche ipotizzato che essa fosse crollata prima dell’arrivo nel 1322 dei Benedettini, che avevano deciso di non ricostruirla. Il Negri, basandosi sull’osservazione del muro sinistro della navata centrale, che presenta archi acuti tamponati, e, probabilmente, sulle affermazioni della Fraccaro, scrive invece che la navata sinistra fu realizzata, crollò nel XIV secolo e non fu più ricostruita.
La parte presbiteriale, che si estende al di là dello jubé, è divisa in due ambienti da un arcata a sesto acuto. Il primo, che riprende i motivi decorativi a cornice presenti nella navata centrale, era voltato a crociera e forse sopra ad esso si elevava una torre campanaria quadrata, mentre il secondo, più basso, aveva copertura con volta a botte acuta.
La chiesa di San Nicola de Girgenti rappresenterebbe quindi un interessante caso di architettura borgognona arcaica (struttura della navata laterale, presenza dello jubé), applicata ad un edificio del XIII secolo, ma influenzata da caratteri artistici locali, soprattutto derivati dagli esempi classici di cui la zona è ricca. L’improbabile l’ipotesi di Enlart secondo la quale i monaci cistercensi avrebbero scelto di non applicare lo stile gotico perché inadatto a terreni con frequenti scosse telluriche.
fonte: https://www.cistercensi.info/abbazie/abbazie.php?ab=577
