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AGRIGENTO NELLA PRIMA GUERRA MONDIALE

24 Maggio 2015 //  by Elio Di Bella

soldati-in-via-crispi
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Girgenti, così si chiamava Agrigento, al tempo della Grande Guerra del 1915-18, contava circa trenta mila abitanti. La città era ancora circondata dalle antiche mura chiaramontane, per cui coincideva con l’attuale centro storico.

Solo da meno di un secolo sono sorti i palazzi dei nobili lungo la via Atenea, che era ed è la strada più curata. Lo stesso viale della Vittoria, detto allora la Passeggiata col suo emiciclo Cavour, non era così ben definito e prenderà l’attuale nome dopo la vittoria italiana nel primo conflitto mondiale.

La popolazione era costituita in gran parte da braccianti e lavoranti nelle miniere, nelle cave, nelle attività artigianali. Un discreto numero di borghesi lavorava negli uffici pubblici, svolgeva la libera professione (un discreto numero era costituito da avvocati). Non mancavano preti e suore in buon numero. La popolazione scolastica era ancora scarsa. Ad Agrigento un convegno sull’analfabetismo richiamò l’attenzione dell’opinione pubblica nazionale sulle condizioni di ignoranza e di miseria morale degli agrigentini. La Corte penale di Girgenti aveva  un gran da fare in quegli, soprattutto per delitti per futili motivi.

Quando scoppiò la guerra in Europa, anche ad Agrigento ci si divise tra interventisti e neutralisti.

La voce più ascoltata era quella di don Sclafani, che diventerà dopo la guerra il capo del partito

padre sclafani in lato al centrocattolico ad Agrigento e negli anni Cinquanta persino leader della Democrazia Cristiana. Dalle colonne de “Il Cittadino”, giornale del movimento cattolico, fece sapere che la Chiesa era contraria alla Guerra, ma che i cattolici avrebbero  fatto tutto il proprio dovere se si fosse deciso di intervenire.

Neutralisti erano ad Agrigento anche i socialisti,  che   avevano avuto  un certo successo in città venti anni prima, all’epoca dei fasci siciliani, ma poi si erano spenti, a causa della repressione del governo Crispi. I socialisti ci tenevano ad esprimere la loro contrarietà  alla guerra, in sintonia con gli altri movimenti socialisti europei, ma la loro linea si riduceva  ad uno slogan: non partecipare ma non sabotare.

Più determinati ad Agrigento erano invece gli interventisti, che dopo la Guerra entreranno nel partito fascista. Tra gli interventisti numerosi i giovani, guidati da Eugenio Corsini. Ma c’erano anche diversi professionisti, come Paolo Palmisano, Vito Palermo, Calogero D’Andrea, Angelo Abisso. Non diedero vita a manifestazioni di piazza particolarmente clamorose, preferendo radunare la gente nei locali più in vista e nel teatro Regina Margherita, che prenderà poi il nome di teatro Pirandello.

Al momento della decisione italiana di partecipare alla guerra a fianco dell’Intesa, era Prefetto Francesco Gay,  sindaco   Emanuele Costa, un moderato cattolico liberale, a cui seguirà negli anni del conflitto don Sclafani.

Dopo la partenza dei primi soldati agrigentini vero il fronte, l’amministrazione comunale e quella organizzarono gli aiuti per  le famiglie dei soldati,  perché la povera gente  veniva a mancare di braccia e di sostegni assolutamente fondamentali per la sopravvivenza.

caserma crsipi

 

Si costituì un comitato di preparazione civile per garantire l’andamento dei pubblici servizi ed un comitato di mobilitazione civile per l’assistenza materiale a tali famiglie.

La moglie del Prefetto di Agrigento venne posta a capo dell’Alleanza Femminile che faceva “opera di conforto, di aiuto materiale e morale alle famiglie dei richiamati sotto le armi”. L’alleanza Femminile realizzò un asilo infantile, distribuì generi alimentari, diede sussidi alle partorenti mogli di militari, assisteva  i feriti di guerra che rientravano in città.

Nell’ospedale agrigentino venne approntato un reparto con 350 letti per curare i feriti.

L’amministrazione provinciale decise di destinare un premio di mille lire al primo mutilato della Provincia agrigentina insignito di medaglia d’oro o d’argento e 40 mila lire alle famiglie dei richiamati privi di altri sussidi governativi. Vennero organizzate cucine economiche per le famiglie bisognose.

