Il Municipio di Agrigento è stato ospitato nei secoli passati in varie sedi e nei documenti d’archivio figura con nomi diversi (loggia, foro, casa della città e casa comunale).
Oggi sono rimasti solo due edifici che con certezza possiamo individuare come sedi dell’amministrazione civica: l’attuale palazzo municipale (già convento dei padri domenicani) e la palazzina in stile gotico – medievale nella piazza Gallo, oggi sede della Camera di Commercio (del primo ci occupiamo nel testo in cui descriviamo la bella Chiesa di San Domenico. Qui descriviamo il secondo).
Quest’ultimo edificio è stato realizzato poco meno di un secolo e mezzo fa (tra il 1856 e il 1858) e da diverse fonti sappiamo che nello stesso largo esistevano diversi stabili che risalivano ad un periodo antecedente al secolo XVI, ma che già nella prima metà del secolo scorso erano piuttosto fatiscenti.
Fino al 1878 erano state collocate su una delle pareti di questa palazzina quattro antiche lapidi di età diversa e di un certo interesse storico; tanto che quando si decise di rimuoverle, vennero conservate nel Museo civico.
La lapide più antica era quella che era stata rinvenuta presso il tempio della Concordia e che ha dato il nome al tempio. Si tratta della lapide che illustra certe relazioni tra gli Agrigentini e i Lilibetani. La seconda era datata 1293 e accennava alla casa comunale; la terza è quella con il grande stemma con i tre giganti ed è tuttora rimasta a decorare la facciata della palazzina. Porta il famoso motto: “Signat Agrigentum mirabilis aula gigantum” e risalirebbe al 1555. La quarta lapide è del 1754 e molto probabilmente è stata danneggiata durante la rivoluzione del 1848 perché riportava i nomi di alcuni membri della famiglia reale borbonica.
L’edificio di piazza Gallo ha ospitato la sede dell’amministrazione comunale sino al 1867, anno in cui il Consiglio comunale decise di vendere lo stabile alla Camera di Commercio e con il ricavato (100.000 lire) ha avviato i lavori per la costruzione del teatro comunale. Come abbiamo già detto, il fabbricato si cominciò a costruirlo nel 1856 e prima di allora su questa area sorgevano alcune case anch’esse destinate ad uso di ufficio municipale, ma che col tempo risultarono piuttosto anguste e inadeguate oltre che poco eleganti. Ancor prima della costruzione della palazzina in stile gotico – medievale, sul frontale orientale del vecchio fabbricato vi era un piccolo campanile, piuttosto disadorno con un antico orologio detto “Il Tocco”.
Secondo alcuni studiosi si trattava di uno dei più antichi orologi presenti in Sicilia. Esso rimase collocato sul campanile sino al 1874 nella palazzina della Camera del Commercio e venne sostituito in quell’anno col nuovo ed anche le campane vennero rifatte. Sul fronte della nuova campana oggi vi è il bel motto “Concio cives divido tempus”. Probabilmente si tratta dello stesso motto che si trovava sull’antica campana e che molto opportunamente è stato riportato sulla nuova. La vecchia campana chiamava, infatti, a raccolta i cittadini e i loro rappresentanti quando si dovevano affrontare importanti discussioni sugli affari del Comune.
In quest’opera appare evidente la non comune competenza dell’architetto Salvatore Gravanti.
Le caratteristiche artistiche della palazzina sono state ben descritte dallo studioso agrigentino Biagio Alessi in un breve testo stampato, che è stato diffuso in occasione di una mostra sulla vita e le opere di Gravanti, di cui qui riportiamo alcuni brani: “Il prospetto (della palazzina) prospiciente la via Atenea è decorativamente diviso in due elementi evidenziati da una fascia marcapiano con modanature ed archetti pensili. Il primo comprendente due piani in cui sono rappresentati vistosamente cinque rosoni con semplici motivi concentrici a vortice: cornici attorcigliate con ferro battuto e vetri. Sul secondo piano, in corrispondenza dei rosoni, ricche finestre archiacute, decorate con motivi geometrici e floreali.
Il cornicione terminale, tra due cuspidi ai vertici su fasce di colonne lungo tutte e due i lati è costituito da due componenti: teoria terminale di rosoni e archetti pensili ad arco multiplo. Tutta la struttura neogotica, più che dagli elementi funzionali, si denota per le vistose decorazioni che le conferiscono particolare eleganza, e soprattutto dalle decorazioni che vi sono sul lato minore del fabbricato, posto a circa 130° sulla via Atenea. Su di esso compaiono sette aperture sempre ad arco che evidenziano i tre piani con gli stessi motivi della precedente descrizione, tra quattro lesene con cuspidi a fasce di colonne su plinti che sezionano il prospetto minore in tre parti. Nella centrale trionfa un campanile, unico elemento strutturalmente gotico, che ospita un orologio. Al centro della facciata una composita decorazione scultorea, rappresenta, tra cornici, ghirlande e ceri, lo stemma simbolo della città: i ben noti tre giganti che reggono il castello turrito. Tutta la decorazione è in pietra di Comiso.
Il portone principale, fra due portoncini ad arco acuto a raggi interi, con complesse modanature ed ornamenti floreali, è posto sul lato maggiore con ricche lesene a fasce di colonne su plinti e contrafforti a vasi con fiori. Dal portone in douglas, scolpito con rosoni ed archi, si accede all’atrio tra due opposte gradinate adiacenti il prospetto. Delle due scale con archi acuti decorati florealmente, con copertura a botte, una è a cinque rampe, l’altra ad una. Al primo piano si accede ad un vestibolo che conduce ad una sala riunione, biblioteca, dalla volta riccamente dorata con cornici dorate e stemmi ai quattro angoli e preziosi dipinti anch’essi in cornice d’oro, descriventi battaglie, paesaggi, divinità o figure simboliche.
Il pavimento, anch’esso come le scale in granito grigio, è diviso a scacchiera da fasce amaranto. Solamente il salone del primo piano è originale, mentre gli altri ambienti sono controsoffittati (intervento relativo al restauro del 1972). Al secondo piano si accede attraverso un’apertura con l’intradosso rivestito in legno. A destra si accede ad un atrio che presenta una parete interna a semicerchio con catino (1/4 di sfera), decorata a fasce concentriche. Nella sala conferenze, la volta, unica del piano originale, tutta a decorazioni geometriche e floreali policrome di un delicato celeste, rosa ed oro. Stesse decorazioni per tutte e quattro le pareti”.
DI ELIO DI BELLA