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Agrigento, l’emporio miceneo di Cannatello

24 Aprile 2018 //  by Elio Di Bella

 Come è noto, il problema dei contatti tra Egeo e Italia, Sicilia in particolare, ha preso nei «realien» della documentazione archeologica e negli approcci teoretici un notevole sviluppo da una data divenuta miliare nella storia di questi studi, che è quella della monografia di William Taylour, Mycenaean pottery in Italy and adjacent areas, 1958, che non era solo un catalogo, ma un primo largo tentati¬vo di interpretazione dei dati.

Non passerò in rassegna né gli uni né gli altri, ma andrò dritto all’argomento, che è poi la grande novità dell’archeologia della Sicilia preellenica in questi ultimi anni, anche se alla fine tenteremo di recuperare un contesto egeo-mediterraneo del II millennio a.C. in cui collocare i nostri dati.

Il sito archeologico di Cannatello sulla costa della Sicilia centro-meridionale, e precisamente nel territorio di Agrigento, a qualche chilometro ad est della città (fig. 1), è costituito da una bassa collinetta, lambita dal corso di un esiguo torrente omonimo.

La località era entrata nella letteratura archeologica per alcuni significativi ritrovamenti avvenuti a cavallo tra il secolo scorso e il nostro.

Infatti nel 1897 Paolo Orsi e Giulio Emanuele Rizzo pubblicavano nel Bollettino di paletnologia italiana la scoperta occasionale di un gruppo di capanne preistoriche, e di otto armi in bronzo contenute in una grande olla : quattro lance, due spade, un’ascia.

Dieci anni più tardi Angelo Mosso’ in una ricerca – i cui risultati apparvero tempestivamente in forma monografica – portava alla luce i resti di un villaggio, che oggi diremmo del Medio Bronzo thap-siano.

In particolare fu individuata un’area selciata di forma circolare con diam. m 60, all’interno della quale vennero alla luce una capanna quadrangolare con buche per pali e resti di sei capanne circolari, di cui due a pianta abbinata; l’estremità sud-est di quella che a Mosso sembrò una sorta di «piazza» circolare, e che noi sospetteremmo come un grande recinto del tipo che si riscontra secondo una tradizione che va dal Bronzo Antico alla prima età del Ferro; conchiglie, corni fittili, astragali e alcune piastre circolari in terracotta suggerivano in quel punto una chiara natura votiva.

Il materiale di tale scavo – ceramica che noi oggi riconosciamo della cultura di Thapsos, e un frammento dipinto, che Mosso a quel-l’epoca riconosceva come miceneo – è andato, purtroppo, disperso, e nessuna traccia risulta nel Museo di Siracusa, dove allora affluiva tutto il materiale archeologico isolano; mentre si conservano al Museo di Agrigento, ceduti a suo tempo dal Museo di Siracusa, i bronzi rinvenuti dal Rizzo.

Lo scavo e i ritrovamenti del Mosso ebbero un’eco negli studi dei rapporti tra Sicilia ed Egeo, un’eco, tuttavia, indistinta, che abbi-sognava di prove e di riscontri, e di contesti più ampi.

Da quel lontano 1907 sono passati circa ottanta anni, perché l’at-tenzione ricadesse su quel sito così significativamente indiziato, e ciò è avvenuto allorché, ora è circa un lustro, la Soprintendenza di Agrigento riprendeva la ricerca2, non senza serie difficoltà ambien¬tali, perché nel frattempo le trasformazioni agricole e l’invadenza edilizia avevano alterato i luoghi e frapposto non pochi ostacoli alla stessa localizzazione del sito archeologico.

I risultati della nuova ricerca sono notevoli. È stato messo in luce un settore del villaggio delimitato a nord, ad ovest e a sud da kin robusto muro, spesso m 0,70, ad andamento rettilineo segmentato, che delimita un’area, di cui rimane da mettere in luce tutta la parte orientale (fig. 2).

Si accede all’area, così delimitata, da sud, attraverso un ingresso protetto «a forcipe »; e l’area risulta occupata da capanne circolari e quadrangolari.

