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porto-empedocle
porto-empedocle

Agrigento porti ferrovie strade nell’inchiesta di Franchetti del 1876

2 Maggio 2015 //  by Elio Di Bella

porto-empedocle
porto-empedocle

 

Leopoldo Franchetti nella sua inchiesta, pubblicata nel 1876 con il titolo   “Condizioni politiche e amministrative della Sicilia (1876)”, fa vari riferimenti alle condizioni dei porti, delle ferrovie delle strade in provincia di Girgenti.

Ecco alcuni stralci delle sua opera su tali servizi

Sui porti della provincia di Girgenti Franchetti osserva:

“Fino dal 1865 scriveva il Possenti essere doloroso confessare come la somma destinata nei bilanci dello Stato allo spurgo dei porti siciliani fosse affatto inadeguata al bisogno largo ed urgente che vi era di siffatti lavori. E fin d’allora suggeriva che ognuno dei porti principali fosse fornito di un buon cavafondo, perchè l’operazione potesse lestamente condursi a termine. La somma destinata a questi espurghi crebbe certamente d’allora in poi; ma la condizione di fatto odierna se n’è poco avvantaggiata; può dirsi peggiorata, se si pon mente allo sviluppo di navigazione che ha reso necessario in molti porti un eguale sviluppo di profondità e di spazio. Catania, Porto Empedocle, Trapani, dove il movimento mercantile si fa ogni giorno maggiore, vedono gl’interrimenti minacciare sempre più i loro porti…

Leopoldo Franchetti
Leopoldo Franchetti

Catania e Licata, che stanno costruendosi a loro spese dei grandi porti, valutati a più di dodici milioni il primo, a più di sette il secondo. Ne sia prova Trapani, che offriva una somma di 100,000 lire, al di là della sua quota legale, per la costruzione di un bacino di carenaggio. Eppure Trapani non ha potuto ottenere ancora che una somma di lire 35,000, a spese comuni, fosse inscritta nel bilancio del 1876 pei necessari lavori di espurgo; eppure Licata, già prossima alla fine dei lavori suoi, non ha visto mantenersi dallo Stato la corrispondente promessa sua, che pel gennaio 1875 fosse aperta all’esercizio la linea ferroviaria Canicattì-Favarotta-Licata”

 Sulla situazione della rete ferroviaria in provincia di Girgenti, leggiamo:

“Fra i principali porti dell’Isola, sei hanno avuto a quest’ora il beneficio di una linea ferroviaria: Palermo, Messina, Catania, Augusta, Siracusa, Girgenti, e due, Trapani e Licata, stanno per ottenerlo. Quando i lavori saranno finiti, certo molte diffidenze si spegneranno, e una corrente più salubre d’idee e di affetti si espanderà per gli animi. Ma finora non vi sono molti disposti a giudicare con grande imparzialità la condotta e gli intenti del Governo in questa materia delle ferrovie, così facile ad esser presa per vessillo di ogni malcontento, di ogni ostile od onesta impazienza….

stazione di licata
stazione di licata

La mancanza di ogni altro movimento commerciale o industriale aveva concentrato sugli zolfi i desiderii e le speranze di tutti gli uomini d’affari in Sicilia; fuori ne seguirono l’impulso. Certo è che quasi ogni altro intento della viabilità ferroviaria fu sacrificato al proposito di aprire più numerose e più larghe ai filoni del metalloide le vie del mare. E così fu spinta senz’altro verso Lercara la prima linea che si staccò da Palermo; così fu obliata la provincia di Trapani, e furono obliate, tranne i capoluoghi, le provincie di Messina, di Siracusa, che zolfi non producevano; così fu necessario cercarsi da Lercara un passaggio per le dirupate sponde del Platani verso Girgenti e tentare l’unione col bacino solfifero di Caltanissetta traverso le mobili e fangose arene di Montedoro. Nè a tutt’oggi sono ancora cessate le illusioni che gli zolfi producono sulle menti; che anzi sta in cima a qualunque progetto di linee nuove, o di allargamento di porti, l’intento di deviare dai suoi sbocchi naturali i prodotti delle solfare e costringerlo, con artificiali e costose combinazioni di viabilità, ad imboccare altre zone e ledere, se è possibile, i diritti della geografia. Ed illusione è quella di Palermo, se crede che con qualunque accorciamento di linea possa disputare a Girgenti ed a Licata gli zolfi dei bacini centrali; illusione è quella di Siracusa, se crede che la ferrovia Siracusa-Licata potrà condurre al suo magnifico porto gli zolfi dei bacini del Salso; illusione è quella di Messina, se crede che, girando l’Etna, mediante la ferrovia nella valle del Cantara, possa attingere alle sorgenti minerarie gli zolfi di Leonforte e di Castrogiovanni e stornarli dal porto di Catania a cui sono destinati. La rete ferroviaria di un paese si tesse male, quando si ubbidisce ad una sola preoccupazione, e si vogliono forzare per essa le condizioni naturali. I guai, dissimulati da prima, si fanno strada più tardi, ma i tracciati difficilmente si possono correggere, e aumentano così gl’impacci per l’avvenire….

