AGRIGENTO
Eccoci giunti all’antica città di Acragante , nome che i Latini convertirono in Agrigento,
ed i moderni per ulteriore corruzione in Girgenti, città molto celebre nell’antichità, e che ogni altra della Sicilia supera per i monumenti antichi, che ancora conserva. Da Tucidide apprendiamo, che quelli di Gela, che aveano avuto per fondatori Antìfemo , Rodio , ed Enimo Cretese quarantacinque anni dopo la fondazione di Siracusa, circa cento otto anni dopo, cioè verso l’anno 605 avanti l’era volgare fondarono Acragante, scegliendo per suoi fondatori Aristonoo, e Pistilo. Essi la ‘chiamarono Acragante dal fiume, presso il quale fu edificata, le diedero le leggi patrie di Gela. Ma questa colonia non tardò a divenire rivale in possanza della sua metropoli, e finì, come si disse di sopra, col distruggerla. La sua cittadella è fabbricata in luogo inespugnabile, e di accesso assai difficile e merita perciò di essere veduta.
Di tutti gli avanzi che rendono Agrigento così interessante, i templi specialmente sono ben conservati, e sebbene in rovina, pure respirano ancora la maestà primitiva.
Cominciando dal Tempio di Giove Polièo , se ne veggono gli avanzi dietro la Chiesa de’ Greci, consistenti in un pezzo di muro di pietre quadrate, al quale servono di zoccolo tre gradini di eguale struttura. Nelle sue vicinanze esistono grotte incavate nel sasso, ed acquedotti dello stesso lavoro.
Uscendo dalla porta del ponte, si trova il sito un dì occupato dall’ antico Agrigento, e seguitando la via de’ Cappuccini , si veggono a sinistra verso la estremità del declivio gli avanzi del tempio di Cerere e Proserpina, il più antico di quelli di Agrigento, poichè al dire di Plinio, mentre ivi era raccolto il popolo per le feste in onore di quella Dea, Falaride occupò la tirannide. Questo tempio non ava colonne, ed era di forma quadrata. Sulle sue rovine è stata edificata la cappella di S. Biagio. Siccome era situato sul pendio, il terreno era stato eguagliato e sostenuto con solide sostruzioni. Presso questo tempio, si veggono i residui di una delle porte di Agrigento, ma assai rovinata.
Proseguendo il cammino pel declivio, si veggono i magnifici avanzi del tempio di Giunone Licina, nel quale fu posta la famosa pittura di Zeussi, che rappresentava una donzella, per dipingere la quale avea tolta il meglio da cinque delle pili belle giovani di Agrigento, secondo che narra Plinio.
Questo edificio siede sopra un piccolo poggio, all’angolo del declive accennato; egli era di figura quadrilunga conciato di colonne doriche scanalate senza base, delle quali esiste quasi intero uno de’ lati con porzione del cornicione. Nel lato opposto ne esistono in piedi parecchie, e verso la parte orientale si veggano le sostruzioni costrette di grosse pietre quadrate per sostenere, ed appianare il terreno.
Continuando il viaggio da oriente ad occidente, si veggono scavate nel masso varie camere sepolcrali, molte delle quali s’internano sotto le antiche mura fornite pure di pietre quadrate, come si riconosce dagli avanzi esistenti.
tempio della Concordia, Girgenti, sicilia – 1833 illustrazioneCirca trecento passi distante da quello di Giunone, si osserva il magnifico tempio della Concordia, che è uno degli edificj più conservati non solo della Sicilia, ma di qualunque altro paese. Di questo non manca , che il tetto un pezzo di frontone, ed una porzione del cornicione, nel resto sono in piedi tutte le colonne, che formano il peristilio, e la cella, quantunque alcune delle colonne non tarderanno a cadere per la corrosione, alla quale sono andate soggette.
Questo edificio è di quelli nominati pseudo-dipteri, perchè non solo è fiancheggiato da ogni, parte da colonne; ma ancora di fronte, e di dietro ne ha due altre internamente, che servono dì. decorazione all’ingresso della cella, onde veduto di fronte sembra promettere un doppio ordine di colonne anche ne’ lati. La sua forma è quadrilunga avendo 185 pattini di lunghezza, e 66 di larghezza nella base; è anfiprostilo, cioè a doppia fronte, avendone una, dinanzi, e l’altra dietro nella direzione da oriente ad occidente. Il peristilio intorno alla cella è formato da sei colonne di fronte, e: tredici nei lati, contandovi le colonne di angolo.
Esse sono di ordine. dorico di sei palmi di diametro, scanalate, senza base, e composte di quattro pezzi ben connessi. La cella ha palmi, di lunghezza, e 36 di larghezza. Essa ha due ingressi principali corrispondenti ai frontoni del tempio, e decorati da due colonne, si vide di sopra lateralmente sei ingressi minori ad arco vi introducono.