La capanna circolare 2 con ingresso «a dromos» ha un diametro interno di m 7,50, si conserva in elevato per 1-2 filari, e presenta tracce di due successivi piani di calpestio. Tangente ad est è la capanna rettangolare 3 (m 4,10 x 5,40) con appendice retrostante sul lato ovest; il vano 4, stretto e allungato, è ricavato nello spazio di risulta tra la capanna 2 e il muro di recinzione. Tale muro di cinta comprende, pertanto, le capanne 2, 3, 4, 6, mentre restano fuori le strutture 1 e 5. La capanna 1, rettangolare (m 2,20 x 3,30), presenta l’appendice posteriore, sorta di spazio di deposito, come la capanna 3; l’accesso è sul lato meridionale, e lo spazio antistante presenta un battuto di ghiaia finissima, che potrebbe far pensare ad un portichetto esterno; sul lato occidentale si conserva un lembo di pavimentazione ad acciottolato; a contatto con il suolo vergine, è, poco distante dall’ingresso, una struttura piena circolare, sorta di piatta-forma di lavorazione. Rimane fuori dal recinto la «capanna» 5; circolare, del diam. interno di m 5,30; essa viene in parte a sovrapporsi al muro di recinzione medesimo, verso la cui area interna, tuttavia, si apre.

Tra i tratti nord ed ovest del muro di recinzione è la capanna circolare 2; l’ampio spazio risulta pavimentato con un battuto di terra e ciottoli.

È da osservare che la tecnica costruttiva per tutte le strutture è simile a quella documentata a Thapsos, in quanto presenta due paramenti di pietre irregolari con riempimento di pietrelle e ciottoli (Tav. I); non mancano rinforzi all’angolo con blocco arrotondato.

I materiali raccolti contano ovviamente abbondantissima cera-mica indigena, di cui, data la situazione in parte sconvolta dello strato archeologico, un esame preliminare può farsi per adesso solo su basi tipologiche. Si tratta di vasi della cultura di Thapsos con una apprezzabile varietà di forme, tra le quali prevalgono le forme aperte, rappresentate soprattutto da coppe e bacini a fondo piano o su piede, con decorazione di nervature a rilievo (fig. 4), mentre si riscontra rara la decorazione incisa. Tra le forme chiuse sono attestate pissidi e ollette a corpo globulare, e tra i materiali da fuoco e da cucina frammenti di alari e di vaso colatoio.

L’industria litica è rappresentata da numerose schegge di selce, qualche frammento di ossidiana, e una piccola ascia votiva in quarzite; numerosi sono i ciottoli con funzione di pestello e le macine; non mancano strumenti in osso, corni e fuseruole fittili (fig. 5).Ma la grande novità dell’insediamento Medio-Bronzo di Cannatello è la circostanza che, contestualizzata alla ceramica indigena della cultura di Thapsos, è stata rinvenuta quantità di ceramica micenea : ed è tale aspetto che caratterizza l’insediamento di Cannatello rispetto a quello già noto di Thapsos nella Sicilia sud-orientale, dove nessun frammento miceneo ricorre nell’area dell’abitato, provenendo i vasi micenei solo dalla necropoli 3.

Vale la pena, a questo punto, presentare rapidamente la ceramica micenea rinvenuta nel villaggio di Cannatello.

Cominciamo con il dire che si riscontra una assoluta prevalenza delle forme chiuse, essendo possibile riconoscere solo otto forme aperte su un totale di oltre una cinquantina di frammenti4.

Tra le forme chiuse si segnalano l’anfora a staffa FT 164 con il motivo del polipo a doppi tentacoli verticali (FM 21, 5/7) con le due volute a spirali sopra la testa, che appaiono nel Mic. III A (Tav. IV, 1); ad altra anfora di misura inferiore con analogo motivo del polipo si riferisce il fr. 43 (Tav. IV, 2). Anfore con motivo a bande sono frequenti (Tav. V, 1), e sono ri-chiamate da vari frammenti : n. 68, 26 (FT 59; FM 76,3); n. 15, 2, 3, 5, 38, 14.