…Forse, quando cause così molteplici non avessero contribuito alla redazione del primitivo disegno, una rete più ampia e più razionale avrebbe potuto costruirsi, salve le ragioni del tecnicismo, e con maggiore riguardo alle zone più popolate. Forse la congiunzione di Palermo con Girgenti si sarebbe condotta per la linea interna più produttiva di Misilmeri, Corleone e Bivona, con una diramazione verso Sciacca; la congiunzione con Catania avrebbe seguita per Termini e Caltavuturo la linea che oggi chiamasi delle due Imere, e, giunta a Leonforte, avrebbe seminate le sue stazioni lungo quella schiera di grosse e fiorenti città che da Agira a Misterbianco adornano il potente fianco dell’Etna. E allora Caltanissetta, unita per Castrogiovanni alla linea PalermoCatania, avrebbe potuto diventare il centro di tre altre diramazioni, una per Girgenti, una per Licata, ed una per Piazza e Caltagirone, sopra Catania o sopra Siracusa, toccando Modica e Noto. I tronchi secondari poi, da Palermo a Trapani per Alcamo e Castellammare, da Corleone per Partanna e Castelvetrano a Mazzara ed a Marsala, da Adernò per Bronte e Randazzo a Taormina, da Messina pel Faro e Barcellona a Patti, e forse da Leonforte per Nicosia e Mistretta a Cefalù, avrebbero, coi sussidi provinciali e comunali, completata la viabilità ferroviaria dell’Isola in modo da non lasciare nessun onesto appiglio al più piccolo lagno. Si sarebbero sfondate tutte le vene interne della produzione agraria, senza trascurare gli zolfi; i quali poi, se qualche bacino speciale, come Lercara o Casteltermini, fosse rimasto senza una linea principale, vi si potevano allacciare mediante qualcuna di quelle ferrovie economiche, così agili e così utili a un tempo per gli usi e pei paesi industriali. Ad ogni modo, adottato come che sia un piano generale, sarebbe stato desiderio vivo dell’Isola che alla sua esecuzione si fosse posta molta sollecitudine. Ma questa mancò…

ponte-di-aragona
ponte-di-aragona

…Questa condizione geologica non può non essere di grande ostacolo e di grande ritardo alla costruzione delle ferrovie, dove così rigoroso essere deve lo scrupolo dell’esattezza e della solidità dei lavori. Rifare la stessa cosa due volte, impiegare ad una data opera il doppio del tempo che avrebbe potuto calcolarsi, dovettero essere gli incidenti ordinari di simili costruzioni. Fu preveduta la situazione dagli ingegneri del Governo? E una volta scopertasi, fu pari lo zelo alla difficoltà, pari l’attività all’ostacolo? L’opinione siciliana è molto propensa a non riconoscere negli ingegneri che studiarono e diressero le ferrovie questa eccellenza di qualità. A Palermo, a Girgenti ci dissero che gli ingegneri locali avevano avvertita questa speciale condizione delle terre siciliane; ci dissero altresì che questi avvertimenti non erano stati considerati, che i progetti di ferrovia erano stati redatti senza alcuna conoscenza delle località a cui si applicavano. Che qualcosa di vero in questa opinione vi sia, lo proverebbe una certa mutabilità di progetti, che in condizioni ordinarie non si saprebbe nè spiegare, nè approvare…

