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passeggio in via atenea

Agrigento Il passeggio per la via Atenea negli anni Sessanta

10 Ottobre 2014 //  by Elio Di Bella

 

passeggio in via atenea

Agrigento, agosto.
Su Agrigento città (per la quale, notavamo, sarebbe più proprio il nome non greco di Girgenti) non so riferire cose sinistre. Capita di leggere o di udirne; si è parlato di Girgenti come del « Far West d’Italia », a significare l’insicurezza della legge, il dominio della Mafia, l’incombere del delitto, la corruzione amministrativa e politica, il premere (nell’ombra) di volontà inique. L’atmosfera di Agrigento, se voglio esser sincero, non rispecchia questi drammi oscuri.

Non intendo affermare che la città sia serena: è irrequieta e arrogante. I servizi pubblici debbono considerarsi, talora, mediocri al di là del lecito. Quasi ogni sera, per esempio, l’energia elettrica manca di colpo. Ciò accade verso le nove, quando il passeggio è fittissimo per la via Atenèa: si piomba in un buio completo, che le candele non rompono. Si sta nei bar, per la strada, sulle soglie con animo incerto e, lo si ammetterà, pavido. Giunge all’orecchio un brusio soffocato, lungo quant’è lunga la strada; di tratto in tratto sorgono gridi lancinanti, come di sgozzati, e sono urli beffardi di giovani. Bisogna riconoscere che le proteste dei cittadini, di fronte al disservizio, appaiono inette. L’interruzione della corrente dura circa mezz’ora. Questa è senza dubbio una piaga; in compenso, quando c’è la luce, poche strade meritano come la via Atenèa, di notte, la fama di «sfavillante »

Non si può prescindere dalla via Atenèa, a intravedere, non dico a illuminare, i costumi di Girgenti. E’ una via stretta ma interminabile, affollata sin dal mattino. Vi si affacciano molti negozi, dei quali, si crederebbe, non esistono se non le vetrine, che sono imponenti e contrastano con gli interni, stambugi afosi. Il numero dei bar è altissimo. Le insegne pubblicitarie, un po’ dovunque, sono artigianesche, squillanti; si ricorre soprattutto, non senza fantasia, al cartone dipinto e agli striscioni di tela, cosicché la strada sembra imbandierata. Nell’insieme, via Atenèa ricorda più. poniamo, una via di Marsiglia o di Algeri che non un corso siciliano. I locali pubblici chic hanno nomi francesi o francesizzanti, quali Bonbon, Bijou, Joujou, Bomboniera.
Nessuna bottega incoraggia i turisti: è quasi sconosciuto il commercio dei souvenirs. Gli alberghi e i ristoranti, tuttavia, sono in genere soddisfacenti. C’è un museo archeologico, della cui visita si potrebbe fare a meno se non custodisse uno stupendo Efebo arcaico: gli altri tesori degli scavi di Akràgas si trovano a Londra. Uno straordinario richiamo londinese, in via Atenèa, è costituito da una banca, monumentalmente gotica, che la City potrebbe invidiare a Girgenti.

Penso che parecchi agrigentini non vadano orgogliosi di nessun loro edificio, incluso il Tempio della Concordia, come di questa banca. La fierezza, in genere, forma la dote maggiore della popolazione, una fierezza distratta. E’ notevole la loro dignità di passeggiatori: gli uomini non si voltano a guardare le donne, nemmeno le poche dorme vistose. Gli agrigentini non sono loquaci; il loro accento ha una qualche armonia. Girgenti non ha l’aspetto di un luogo particolarmente povero; i bambini sono scalzi ma non denutriti. Gli adulti, anche i borghesi e i giovani, vestono senza ostentazione vanitosa, e in questo diversi sono dai siciliani delle città, Ciò che più colpisce, in sintesi è un’impressione di autonomia.