Ad anfora o brocca con linee ondulate tra bande riporta il fr. n. 19 (Tav. VII, 5); ad anfora con bande a spirali (FM 49,7) riportano i fr. 35 e 61. Due anforette a staffa sono particolarmente rilevabili : l’una (n. 23; FT 180) è decorata con un motivo a bande, linee e cerchietti contrapposti (FM 42,6) del Mic. III B (Tav. V, 2 e VII, 2); l’al¬tra, ricomponibile da più frammenti (n. 73), con motivo decorativo a «chevrons» sulla spalla (FM 58, 15/17), «wavy border» sotto la spalla (FM 65,9) del Mic. III A2-B (Tav. V, 3). Di brocca con collo interamente verniciato in nero potrebbe essere il fr. n. 30. Ad alabas-tron bandato si riferiscono due frammenti (n. 29 e 123; FT 94; Montjoy 84,3) del Mic. III A-B.

Forme chiuse non identificabili sono i frammenti con motivo a triangolo reticolato (FM 61/7) (Tav. VII, 3).

Dei vasi a forma aperta si segnala il fr. n. 24 appartenente ad un cratere con motivo di pannello a triglifo («trigliphborder»), FM 42,9, del Mic. III B, in composizione con motivo curvilineo e bordo con gocce (Tav. VI, 1), che sembra aver riscontro frequente a Cipro (En-komi II 35,806; Enkomi III A, 70,11) nel liv. III A del T.C. III A – fine XIII sec. a.C. Si segnala ancora il piccolo bacino decorato a bande (Montjoy 164,2) del Mic. III B.

Per le coppe si hanno due esemplari, l’uno (n. 66) del tipo FT 220 e Montjoy 164,2 con decorazione a pannello di triglifo bordato di archetti o dentato (Montjoy 98,5) e «anemone di mare» sull’orlo (FM 27,25) del Mic. III B (Tav. VI, 2), e all’interno della vasca pannelli di tremoli (FM 75) con altro motivo in cui sembrerebbe dover indovinare un giuoco di linee con spirali, simile a quello che decora il fondo di una coppa della tomba 66 di Enkomi.

L’altra coppa n. 44 è decorata ad onde slegate (FM 48,5) del Mic. III (Tav. VI, 3).

Rare le kylikes, documentate da due frammenti di base con il motivo delle fasce concentriche (Tav. VII, 4).

Per poter meglio comprendere la presenza di ceramiche mice¬nee nel contesto del villaggio medio-bronzo di Cannatello, dovremmo indagare su due aspetti :

1)   la caratterizzazione della ceramica micenea di Cannatello;

2)   la correlazione e il contesto siciliano e mediterraneo in cui si colloca l’insediamento medesimo.

Per quanto riguarda il primo punto, diciamo innanzitutto che la cronologia si pone tra il Mic. III A e il Mic. III B.

La provenienza è ancora oggetto di analisi di laboratorio. In attesa che il Prof. Jones ci dica qualcosa di più, riteniamo, tuttavia, di disporre già di elementi tali da orientarci sulla localizzazione.

Rileviamo nel repertorio decorativo della ceramica micenea di Cannatello particolare richiamo alla ceramica micenea di quel periodo presente in Cipro (Enkomi, Halam Sultan Tekke, Kition)5.