L’ ingresso principale era a levante, ed ivi la cella si vede interrotta da due scale , delle quali ciascuna occupa la terza parte del vano , lasciando aperta quella di mezzo per la comunicazione nel tempio, e ciascuna ha una porta, che corrisponde nell’ atrio laterale. Tutto l’edificio posa sopra sei gradini, che molto accrescono la sua maestà; la costruzione della cella e del basamento è di grandi pietre quadrate ben. commesse , e senza calce. Quando questo tempio fosse costrutto è incerto; come altresì non è ben sicuro, che fosse, dedicato alla Concordia , non essendovi documento che la lapide votiva seguente. murata nella piazza. della città moderna
CONCORDIAE • AGRIGENTINORVM . SACRUM
RESPVBLICA . LILIBETANORVN
DEDICANTIBVS • M. ATTERIO • CANDIDO • PROC
ET_ • L . CORNELIO •MARCELLO Q • PR • P
Tuttavia, sebbene questa iscrizione non sia decisiva pel tempio essa dimostra che in Agrigento vi fosse un qualche culto della Concordia, ,onde sempre più probabile si rende l’opinione che questo tempio a quella Dea fosse eretto. D’ Orville congetturò che fosse dedicato a Cerere , ma senza miglior fondamento . Ciò che sembra più certo è che questo tempio fosse edificato o ristaurato dopo la guerra punica poiché Diodoro afferma che ad eccezione del tempio di Giove Olimpico gli altri furono tutti, o arsi,. o totalmente disfatti ne vari assalti che la città dovè sostenere.
Proseguendo il cammino si trovano molti sepolcri scavati nella pietra, e quindi si veggono a circa trecento passi, di distanza le rovine del famoso tempio di Ercole.
La magnificenza di questo tempio è dimostrata dalle rovine di colonne, e pietre di grandezza sorprendente, che ivi si veggono, e mostrano essere stato anche esso di ordine dorico, senza base, scanalate. Questo tempio stava secondo Cicerone non lungi dal Foro, ma del Foro non ne rimane traccia. Questo stesso Oratore dimostra l’attentato col quale osò Verre di volerlo privare della. statua di bronzo di quella divinità. Anche ivi si conservava una pittura di Zeussi rappresentante Alcmena, tanto pregiata dal suo autore stesso, che stimandola di là dal prezzo, che poteva riceverne amò meglio donarla agli Agrigentini che venderla, siccome Plinio racconta.
resti del tempio giove ad agrigentoNon molto lungi di qua era l’edificio Più grande e magnifico che Agrigentini facessero, cioè il tempio di Giove Olimpico,
il quale non fu mai compito per la guerra Punica sopraggiunta secondo che narra Diodoro. Questo scrittore nello stesso tempo che afferma che rimase senza tetto ne dà la descrizione più minuta. Egli asserisce che avea 340 piedi di lunghezza, 6o di larghezza, e 120 di altezza senza contare le sue fondamenta, cioè i gradini , sopra i quali si ergeva; che era il più grande de tempj dell’isola ; che le mezze colonne aveano 20 piedi dì circonferenza per metà, cioè che se fossero state intiere avrebbero avuto 40 piedi di circonferenza con scanalature così larghe, e profonde da contenere un uomo.
Verso Oriente il frontone era decorato di bassorilievi rappresentanti la potenza de’ giganti e verso Occidente, di bassorilievi rappresentanti la presa dì Troja . Il non essere stato questo edificio mai compito fu causa della sua rovina più sollecita; ma secondo il Fazello la sua intiera desolazione: data dal 1401, quando ancora esisteva parte del frontone orientale colla pugna de’ giganti, che è stata adottata per stemma dalla moderna Agrigento.
E’ di questo tempio magnifico e delle colonne smisurate: che lo sostenevano altro oggi non rimane che un monte di rovine deformate , fra le quali appena si riconosce qualche triglifo maltrattato, ed un capitello pressochè distrutto. Dagli scavi. fattivi nel 1802 si è rilevato che la sua lunghezza corrisponde alla misura. di Diodoro ma circa la larghezza vi è qualche difetto nel testo greco, onde. per maggiore precisione sottopongo qui le. misure in quella epoca prese, cioè 442 palmi di lunghezza, 228. di larghezza, e 156 di altezza. Diodoro, che di sopra citammo, afferma che l’esterno era decorato di mezze colonne di 20 piedi di. circonferenza cioè di 40 piedi di circonferenza per l’intiero, onde dee credersi che questo tempio fosse pseudo-perittero, cioè di falso peristilio , giacche non era la cella circondata da colonne, come lo prometteva l’apparenza, ma da mezze: colonne , o per’ dir meglio come da, colonne incastrate nel muro di una cella più grande, che conteneva l’altra.