…Da Girgenti a Porto Empedocle si costruisce una linea per esclusivo servizio degli zolfi, ma, appena costruita, si comprende che difficilmente potrà servire all’uopo, vista la precarietà dell’esercizio ed i continui pericoli di franamento e la mancanza di materiale opportuno. Si aggiunge che i lavori del porto, approvati alcuni anni or sono e condotti innanzi con molta spesa, si sono ora verificati, dietro un’ispezione dell’egregio ingegnere Mati, affatto contrari allo scopo di sicurezza, e si devono rifare su disegni completamente diversi. E finalmente si notano, come sconci gravissimi in linea tecnica, le forti pendenze tollerate in moltissimi tronchi; pendenze del 20, del 26, del 30, fino del 33 per 1000; pendenze insomma superiori a quelle che si permettono tecnicamente nei grandi passaggi delle Alpi; e ciò, malgrado che i dati forniti ad una Commissione governativa che esaminava nel 1863 il contratto Lafitte sembrassero assicurare una media pendenza superiore in pochi casi al 10 per 1000.

miniera lucia
miniera lucia

La Giunta, in base a questi fatti, non può dunque escludere che qualche ragione abbia l’opinione pubblica siciliana nell’addossare al personale tecnico governativo parte della responsabilità pel cattivo tracciato delle ferrovie e per la lentezza della sua costruzione. E fra gli stessi attuali capi del servizio tecnico non si tacque il fatto che linee più facili e più sicure avrebbero potuto in qualche caso costruirsi; non si tacque il dubbio che le strade sicule siano state studiate piuttosto sul tavolo che sul luogo, e che la condizione di quei terreni sia stata considerata assai meno difficile del vero…

…Dell’intiera rete sicula, composta di 550 chilometri, sono dunque attualmente in esercizio 469 chilometri; rimangono a completarsi sulla linea Leonforte Licata un tronco fra Santa Caterina e Caltanissetta di chilometri 8 e il tronco fra Campobello e Licata di chilometri 29; sulla linea Palermo-Girgenti il solo tronco fra Spina e Passofonduto di chilometri 14; e finalmente la trasversale fra le due linee, che da Serradifalco dovrebbe giungere a Campofranco, per una lunghezza di chilometri 29.

Sulla linea Caldare e Montedoro, Franchetti espone le seguenti considerazioni:

“Qui veramente il ritardo cessa di trovarsi imputabile all’opera del Governo, che ha fatto e va facendo ogni sforzo perchè una comunicazione diretta fra Palermo e Catania si stabilisca. Ma è noto il lungo ed aspro dibattimento che intorno a questa linea di congiunzione insorse fra gli interessi locali. Per due anni discussero le provincie e le Camere di commercio dell’Isola se a raggiungere Campofranco si dovesse procedere direttamente da Serradifalco per Montedoro o scendere a Canicattì e di là staccare un tronco fino al quadrivio delle Caldare, alcuni chilometri al disotto di Campofranco. Palermo e Caltanissetta propugnarono accanitamente la linea di Montedoro; Girgenti, Siracusa, Catania, Messina appoggiarono la linea delle Caldare. Il Governo stette un pezzo neutrale; i suoi tecnici però non dissimulavano che le difficoltà di costruzione lungo la linea di Montedoro si mostravano assai maggiori. Finalmente, cedendo forse al desiderio di fare cosa grata alla città di Palermo, piuttosto che ad una decisa convinzione sulla opportunità tecnica di quella linea, udito il Consiglio superiore dei lavori pubblici, il Governo si decise per la linea di Montedoro e stipulava con l’appaltatore Parisi il contratto d’appalto per la somma di lire 6,874,000. Senonchè, appena posta mano ai lavori, crebbero le difficoltà, e ricominciarono le esitazioni. Per secondare le raccomandazioni tecniche unite al voto del Consiglio superiore dei lavori pubblici, furono studiati i progetti e proposte deviazioni tali che sopra 29 chilometri della lunghezza totale del tronco, soltanto tre chilometri e mezzo rimanevano invariati secondo il primitivo progetto. Dopo ciò bastò una cattiva invernata, perchè il movimento dei terreni rendesse necessarie nuove varianti anche al secondo progetto; e queste varianti si esercitarono sopra una lunghezza complessiva di oltre 13 chilometri. Malgrado ciò, l’enorme franosità dei terreni, l’insalubrità della regione, la scarsezza dei materiali, le difficoltà dei trasporti hanno potuto far dire ad un chiaro ingegnere essere quella località la negazione stessa della viabilità.

