Quando si ricostruisce la storia, qualche volta si ricordano solo i grandi personaggi che l’hanno caratterizzata e si fa torto ai cosiddetti minori. E’ quanto spesso avviene anche per la modesta storia del Novecento della Città dei Templi.
Se dobbiamo indicare l’agrigentino più illustre nel Novecento, facilmente ricordiamo il premio Nobel per la Letteratura Luigi Pirandello. Ma certamente anche il grande scrittore agrigentino riconoscerebbe che la sua formazione culturale e umana è stata segnata dall’amicizia di altri suoi concittadini oggi meno illustri di lui, ma che hanno avuto anche il merito di avergli dato spesso buoni consigli, di averlo istruito negli anni giovanili e di averlo aiutato nei momenti difficili. Tra questi suoi grandi amici Pirandello indicherebbe soprattutto uno dei suoi compagni di scuola: Antonino De Gubernatis, il colto bibliotecario scomparso nel 1937, appassionato studioso di cultura locale, straordinario demopsicologo, che ci ha lasciato gustosissime scenette e bozzetti teatrali in dialetto ed è stato per Pirandello una fonte d’ispirazione molto importante.
don michele sclafaniPirandello non amava molto i preti, ma certamente non poteva non conoscere un grande esponente del mondo cattolico agrigentino del primo Novecento: don Michelino Sclafani. Fu uno dei fondatori del partito popolare prima e della Democrazia cristiana poi. Consigliere comunale e pro-Sindaco dal 1917 al 1920.
Fino all’avvento del fascismo fu l’arbitro della vita politica locale.
Osiamo inoltre immaginare che nel descrivere alcuni dei paesaggi della campagna agrigentina, oltre che da ciò che vedeva dalla sua casa al Caos, Pirandello si sia ispirato ai colori e alla fantasia di quelle stupende opere di Francesco Lo Iacono che un altro illustre agrigentino di questo XX secolo, Giuseppe Sinatra, acquistò con grandi sacrifici, conservò e poi donò generosamente alla sua città, arricchendo tutti noi che abbiamo potuto ammirare la bella Galleria realizzata da questo insigne benefattore.
Grande estimatore ed amico di Pirandello fu il maestro Calogero Ravenna, tra i maggiori pedagogisti ed educatori che la città abbia avuto nei nostri giorni, giornalista, conferenziere e saggista molto ascoltato dal Nobel agrigentino, che tra l’altro gli raccomandò il figlio Stefano affinchè facesse i suoi primi passi di scrittore nella rivista letteraria che Ravenna dirigeva.
Era anche agrigentina l’allieva prediletta da Pirandello: l’indimenticabile professoressa Maria Alaimo, maestra di vita di molti Agrigentini di questo secolo e validissima operatrice culturale. I suoi saggi su Pirandello sono ancora un importante punto di riferimento.
Molto affezionato al grande concittadino fu il professore Giovanni Zirretta che si adoperò per far ricostruire la casa al Caos, dove Pirandello vide la luce. Grazie al suo impegno poi la Regione Siciliana acquistò i terreni dove oggi sorge il parco pirandelliano e finalmente innuna rozza pietra della campagna agrigentina, sotto il pino solitario poterono essere conservate le ceneri dello scrittore.
In quella casa si è recato spesso, ogni volta che gli è stato possibile tornare ad Agrigento, il versatile romanziere agrigentino Giuseppe Canino, noto con lo pseudonimo di Pino d’Agrigento, che ha scritto tra l’altro un articolo intitolato Ricordi pirandelliani che descrive l’amore che gli Agrigentini di questo secolo ebbero per il loro illustre concittadino.
Elio Di Bella