La società civile agrigentina si mobilitò presto per raccogliere coperte, specie dopo che venne diffuso il seguente telegramma: “Nostri fratelli in trincea minacciati congelamento piedi. Urgono indumenti lana”. In una sala della Prefettura arrivava da varie famiglie e volontari tutto il necessario. Si raccoglievano anche fondi per le protesi per i feriti di guerra. Un contributo viene garantito all’istituto nazionale ciechi e mutilati di Guerra.

monsignor laguminaLa Chiesa, retta allora da monsignor Bartolomeo Lagumina, si mobilitava nel capoluogo e  in provincia attraverso tutte le parrocchie e attraverso “l’Opera dei Congressi”, un’ organizzazione para politica, molto attiva nel campo sociale.

Venne imposto presto un calmiere ai prezzi dei generi alimentari e si presero dure misure contro l’accaparramento di beni alimentari. Presto cominciarono a prosperare gli usurai e i cosiddetti “pescecani”, coloro cioè che approfittavano della Guerra per speculare   strumentalizzando il bisogno generale.

Più tardi l’amministrazione locale e la forza pubblica dovettero occuparsi anche dei disertori. In città infatti arrivavano e si nascondevano diversi soldati che avevano abbandonato il fronte o che non si presentavano alla chiamata alle armi, specie dopo la disfatta a Caporetto. Nel 1917 una circolare del Ministero della Guerra comunicava alle famiglie dei disertori che questi, presentandosi alle autorità competenti, avrebbero potuto contare su un trattamento eccezionalmente mite. Anche il vescovo di Agrigento chiedeva comprensione e clemenza per costoro.

Nel 1918 ci fu una raccolta straordinaria di fondi per aiutare i profughi di guerra e nacque  una Sezione dell’associazione combattenti con molti iscritti.

Le cronache raccontano che un manipolo di 500 giovanissimi volontari partirono nel marzo 1918 nell’organico del 5° fanteria di stanza a Girgenti.

Alle ore 15 del 4 novembre 1918 Austriaci e Italiani cessavano il fuoco. Dopo tre anni di guerra, (“inutile strage” l’aveva definita il Papa Benedetto XV) una delegazione italiana, guidata dal generale Pietro Badoglio e una austriaca guidata dal generale Victor Weber von Webenau firmavano a Villa Giusti, vicino Padova, l’armistizio. L’Italia aveva vinto.

Vinta la Guerra la città commemorò il primo dicembre 1918 al teatro Margherita i Caduti in guerra. Tutto fu ben organizzato dall’associazione dei combattenti che era nata in città il 23 gennaio del 1918. Il teatro era pieno di soldati, studenti, amministratori  e c’erano anche molte donne dell’alta borghesia e dell’aristocrazia agrigentina, che negli anni della guerra in città si erano distinte nel raccogliere fondi per le famiglie bisognose dei soldati in guerra, rimaste senza mezzi dopo la partenza dei loro cari. Avevano confezionato pacchi dono per i ragazzi che combattevano nelle trincee e avevano servito come crocerossine negli ospedali della provincia dove arrivavano i feriti. Al Margherita c’erano anche le famiglie dei numerosi caduti. Molta sensazione aveva fatto a Girgenti la fine del plotone degli studenti del Ginnasio Empdocle che erano partiti come volontari e non erano più tornati. I loro nomi vengono ricordati nella loro scuola in un lapide.

Si piansero inoltre il figlio del Barone Contarini, Rosario, aviatore, caduto il 18 agosto del 1918, pochi mesi prima dunque della fine delle ostilità.  L’agrigentino di più alto grado scomparso fu il colonnello Bartolomeo. Un elenco completo possiamo ancora leggerlo nella stele del monumento ai Caduti che si trova nella villa cittadina oggi detta Bonfiglio, ma che in origine si chiamava delle Rimembranze perché col suo solenne monumento doveva ricordare i caduti nella grande guerra. Alcuni di quei morti trovarono riposo in una cappella costruita qualche anno dopo dentro la Chiesa di San Lorenzo (Purgatorio) e solo successivamente sono stati trasferiti nel nuovo Sacrario dei caduti nel cimitero di Bonamorone.

Per ricordali   qualche anno dopo venne innalzato nella villa al Viale della Vittoria il monumento ai caduti.

monumento ai caduti agrigento

Elio Di Bella

 

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, agrigento prima guerra mondiale

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