Poco fuori dalla Porta Aurea e a poca distanza dalle antiche mura di Akragas, si innalza un singolare edificio eretto a scopo di cripta sepolcrale e da sempre noto sotto il nome di Tomba di Terone, tiranno di Agrigento, il quale morì nel 472 a. C. ma fu assai temuto anche dopo la morte.
Racconta infatti Polibio che il comandante cartaginese Amilcare, dopo essere sfuggito ad un attentato, durante l’assedio di Akragas, ordinò per rappresaglia di demolire tutti i sepolcri agrigentini che si trovavano fuori le mura per adoperarne i materiali nella costruzione di fortificazioni alte almeno quanto le mura agrigentine.
Ma mentre i soldati cartaginesi stavano iniziando la distruzione della tomba di Terone, il sepolcro fu colpito da un fulmine e ombre di morti uscirono vagando per tutta la notte per il campo cartaginese. Tutti ne rimasero atterriti e il comandante cartaginese annullò l’ordine, risparmiando la tomba che oggi denominiamo di Terone. Questo accadeva nel 406 a. C.
Nulla però attesta che ci troviamo di fronte al sepolcro del tiranno agrigentino e neppure una iscrizione è rimasta che ci permetta di poter dare con sicurezza un nome a questo edificio.
Sono del tutto fantasiose anche quelle interpretazioni secondo cui il monumento sia stato innalzato da un potente signore di Agrigento in onore di un suo cavallo che si era particolarmente distinto in importanti competizioni ippiche. Questa ipotesi deriverebbe piuttosto dal fatto che gli Agrigentini solevano innalzare monumenti e sepolcri oltre che a cavalli, anche ad altri animali che reputavano eccellenti.
Scrisse infatti Plinio: “Agrigentini complurium aequorum tumuli habent” (Gli Agrigentini hanno tombe per molti cavalli Plinio, St. nat. lib.8,c.45; ma anche Diodoro lib. I, c.13). Anche Virgilio fece esclamare ad Enea veleggiante nei paraggi di Agrigento: “Ardua inde Acragas ostentat maxime longa / Moenia magnanimum quondam generator aequorum” (Di poi l’alto Acragante ci mostra da lontano le mura grandiose della città, un tempo madre di generosi cavalli Eneide, lib.III, 704). Inoltre Pindaro e Strabone attestano che una razza di cavalli bellisimi veniva allevata in territorio agrigentino e quando in Cappadocia vennero a mancare dei buoni cavalli, un oracolo ordinò di acquistare gli ottimi stalloni agrigentini. Cadde in errore anche lo Schubring che indicò la tomba di Terone quale cenotafio innalzato per Timoleonte, che gli Agrigentini hanno considerato quale secondo fondatore della loro città.
Dal secolo scorso in particolare, dopo gli studi innanzitutto dello Holm, si cominciò ad affermare l’ipotesi secondo la quale si tratta di un sepolcro realizzato in epoca romana da qualche aristocratica famiglia, vissuta probabilmente durante il primo impero. Altri recenti studi lo fanno ritenere monumento innalzato da un generale romano per dare onorevole sepoltura ai 30.000 soldati romani caduti durante l’assedio del 262 a.C. alla città di Akragas. Che si tratta comunque di un monumento d’epoca romana è stato avvalorato nel nostro secolo dagli studi degli eminenti archeologi Marconi e Pace che hanno messo a confronto la tomba agrigentina con alcuni sepolcri assai simili rinvenuti in alcune zone dell’Africa settentrionale. Sarebbe inoltre di un modello abbastanza noto nell’Oriente ellenistico e che poi si è lentamente diffuso anche in occidente, in particolare durante il primo impero romano.
Questo edificio consiste in un grande zoccolo cubico, costituito da base quadrata e cornice su cui si adagia un secondo dado, terminante agli angoli da quattro colonne ioniche scannellate ed infisse nel muro, che sostengono un architrave e un fregio dorico con sei triglifi e metope. Il primo piano è senza ornamenti ed ha forma parallelepipeda; il secondo piano è di ordine ionico e i capitelli ionici sono sormontati da una cornice dorica. Vi appare quindi una mescolanza di stili.
Su ogni lato delle pareti erette tra le colonne si vede una finestra ed una specie di porta finta col suo stipite, che è più larga nella parte inferiore che nella superiore. La tomba posava su una gradinata.
E’ stato inoltre osservato che ” i particolari di questa costruzione sono molto curati; essa ha qualche analogia con la tomba di Mausolo. Le modanature del piedistallo presentano un gradevole disegno, ma la base delle colonne ed i capitelli ornati di ovali, di volute, di foglie e di palmette, sembrano appena abbozzati. Quest’apparenza grossolana doveva sparire sotto lo stucco che copriva tutto l’edificio e che probabilmente conferiva alle informi modanature sgrossate nella pietra dei contorni gradevoli e molto precisi” (Roger Lambelin).
DI ELIO DI BELLA