E’ storicamente accertato che insieme alla Cattedrale, San Gerlando, quando giunse ad Agrigento, chiamato dai Normanni per rievangelizzare il popolo da lungo tempo sottomesso dai musulmani, avviò anche la costruzione di un Vescovado, cioè di una dimora per il vescovo. Un documento dell’epoca, infatti, attesta che San Gerlando completò in sei anni la curia e l’episcopio.
Di quella prima costruzione oggi rimangono poche tracce, ma chiare; in particolare una finestra in stile chiaramontano accanto alla “Torre dell’orologio”.
Nei secoli seguenti l’episcopio, come la cattedrale subirono danni ingenti dovuti a catastrofi naturali ed anche ai saccheggi e agli incendi scoppiati numerosi durante le guerre tra i cristiani e le comunità arabe che ancora resistevano nel territorio agrigentino. Monsignor Rainaldo D’Acquaviva, all’inizio della sua attività pastorale ad Agrigento, tra il 1240 e il 1264, dovette ricostruire tanto la Cattedrale quanto il palazzo Vescovile che trovò in pessime condizioni.
Ma gli interventi certamente più massicci sull’episcopio furono quelli realizzati nella seconda metà del Cinquecento dal vescovo Cesare Marullo che fece costruire nuovi edifici per ingrandire il palazzo.
Il registro della Maramma riporta che all’inizio del 1600 “la casa del vescovo in molte parti minaccia rovine e che era da fare una nuova stanza per lo studio”.
Monsignor Bonincontro compì vari interventi per ripararlo e Monsignor Trahina fece costruire una cappella e ricavò dal terreno circostante un bel giardino (nell’iscrizione latina posta sul suo sepolcro leggiamo difatti che ricostruì il palazzo vescovile e vi aggiunse un ameno giardino).
Il terremoto del 1693 – che devastò la Sicilia orientale – anche ad Agrigento provocò consistenti danni e non risparmiò il palazzo del Vescovo.
Lo storico agrigentino Raimondo Gaglio, che visse nel secolo XVIII, ha scritto che Monsignor Lucchesi Palli ” appena fu posto in possesso del vescovado, scorgendo il palazzo di sua residenza scomodo per sé e per la sua famiglia, diede di un subito mano ad ingrandirlo al di fuori e di suppellettili, stanze, e tappezzeria al di dentro”. Lucchesi Palli fu Vescovo di Agrigento dal 25 luglio 1755 al 4 ottobre 1768 e alla sua morte lasciò la ricchissima biblioteca annessa al palazzo vescovile e che porta il suo nome.
Il sacerdote Antonino Lauricella, storico agrigentino della seconda metà secolo scorso, nell’opera “I Vescovi della chiesa agrigentina”, ricorda che monsignor Lucchesi Palli “fabbricò il palazzo vescovile, vasto immenso fabbricato che si estende dalla Cattedrale sino all’antica chiesa di Santa Maria dell’Itria; diciamo fabbricò perché quelle che sino allora formavano l’abitazione del vescovo erano poche stanze vicine alla Cattedrale, ora chiamate il quarto del Ciantro. Metà di esso destinò alla sua biblioteca”.
L’architetto incaricato dal Vescovo a realizzare l’opera fu molto probabilmente Pietro Paolo Scicolone da Licata, mentre i disegni erano del maestro Domenico Dolcemascolo di Sciacca. I lavori iniziarono nel 1757 e terminarono un decennio dopo.
Nel palazzo Vescovile hanno sede anche la Curia con il suo Archivio. L’intero edificio è sobrio ed elegante nelle sue linee architettoniche. Si può ammirare una serie armoniosa di balconi a ringhiera inginocchiata. Il portale d’ingresso è delimitato da due colonne che sorreggono un balcone coronato dallo stemma di Lucchesi Palli.
Nelle sale del palazzo sono state collocate alcune opere d’arte. In particolare ammiriamo una statua marmorea della Madonna di Monserrato, in stile gaginesco e molte belle tele recentemente restaurate, tra cui ricordiamo l’opera di Pompeo Buttafuco “Santi Cosma e Damiano“; una Pietà del XVI secolo di autore ignoto; le tele dell’artista agrigentino Nunzio Magro, “il Martirio di S. Erasmo” e la “Madonna col Bambino e i Santi Liborio, Lucia, Biagio, Raffaele”; gli “Angeli musicanti” di Francesco Narbone, pittore del secolo XVIII; “I sette santi Vescovi” di Francesco Sozzi (1732-1795).
Nella sala più ampia si trovano i ritratti dei Vescovi Agrigentini, molti dei quali sono stati realizzati nel Settecento da Giuseppe Cristadoro.
Gli ultimi restauri hanno ancora meglio evidenziato le diverse fasi di sviluppo dell’edificio.
DI ELIO DI BELLA