E la Commissione, composta dei signori Siben e Imperatori, che con espresso mandato visitò quella linea nell’estate del 1875 fece un rapporto assai scoraggiante sulle sue condizioni di costruzione e di esercizio. In una tabella annessa alla relazione del bilancio definitivo del Ministero dei lavori pubblici pel 1876 è accennato che le ultime constatazioni ufficiali farebbero ascendere il costo della linea di Montedoro a lire 10,000,000 più del prezzo d’appalto. Queste varianti e queste visite impedirono naturalmente i lavori; tantochè in questi due anni, in cui fu dato così forte impulso a tutta la costruzione ferroviaria dell’Isola, appena poche centinaia di migliaia di lire furono spese sulla linea appaltata al Parisi. L’opinione pubblica si preoccupò di questa situazione e cominciò a discutersi una soluzione diversa. Gl’interessi favorevoli alla linea delle Caldare ripigliarono forza; nella stessa Palermo gli uomini d’affari e le personalità più distinte rammollirono le loro resistenze; si ammise che, se le difficoltà tecniche avessero resa mal sicura la strada di Montedoro, era necessario trovare in qualche modo una congiunzione fra le due ferrovie, pur scendendo sino alle Caldare; purchè un’altra via più diretta fra Palermo e Catania si ponesse allo studio, quella per esempio, delle due Imere, che accorcierebbe di 75 chilometri la comunicazione fra le due grandi città. La questione trovasi attualmente a tal punto, ed è grave per gli interessi molti e complicati che vi si annodano. Essa comprende principalmente tre aspetti: l’aspetto commerciale, l’aspetto tecnico finanziario, l’aspetto politico. Sotto il primo aspetto, la Giunta non può non dare alla linea delle Caldare la preferenza su quella di Montedoro. Mentre questa traversa una landa incolta, dove il piccolo comune di Montedoro è quasi il solo centro di popolazione, in tutto meno di 5 mila abitanti, la linea delle Caldare passerebbe a poca distanza dalle grosse e ricche borgate di Racalmuto, Grotte, Comitini, Aragona, che sarebbero messe in comunicazione diretta con entrambi i due porti di Licata e PortoEmpedocle.

Come importanza solfifera, l’ingegnere Parodi, competentissimo nella materia, considera il bacino delle Caldare come produttore di 200 mila quintali di zolfo, quello di Montedoro di soli 30 mila, che recenti calcoli porterebbero anche fino a 50 mila. Il paragone quindi non regge. Finalmente una ricchezza ancora vergine troverebbe nella ferrovia delle Caldare il modo di manifestarsi: e sarebbero le miniere di salgemma che abbondano a Racalmuto, e che ora, pel prezzo dei trasporti, non possono offrire all’industria bastevole allettamento. Queste saline sono giudicate di tale importanza che il compianto generale Bixio, seguendo il consiglio dello stesso Parodi, aveva divisato farne la sua zavorra pei carichi di ritorno nell’India; e mentre ad esse darebbe valore mercantile la ferrovia delle Caldare, non potrebbe darne quella di Montedoro alle minori saline di Mussomeli, ancor troppo lontane dalla linea per potersene giovare. Sotto l’aspetto politico il tracciato più favorevole è quello che più rapidamente si compie. È già vivo ed aspro il malcontento destato da questo fatto, che dopo 16 anni Palermo non si trovi ancora in diretta comunicazione ferroviaria colle città orientali dell’Isola. Riesce difficile a molti l’indagare con animo scevro di passione le cause di siffatto ritardo, ed uomini eletti per intelligenza e patriottismo non sempre sanno difendersi contro ingiuste impressioni. Prolungando ancora di troppo l’epoca di questo congiungimento, possono soffrirne alcuni interessi commerciali di Palermo, ma ne soffrirà assai più lo spirito pubblico e l’indirizzo politico di quella illustre città. Palermo ha bisogno di rompere l’incanto che la tiene segregata e sovrana al di là del Platani e delle Madonie. La via del mare non le basta; bisogna che per le vie di terra, e le più rapide che si possa, si senta allacciata d’interessi, di affetti, di idee, al resto della Sicilia, al resto d’Italia, a Roma.