Ciò che rende più significativa la caratterizzazione «cipriota» dei materiali di Cannatello sono i seguenti elementi :

–     la presenza di motivi decorativi, quale le conchiglie marine sti-lizzate (FM 24), così largamente rappresentate nella ceramica di Cipro del Mic. III B (Tav. VII, 1);

–     la presenza della tazza emisferica a orlo ricurvo all’interno, de-corata a fasce verticali (Tav. VIII, 1), che non ha riscontri nel repertorio tipologico miceneo, costituendo una particolarità cipriota, che eredita nella nuova tecnica forme locali della tazza White Slip II;

–     l’esemplare parzialmente ricostruito di grande contenitore per derrate, decorato con striature a rilievo orizzontali e curvilinee (Tav. VIII, 2), di chiara provenienza cipriota;

–     la presenza di un certo numero di frammenti di ceramica scura buccheroide, strigilata e incisa (Tav. VIII, 3), documentata nella classe «base ring I» di Cipro;

– la presenza di anse di anfore con segni tipici della scrittura c.d.

cipro-minoica (Tav. VIII, 4), in particolare rinvenute a Enkomi nei livv. II B-III, A-III B Dikaiosb.

A questo punto, prende consistenza la proposta di una parteci-pazione cipriota degli apporti egei all’insediamento medio-bronzo di Cannatello sulla marina di Agrigento. Una tale circostanza richiama la caratterizzazione cipriota dello stesso insediamento di Thapsos (tra i pochi vasi di tipo cipriota Karageorgis ha recentemente pro-posto di riconoscere delle vere imitazioni sul posto), e possiamo dire della Sicilia sud-orientale, se una tomba scoperta recentemente in maniera inaspettata presso l’ara di Ierone II, nella Neapolis siracusana, e probabilmente riferita all’insediamento mediobronzo identificato sul terrazzo sommitale del teatro greco, ha restituito ceramica micenea TE III A2 e cipriota (o di imitazione locale, secondo Karageorgis7), e un sigillo di steatite di tipo orientale, che è facile ritenere mediato proprio da Cipro.

Si pone a questo punto l’esigenza di riconoscere il ruolo e la funzione dell’insediamento del mediobronzo siciliano con connotazioni egeo-cipriote sulla marina di Agrigento, al centro della costa meridionale dell’isola.

Se ci rivolgiamo ai modelli teoretici di scambi e commerci in questi ultimi decenni elaborati, applicheremmo per l’«emporio» di Cannatello il «Directional Commercial Trade» di Colin Renfrew (1972)8 e il «The port of trade’s» di Humphreys (1969)9.

Infatti, da una parte, nel quadro del commercio a lunga distanza l’insediamento di Cannatello si pone su una rotta ben precisa e su un coinvolgimento ben definito.

Per le fasi più antiche del collegamento tra la Sicilia e la lontana isola abbiamo esemplificazioni e fatti a livello di influenze (i monumentali recinti absidati del neolitico medio a Milena, nella media valle del Platani ‘°; l’idolo fittile antropo-teriomorfo da Piano Vento di Palma di Montechiaro, confrontato con il vaso zoomorfo di Sous-kiou del Calcolitico I cipriota”; il modellino fittile di recinto sacro dell’insediamento castellucciano di Monte Grande confrontato con analogo cipriota da Vounoi del Bronzo Antico12; la ceramica in rosso lucido dello stile di Malpasso del tardo rame siciliano confrontato con la «red polished ware» del Cipriota Antico II di Vounoi13; il fiaschetto ovoide ad alto collo dello stile di S. Ippolito”).

Superata questa fase di influenze, e probabilmente anche di commerci, nel XIV-XIII sec. a.C. i collegamenti della Sicilia con Cipro si portano su un ben diverso livello, di rotta sistematica ben definita e di stanziamento – riteniamo – di genti egeo-cipriote.

Il polo agrigentino si porrebbe come anello di congiunzione, nella gestione dello sfruttamento minerario e del commercio dei metalli, con il terminale sardo (frammenti ceramici di provenienza cipriota dal nuraghe Antigori di Sarroch)15, se non addirittura iberico (frammenti TE III B-C nella valle del Guadalquivir)16.

Se non in un affievolirsi, e in alternativa della rotta tirrenica (v’è, comunque, nel XIII secolo una diminuita importanza dello scalo di Vivara), prende consistenza da parte di nuovi « partners » commerciali la rotta mediterranea africana, che passa dalla costa meridionale della Sicilia, lungo quel percorso che starei per dire « firmato » dal naufragio nelle acque tra Agrigento e Selinunte della statuetta bronzea di Reshef del XIII sec., che una acuta ipotesi della Bisi assegnava ad artigianato cipriota”’.