Di fronte queste mezze colonne erano sei, quattordici ne’ lati , e sette di dietro, per rimpiazzare il vano della porta che era nel lato opposto.
Ogni mezza colonna ha 11 strie, le quali non giungono fino al piede della colonna ma lasciano quattro palmi e mezzo di non lavorato. Interiormente il tempio è decorato di pilastri quadrati corrispondenti alle mezze colonne esterne, meno quelle angolari che non l’ hanno; la cella è formata da 12 pilastri quadrati per parte, e questi sono uniti con piccole crepidini , o ripari capaci da impedire alla: gente che stava in quella specie di portico attorno di penetrarvi.
Retrocedendo, alquanto verso il Tempio di Ercole e, scendendo a sinistra verso il mare si trova un monumento sepolcrale volgarmente chiamato. di Terone, senza però, che vi sia un documento sicuro. Si sa che questo Terone dominò sedici anni in Agrigento, che fu amato dai cittadini e che il suo sepolcro, venne rispettato nella desolazione generale, che l’esercito Cartaginese fece de’ sepolcri attorno alla, città.
A chiunque però questo sepolcro abbia appartenuto è certo che per la sua costruzione e magnificenza merita di essere visitato. Egli è costrutto di pietre quadrate e ferma due ordini il primo è come un alto zoccolo quadrato liscio con base e cornici- di ottimo lavoro; sopra questo si erge il secondo ordine decorato di colonne scandiate attaccate negli angoli. Nel centro, di ciascuna facciata si vede l’ornato di una porta finta, e sopra ricorre il fregio ornato di triglifi, mancando affatto il cornicione. Dentro questo secondo ordine havvi una camera sepolcrale quadrata di palmi dieci senza ingresso.
Continuando il cammino verso il mare, si scoprono le rovine di un tempio creduto senza alcuna ragione di Esculapio, del quale rimane soltanto una testata. L’edificio posa sopra tre gradini e vi si vede appoggiata una casa rurale. Di là sì passa al tempio di Castore e Polluce, che giace più verso occidente. Di questo, tempio non restano che alcuni pezzi di muro, qualche parte degli scalini , che lo cingevano, e due colonne scanalate, una nell’angolo, e l’altra nel lato meridionale.
Dal tempio. di Castore andando verso il Convento di S. Nicola si osservano le rovine di parecchi acquedotti, altri, scavati nel sasso, altri costrutti. In un giardino del Signor Lo Jacono si vedono frammenti di marmo di ordine corintio appartenenti ad un bagno, del quale veggonsi le rovine in un giardino verso San Nicola.
In questo Convento si osserva una piccola fabbrica nel bosco formata, di pietre quadrate, e forse un sepolcro con porta di bella architettura, con cornice , situata fra due pilastri, che risaltano dal muro con basi e capitelli; ma il cornicione manca intieramente; questa fabbrica si appella volgarmente l’ Oratorio di Falaride.
Presso di questo edificio veggonsi indizi di altre fabbriche distrutte.
Uscendo da questo Convento, ed andando verso il mezzogiorno, si trovano due stanze a volta fabbricate di pietre quadrate, e coperte di terra, con altre. rovine incerte.
Riprendendo la via di Agrigento sì trovano, poco dopo S. Nicola nel principio della, salita, le vestigia di un antico edificio con camere ornate di mosaici; quindi verso ponente si osservano alcuni acquedotti situati nel masso; e giunto alla porta del ponte, prendendo, senza entrare in città, la via di mezzogiorno, si trovano molti sepolcri, e di là tornando per la gran valle, si entra per la parte della Chiesa di S. Stefano, dove si osserva la celebre entrata antica di Camico.
Circa la moderna città di Girgenti essa è ben lungi dallo splendore dell’ antica, e solo merita di essere citata la Cattedrale non per il tempio stesso, ma per i monumenti antichi che essa contiene , fra i quali meritano particolare menzione il sarcofago di marmo, dal quale vedesi rappresentato in bassorilievo il fatto tragico d’ Ippolito e Fedra. Nell’ archivio particolare poi di questa Cattedrale merita di essere osservato, i. vaso italo-greco, o siculogreco con pittura rappresentante secondo il P. Pacciaudi Ulisse e Tiresia. Merita pure di essere visitata la Biblioteca, pubblica del Palazzo Vescovile, nella quale si osserva non solo una raccolta di medaglie greche, romane e sicule di vario modulo e metallo, ma ancora due belle patere d’oro.
Ritornando, a Girgenti, merita dì essere osservato, prima di lasciarlo, il fiume Acragante oggi chiamato Drago
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