Dopo ciò la Giunta non crede poter discutere il terzo aspetto della questione, l’aspetto tecnico finanziario. Le mancano troppi dati, troppa competenza per pronunciarsi. Se un nuovo esame della linea delle Caldare dimostrerà che tecnicamente come finanziariamente le sue condizioni siano quali si erano dette fin qui, vale a dire un tracciato da potersi eseguire in due anni e con cinque o sei milioni di spesa, nessuna esitazione a scegliere questa linea sarà scusabile più. Se invece le delusioni tecniche si ripeteranno anche per le Caldare e si proverà che le cifre del tempo e della spesa debbano salire a livello di quelle della linea per Montedoro, il Governo sarà giustificato se persiste in questo tracciato, dal momento che non sarà nè più lungo, nè più difficile, nè più dispendioso di un altro”.

 Per le linee future Franchetti propone:

“ Quanto ad altre linee da costruirsi o da studiarsi in Sicilia, è evidente che non può impegnarsi fin da ora tutto l’avvenire, come è evidente altresì che l’attuale rete ferroviaria non basta. Se Palermo avrà la sua seconda comunicazione colla Sicilia orientale mediante le due Imere, o verso Messina mediante il litorale marittimo, qualora la costruzione del tronco Eboli-Reggio rendesse quest’ultima linea il complemento naturale della grande longitudinale tirrena, non è facile sia deciso fin d’ora. Certo, costruita la linea per le Caldare, questa seconda comunicazione diventa una questione di tempo, subordinata soltanto ad opportunità di finanza.

Nè può mettersi in dubbio che i precedenti legislativi e le necessità di commercio rendano desiderata l’esecuzione anche della linea complementare del mezzogiorno, che pure per sole opportunità di finanza potrà essere suddivisa in tronchi successivi; da Siracusa a Noto, da Noto a Modica, da Modica a Vittoria o a Licata. Le linee Messina-Patti, Termini-Cefalù, Caltagirone-Catania, per cui le rappresentanze locali hanno votato sussidi, si presentano pure con qualche diritto di preferenza; e più lontane di speranza e di attuazione, cominciano a disegnarsi le linee Giardini-Randazzo, Mazzara-Girgenti, Trapani-Castellammare. Che questi desiderii e questi progetti di nuove ferrovie debbano tutti coordinarsi colle necessità dello Stato, non è chi non veda. L’orizzonte ferroviario si suole abbracciare tutto di un guardo; ma lenti poi e lunghi scorrono gli anni necessari per attraversarlo. Illusioni ed utopie sulle conseguenze di un allacciamento ferroviario non mancano neanche in Sicilia; però non devesi dimenticare che il reddito chilometrico delle reti sicule, previsto nel 1863 di lire 10,000 o 12,000 al massimo, è già arrivato a circa 11,000, malgrado che la mancanza di congiunzione tra i due versanti, le sospensioni frequenti di esercizio e i trasbordi fra le linee interrotte rendano il movimento di scambi enormemente fiacco e inceppato.

ponti e strade di sicilia

Forse un sistema favorevole alla costruzione delle linee secondarie nella viabilità siciliana sarebbe quello delle ferrovie economiche, suggerito dall’esperienza di altri paesi, e suffragato dall’opinione di persone competenti. Giacchè il fenomeno che in Sicilia atterrisce le buone volontà, è la grande differenza che, per le condizioni sopra descritte, presenta ivi il costo chilometrico delle ferrovie in confronto delle cifre ordinarie. E questo fenomeno sarebbe in gran parte scongiurato dalle ferrovie a binario ristretto, che per la loro agilità nelle curve e pel minor peso del materiale possono più facilmente superare le difficoltà dei terreni. Il Governo avrebbe anche un altro modo di cautelarsi contro le eccessive esigenze che in fatto di ferrovie potessero assalirlo. E sarebbe di vincolare la concessione delle nuove linee alla esecuzione preventiva delle strade rotabili che per legge spettassero alle provincie. Non parliamo di quelle spettanti ai Comuni, perchè la condizione sarebbe troppo dura, e potrebbe sembrare una ripulsa palliata. Ma l’adempimento degli obblighi di legge per parte delle provincie è una condizione che lo Stato può lealmente esigere come preliminare, e sarebbe utile impulso a doppio beneficio per le popolazioni…