Oltre a questo aspetto che riguarda il commercio a lunga distanza, v’è per l’emporio di Cannatello l’esigenza di chiarire il rapporto tra l’insediamento costiero e l’entroterra agrigentino egeizzato. Bernabò Brea aveva posto il problema di un rapporto conseguenziale tra l’emporio costiero di Thapsos e l’insediamento interno arroccato di Pantalica : l’emporio costiero sarebbe stato distrutto intorno al 1270 a.C. e gli abitanti si sarebbero spostati sull’altura difendibile di Pantalica, costruendo in un secondo momento, nel XIII-XII sec., il c.d. anaktoron di modulo egeo, il palazzo fortificato contro le minacce dei Siculi 18.

Per l’emporio di Cannatello la vicenda si svolge tra il XIV e il XIII sec. a.C. (Mic. III A e III B), in concomitanza con le presenze micenee nella valle del Platani. L’anforetta a staffa del Mic III A, con decorazione lineare, che Orsi dava proveniente dalla marina di Agrigento e che noi assegneremmo alla necropoli dell’insediamento di Cannatello, ha il suo corrispettivo nel frammento miceneo con decorazione a squame del TE III A da Milena’9.

La ceramica micenea III B dell’insediamento di Cannatello trova il suo corrispettivo con il frammento, probabilmente di idria, con decorazione a spirali del Miceneo III B dalla tomba A di Milena, e con i bacili di bronzo di Milena e Caldare di origine cipriota del XIII sec. a.C.20.

Nella necropoli micenea della valle del Platani (tanto per intenderci, Milena) la presenza di una vera e propria imitazione locale di ceramica micenea senza uso del tornio, come ci documenta l’analisi delle argille”, fa concludere per un insediamento interno nel territo-rio agrigentino, che non può non essere stato in rapporto con il ter-minale costiero.

Se si pone attenzione a quelle che sembrano essere state le ri-orse del territorio agrigentino già nei periodi preellenici, il salgemma e lo zolfo; se si pensa che lo sfruttamento dello zolfo è documentato nella prima età del bronzo a Monte Grande di Palma, ad una ventina di chilometri ad est di Agrigento e di Cannatello in zona subcostiera, e che il salgemma caratterizzava l’hinterland agrigentino, la media valle del Platani, dove cade l’insediamento di Milena, nel XIII secolo, potremmo ipotizzare che il commercio di tali materie prime potrebbe essere stato trattato in forma stanziale, da «partners » ciprioti, insediati sia sulla costa (Cannatello), sia nell’interno (Milena), in contesti indigeni.

Da qui può derivare quell’apporto egeo che vivrà poi nel sostrato sicano, che vediamo permeato di componenti culturali cretesi e cipriote sino ad età protostorica e protoarcaica.

Ernesto DE MIRO

1 A. Mosso, Villaggi preistorici di Caldare e Cannatello presso Girgenti, in MAL, Il, 1893.

2 E. De Miro, Nuovi ritrovamenti micenei nell’agrigentino, in Atti 11 Congresso internazionale di rnicenologia (Roma-Napoli 1991), in corso di stampa; D. Deorsola, Il villaggio Medio-Bronzo di Cannatello presso Agrigento, ivi.

3 P. Orsi, Thapsos, in MAL, VI, 1895, p. 89 s.; G. Voza, Thapsos, primi risultati delle più recenti ricerche, in ARSIPP, XIV, 1972, p. 175 s.; Id., Thapsos, resoconto sulle campagne di scavo del 1970-71, in ARS1PP, XV, 1973, p. 133 s.

4 in riferimento è a A. Furumark, Mycenaean Pottery,  Stoccolma, 1972; e  a P. Montjoy, Mvcenaean Decorated Potter v, Gtiteborg, 1986.

