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Agrigento: Quel giorno con Ugo La Malfa al Circolo Empedocleo

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circolo-empedocleo-facciata
circolo-empedocleo-facciata

28 Luglio 2014 //  by Elio Di Bella

circolo-empedocleo-facciata
circolo-empedocleo-facciata

di Giuseppe Iannuzzo

Non posso fare a meno di recarmici in visita tutte le volte che ritorno ad Agrigento nella semplice speranza di trovare vecchi amici in quel salotto e rivivere momenti della vita inesorabilmente tramontati, difficilmente ripetibili.

Sto parlando di quel fascinoso salotto che vide la luce nel 1835 col nome di Casino Empedocleo e proprio nel sito che era allora il centro vitale e geometrico della città e che tale rimase sino ai primi anni del dopoguerra.

L’ultima volta, lo scorso Maggio, ero partito da Roma con un ben preciso programma solo lì realizzabile, a Girgenti al Circolo Empedocleo come venne chiamato poi nell’epoca in cui i casini furono ben altra cosa..

E del Circolo cercai il Presidente che scese dalle sale superiori ad abbracciarmi ed a lui, a Ciccio Alajmo chiesi di farmi incontrare proprio lì al Circolo le persone anziane, i “Vecchi”, dai quali attingere antiche notizie circa quello o quell’altro episodio e per sapere anche di questo e di quello e di quell’altro….
E Ciccio, con indulgenza, se non proprio col sospetto di mia giustificabile decadenza, mi richiamò a quella realtà anagrafica che se personalmente considero piuttosto che triste privilegiata, non toglie agli altri il diritto di considerarla eufemisticamente “Veneranda”.

Però mi disse con fraterno affetto che ormai i “vecchi” eravamo noi, quelli nati negli anni Venti. Aveva ogni ragione, me ne resi conto subito, anche perché io poi non sono degli anni venti e passa, ma proprio del 1920, e spesso mentre mi diverto e mi compiaccio con me stesso per essere nato nello stesso anno in cui sono nati il Papa, Alberto Sordi, Arturo Benedetti Michelangeli, e l’attuale capo dello stato Carlo Azeglio Ciampi………mi illudo che questo solo particolare anagrafico possa conferirmi attributi e meriti altrui e l’etichetta di prodotto Doc, e per giunta di buona annata, quella del 1920 appunto.

Basta illudersi, dicevo. E questo pensai in frazione infinitesima di tempo dell’ordine del “Fiat” di biblica memoria. Ma, a parte gli scherzi, nella realtà mi sentii invece deluso, quasi sconfitto e rammaricato di non aver fatto prima quelle ricerche, quando i vecchi c’erano ed io vecchio non ero ma proprio per questo allora non venivo assalito dalla magia di ciò che al passato appartiene, che spesso, almeno nei particolari minuti, va in sepoltura unitamente ai protagonisti e ai contemporanei dei protagonisti.

Avevo sempre pensato che la ricerca storica attraverso i documenti ti dà una verità fredda, non circostanziata, che è ben altra cosa della testimonianza viva, immediata, passionale, di chi i fatti li ha vissuti unitamente alle sensazioni proprie e degli altri che alla realtà dei fatti hanno attinto direttamente. E avevo altresì sempre pensato che i documenti sono adatti solo alle analisi fredde degli studiosi. Ma non è sufficiente pensarle certe cose se poi non le metti a profitto: ti rimane solo il rammarico.

Avevo voglia di parlare, e di parlare del Novecento di questo Secolo che ormai volge alla fine, che ci appartiene più di quanto non ci appartenga il 3° Millennio specialmente ora che …. .BREVE la speme e LUNGA ha la memoria il corso. Mi si perdoni la parafrasi. Poi mi consolai richiamando alla memoria quanto in altri tempi avevo letto sulla vita dello stesso Circolo e pensai anche al mio personale vissuto.

E sconsolato, seduto su quel moncone della vecchia piazza della Riconoscenza immaginai la felicità delle dame della città quando nel 1839 nel salone del circolo poterono ballare la contradanza con lo stesso re Ferdinando che della sua regale presenza aveva onorato Girgenti, ed a quell’altra volta quando nel 1861, a contesto storico completamente diverso qui nel salone del circolo i ragazzi delle scuole cittadine vennero a leggere poesie di contenuto patriottico alla presenza di Palizzolo ministro della pubblica istruzione del governo dell’Italia appena unificata, o quando in una serata di gala del Luglio 1862 fu lo stesso principe Umberto ad aprirvi le danze ed a divertirsi per più di due ore prima di ritornare a bordo del brigantino che l’attendeva ancorato appena fuori Porto Empedocle.

Poi, grazie ad altri personali ricordi vidi sfilare nel salone, ma senza successione di logica cronologia, Ugo La Malfa mentre assetato si rifocilla al bar del circolo dopo un estenuante comizio tenuto a Piazza Municipio e Carlo Levi che nel salone espone le sue opere pittoriche ma non ancora famoso perché erano ancora pochi quelli che avevano letto il suo “Cristo si è fermato ad Eboli” e Leonardo Sciascia che si intrattiene con me e col comune amico Castelluzzo dopo una dotta conferenza tenuta in quello stesso salone.

E pensai alle serate danzanti degli anni quaranta – cinquanta quando si aveva una gran voglia di recuperare ciò che la disastrosa guerra ci aveva tolto e quando le ragazze partecipavano quasi esclusivamente in presenza delle vigili e trepide madri.E poi, fattomi giudice severo feci il punto su quello che era stato fatto per la Città dai miei contemporanei durante il corso dell’intero Novecento e poiché da poco avevo ricordato Levi pensai a Cristo ancora fermo ad Eboli!

E pensai anche al pubblico denaro sprecato per la costruzione di un pressoché inutile viadotto mentre la città continua a rimanere completamente isolata e quasi irraggiungibile per l’assoluta mancanza di strutture di comunicazione degne dei tempi in cui stiamo vivendo.

fonte “Agrigentini a Roma e altrove”

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Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, agrigento racconta, circolo empedocle, ugo la malfa

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