Una luce altera
Il giudizio è difficile su varie cose: non sapreste decidere se Girgenti sia bella. Indubbiamente ha una luce sua, altera, ma non crudele: il cielo, quasi sempre azzurro, infuria solo sui templi o sul mare, dove non c’è quiete d’ombra. Ogni casa, in città, nutre steli o piccoli arbusti sui cornicioni e gli aggetti: all’alba, mentre le masse degli edifìci restano scure, avviene che queste erbe aeree si accendano, sui tetti, formando una ragnatela di luce. Lo spettacolo, guardato dall’alto di una terrazza, è soave. Poi, man mano che il chiarore procede, le impressioni pittoriche si fanno più aspre. Il raggio taglia violento le strade, improvviso agli angoli.. Vecchie vestite di nero, reggendo al mento lo scialle, recano verso le chiese mazzi di gigli bianchi: i funerali si svolgono, di regola, subito dopo l’aurora.
L’importanza della morte, o del rito mortuario, pesa su Girgenti; nei funerali plebei le casse sono portate a mano, torreggiane,

funerale tandoj

austere come sarcofaghi di un’età guerriera. Ma l’organizzazione del cordoglio si esprime con una pubblicità elaborata: « Onoranze funebri, di lusso, medie, comuni. Casse di tipo economico, medio, di lusso. Tutti gli ingredienti fotografici e burocratici. Trasporti in città e fuori municipio. Risparmio di tempo e denaro. Interpellateci»; avvisi di questo tenore imperano su Girgenti. Agenzie di pompe funebri, caffè, botteghe di barbiere fioriscono. I « saloni » conservano un aspetto ottocentesco; i parrucchieri più coscienziosi espongono cartelli sui quali è scritto: « Si vendono mignatte ». Parrebbe che anche Girgenti ospiti troppi saloni, ma il sabato sera e la domenica mattina, davanti alla porta di ciascun salone, i clienti attendono in fila il turno, silenziosi. E’ possibile che molti siciliani (specialmente gli agrigentini) non sappiano radersi; o forse stimano scarsamente dignitoso il non ricorrere al barbiere. I negozi di parrucchiere per signora, al contrario, sono assai pochi. Si chiamano ancora: «Casa della Permanente».

Seminaristi calciatori
E’ possibile che Girgenti sia città peculiarmente religiosa. Accoglie moltissime suore, il cui atteggiamento è sicuro e disinvolto, come non ho visto altrove (se non in piazza San Pietro, nella ressa, quando il Papa benedice i fedeli dal suo balcone). Le suore di Girgenti sanno concedersi, seppure con un loro riserbo, il passeggio serale per la via Atenèa, culmine dell’attività cittadina. Salutano franche i conoscenti, son salutate, si fermano brevemente a conversare. Gestiscono in proprio, come cassiere e commesse, una loro libreria cattolica, probabilmente la più fornita della città. La città possiede inoltre un seminario, a proposito del quale ci sarà lecito un fugace excursus sportivo: la squadra di calcio del seminario, composta esclusivamente da futuri preti, partecipa, ed è per lo più la prima in classifica, al campionato locale. E’ credenza comune che i seminaristi saprebbero battere la squadra maggiore della città, il cui nome è, classicamente. Akràgas. (Lessi, una volta, l’attacco di un moralista sportivo, su un rotocalco, contro l’Akràgas: il rotocalchista riteneva che la squadra si chiamasse Akragàs e deplorava il moltiplicarsi degli « abbinamenti » o « contaminazioni », cioè l’infeudarsi dello sport all’industria. Il moralismo s’im-piglia, non di rado, in tagliole di questo tipo.


Infine, un cenno alle abitudini gastronomiche degli agrigentini. Costoro sono notevolmente sobri: ad Agrigento, e solo ad Agrigento, ho mangiato una vera zuppa di lenticchie fresche, biblica, condita con qualche goccia d’olio denso, e squisita. Il peccato di gola, qui riguarda i gelati: anche le vecchiette ne sorbiscono fin di buon mattino. Gli abbienti fanno la prima colazione al caffè: essa consta di una brioche con una granita di limone. La bevanda tradizionale degli agrigentini — reclamizzata da ogni bar e onorata con il compiacimento col quale in America si venera il whisky — è il latte di mandorle, dal funesto sapore di dentifricio.
Specificherò che gli agrigentini trascurano ogni forma di folklore e che l’unico acquisto per turisti concerne certe minuscole riproduzioni del Tempio di Castore e Polluce, in sughero. La popolazione, come in tutta la Sicilia, ama gli uccelli in gabbia, preferendo i lucherini. I gatti randagi sono legione; i cani, m’è parso, assenti. La televisione, come a Siracusa, non ha prestigio. I cinema, talora, non sono chiusi da porte: vi si penetra per una tenda, in quest’aria felice, dopo essersi muniti di biglietto non alla cassa (che non esiste) ma in un prossimo bar.

di Carlo Laurenzi pubblicato sul Corriere della Sera il 7 agosto 1960 con il titolo Patemi d’animo serali alla passeggita in via Atenea

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento racconta

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