..Così la norma direttiva del Governo in questo argomento delle ferrovie potrebbe essere questa: classificare, secondo la varia importanza politica ed economica, le nuove linee; considerare quali fra esse abbiano a loro favore validi antecedenti; promuovere, secondo le risultanze combinate di queste indagini, quelle linee di diritto prevalente che fin d’ora contassero inoltre a proprio vantaggio il concorso più efficace dei corpi morali interessati; ben inteso che le nuove costruzioni ferroviarie non dovrebbero incominciarsi che dove fosse compiuta o resa idonea all’allacciamento arteriale della ferrovia, la rete delle strade rotabili assegnate dalle vigenti leggi allo Stato e alle provincie. Un’ultima osservazione su questa importante materia. Forse non ha giovato al prospero e rapido andamento dei lavori ferroviari nell’Isola, una soverchia concentrazione di attribuzioni tecniche presso i poteri centrali. Le approvazioni richieste e date da questi poteri ai vari progetti, le dilucidazioni chieste e raccolte, le molte ispezioni succedutesi con grande sacrificio di tempo, si è visto che non hanno impedito nè una continua mutazione di questi progetti, nè una libertà esecutiva delle società concessionarie che tornò di grave danno allo Stato. Forse un ufficio locale, composto di personale giovane, intelligente ed energico, fornito di responsabilità e di facoltà speciali per l’esecuzione dei lavori ferroviari, avrebbe potuto provvedere più sollecitamente alle varie difficoltà, ed esercitare sulle società costruttrici un’azione ed una vigilanza che certo mancò. Di siffatti organismi per lavori complessi e speciali non mancano esempi nell’amministrazione italiana; e il Governo potrà vedere se non sia tuttora conveniente di adottare pei lavori ancora da compiersi un provvedimento discentratore di tale natura, come anche lo consigliano uomini tecnici di alta e incontrastata autorità…

..Finalmente si lagna non senza ragione il ceto commerciale dell’Isola per l’insufficienza e la precarietà primordiale delle stazioni ferroviarie. Invero, nè Palermo, nè Catania, per esempio, possiedono una stazione conforme all’importanza del centro commerciale ed alla dignità del paese dove son poste. E, specialmente lungo le linee di Palermo-Girgenti e Catania-Leonforte son troppe le stazioni, quantunque provvisorie, dove non solo le persone hanno sconvenienti ricoveri, ma le merci, gli zolfi, i grani, i sommacchi, debbono accatastarsi nei sacchi a cielo aperto, subendo i danni e le diminuzioni di volume o di valore che le intemperie e l’insicurezza sovente arrecano. Una sollecita trasformazione delle stazioni provvisorie in stazioni definitive e un aumento del materiale mobile atto a servire convenientemente il movimento delle derrate non può non essere considerato dalla Giunta come un mezzo di rendere più animati gli scambi e più nudrito il reddito chilometrico…

…Vi è, per esempio, nell’Isola una città, a cui la Giunta avrebbe voluto pure condursi, ma che ci si affacciò da ogni lato inaccessibile, senza pericolo di trovarvisi poi per parecchi giorni rinchiusi. Sciacca, a cui d’inverno il mare impedisce frequentemente l’approdo, che i torrenti privi di ponti chiudono da dritta e da sinistra alle vetture, si trova ancora, dopo 16 anni di Governo liberale, non congiunta da via praticabile nè al capoluogo della sua provincia, Girgenti, nè ai capoluoghi di circondario coi quali confina, Mazzara e Bivona. Lo Stato non ha certo che una colpa indiretta in questa sgraziata condizione di cose, giacchè le linee stradali che circondano Sciacca, furono classificate come provinciali, e soltanto dopo la recente legge del 30 maggio 1875 lo Stato vi prese ingerenza. Ma che rispondere agli uomini estranei ai pubblici negozi quando vi chiedono se sia regolare o tutrice degl’interessi generali una legislazione che in 16 anni non trova modo di ottenere da cui spetta l’adempimento di uno dei più indispensabili scopi della vita civile? In verità alla domanda la risposta è ardua; giacchè tutti i criteri che si possono addurre a giustificazione delle varie necessità amministrative e delle varie autonomie che debbono coordinarsi ed armonizzare colle funzioni di uno Stato libero, si rompono contro il fatto brutale, contro l’isolamento di un grosso paese, contro un così lungo diniego di viabilità….