5 A. G. Samuelson, Bronze Age White Painted I Ware in Cyprus. A Reinvestiga-tion, Jonsered, 1993.

6 P. Dikaios, Enkomi Excavations 1948-1958, Magonza, 1971. Per i segni di scrittura cipro-minoica, L. Godart, Le pouvoir de l’écrit, Parigi, 1990, p. 210 s.; N. Hirschfeld, Cypriote Marks on Mycenaean Pottery, in Mikenaika, Parigi, 1992, p. 315 s.

7 V. Karageorghis, Cyprus and the Western Mediterranean : some new evi-dence for interrelations, in The Ages of Homer, Austin, 1995, p. 94; V. La Rosa, In¬fluenze di tipo egeo e paleogreco in Sicilia, in Kokalos, XXXIX-XL, 1993-1994, I, 1, p. 23.

8 C. Renfrew, The emergente of civilization : the Cyclades and the Aegean in the 3rd millennium B.C., Londra, 1972, p. 465 s.; Id., Trade as action at a distance : question of integration and cornmunication, in Ancient Civilization and Trade, Al-buquerque, 1975, p. 1 s.

9 S. C. Humphreys, History, economics and anthropology : the work of Karl Polonyi, in History and Theory, 8, p. 165 s.

10   La Rosa, L’insediamento preistorico di Serra del Palco in territorio di Milena, in Kokalos, XXX-XXXI, 1984-85, II, 1, p. 475 s.

11 G. Castellana, La necropoli protoeneolitica di Piano Vento nel territorio di Palma di Montechiaro, Agrigento, 1995, p. 151; V. La Rosa, Influenza di tipo egeo, cit., p. 13.

12 E. De Miro, Rassegna archeologica, in Kokalos, cit., p. 607.

13 U R. M. Albanese, La necropoli preistorica di contrada Malpasso, in Not.Scavi, 1988-1989, I suppl. (1992), p. 187.

14 L. Bernabò Brea, La Sicilia preistorica y sus relaciones con Oriente y con la Peninsula Iberica, in Ampurias, XV-XVI, 1953-1954, p. 177.

15 IS M. L. Ferrarese Ceruti, Documenti micenei nella Sardegna meridionale, in Ichnussa, Milano, 1981, p. 605 s.; A. B. Knapp, Ethnicity, entrepreneurship and ex-change : Mediterranean interisland relations in the Late Bronze Age, in BSA, 1990, p. 116 s.

16 J. C. M. De La Cruz, Mykenische Keramik aus Bronzezeitlichen Siedlungs-schichten von Montoro am Guadalquivir, in MM, 29, 1988, p. 77 s.; Id., Die erste mykenische Keramik von der iberischen Halbinsel, in Praeist. Zeitschr., 65, 1990, p. 49 s.

17 A. M. Bisi, Fenici e Micenei in Sicilia nella seconda metà del II millennio a.C., in Atti e Memorie del I Congresso internazionale di micenologia, Roma 27 sett.-3 ott. 1967, p. 1156 s.

18 L. Bernabò Brea, Pantalica, Napoli-Palazzolo Acreide, 1990 (Cahiers du Centre Jean Berard, XIV), p. 101 s.

19 V. La Rosa-A. L. D’Agata, Uno scarico dell’età del Bronzo sulla Serra del Palco di Milena, in Quaderni dell’Istituto di archeologia dell’Università di Messina, 3, 1988, p. 8 s., tav. VIII. 12.

20  Caldare : L. Vagnetti, I bacili di bronzo di Caldare sono ciprioti?, in St. Mic. Eg. An., VII, 1968, p. 128 s.; Milena : V. La Rosa, Sopralluoghi e ricerche attorno a Milena nella Media Valle del Platani, in Cronache, XVIII, 1979, p. 82.

21 V. La Rosa, Nuovi ritrovamenti e nuove sopravvivenze egee nella Sicilia meridionale, in Traffici micenei nel Mediterraneo. Atti del Convegno di Palermo (11-12 maggio e 3-6 dicembre 1984), Taranto, 1986, p.

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Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento, archeologia, valle dei templi

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