sciacca panorama

Il caso di Sciacca è però eccezionale fra i grossi Comuni della Sicilia; ma non pochi ancora dei Comuni minori si trovano in condizioni così meschine di viabilità, da dovere indurre la pubblica amministrazione a riesaminare seriamente il problema. Non è neanche a dire che sia stato in questi anni meschino l’impulso dato alle costruzioni stradali. Se esaminiamo le cifre, queste non ci rispondono sfavorevolmente. Infatti, secondo i dati raccolti dal Possenti, a tutto il 30 marzo 1862, erano privi di strade 244 Comuni, compresi 4 capoluoghi di circondario; e lo sviluppo della viabilità ragguagliavasi a metri 84,50 per chilometro quadrato, e metri 0,914 per abitante. Oggi, vale a dire al 31 dicembre 1875, i Comuni privi di strade sono ridotti a 102; e la viabilità si ragguaglia a metri 139 per chilometro quadrato e metri 1576 per abitante. Vediamo a chi, e in quale proporzione, si devono questi progressi”…

 Sulle strade provinciali:

“Le provincie non furono pure restìe a grandi sacrifici per la pubblica viabilità; soltanto questi sacrifizi non sempre furono opportunamente fatti e in qualche caso non servirono che a rendere più difficile il problema stradale. Questo avvenne soprattutto a Girgenti e a Caltanissetta. La provincia di Girgenti, quella appunto che non provvide finora a nessuna comunicazione coi suoi due capoluoghi di circondario, Sciacca e Bivona, contrasse fino dal 1865 prestiti onerosissimi per otto milioni; decretò di costruire con questo fondo tutte le strade comunali della provincia; largheggiò in progetti male redatti da uomini imperiti o mossi da considerazioni di piccoli interessi locali; spese fino a 500 mila lire per soli 7 chilometri di una strada comunale; seminò tronchi di strada senza concetti direttivi e senza ordine amministrativo; e si trova ora con un debito ingente, colle strade provinciali non fatte, colle strade comunali interrotte o male costrutte; col malcontento seminato in ogni ordine di cittadini per questa specie di anarchia stradale; e non senza aver lasciato qua e là il sospetto che in questa anarchia qualcuno abbia avuto il proprio tornaconto, o per lo meno che qualche amministratore della provincia abbia pensato esclusivamente ed egoisticamente agli interessi del singolo Comune dove tiene beni e dimora…

…Queste circoscrizioni, così amministrative, come giudiziarie, come anche politiche, dànno luogo a molti reclami; di cui alcuni verranno scemando man mano che la viabilità, progredendo, sani e corregga certe anormalità passeggiere e certi squilibri attuali; altri dovrebbero veramente essere soddisfatti, perchè mossi da intollerabili difetti di circoscrizione. Sciacca e Sambuca, per esempio, si trovano ora in più facili comunicazioni con Palermo che con Girgenti, e quindi il desiderio di avere la prima città anzichè la seconda per capoluogo di provincia può essere ora scusato. Non lo sarà più quando siano aperte le linee stradali in costruzione, che metteranno Sciacca e Sambuca a pochissima distanza dal capoluogo attuale…

…Ora, la Cassa del depositi e prestiti ha bensì largito ai corpi morali della Sicilia una somma di lire 13,570,000 dall’anno 1863 in poi; ma di queste una tenuissima parte può dirsi avere avuto influenza sulle costruzioni della rete stradale; la più gran somma andò a beneficio delle grandi città o delle provincie: Palermo ebbe 4 milioni, Catania quasi 3 milioni, Siracusa 2,600,000, un milione e mezzo Girgenti, un milione Caltanissetta; denari consacrati ad opere grandiose certo ed utili, come piazze, teatri, palazzi provinciali, ma che assorbirono inopportunamente ogni fondo, a danno dei piccoli Comuni e della interna viabilità dell’Isola”.

 

Categoria: Storia ComuniTag: agrigento storia

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