La tomba di Terone fu fonte d’ispirazione per numerosi visitatori e artisti che la ritraggono nel repertorio iconografico a corredo dei resoconti di viaggio o lasciano delle testimonianze letterarie. Tra loro vi è anche il barone Johann Hermann von Riedesel, capostipite nella primavera del 1767 della lunga serie di stranieri che giungono nell’isola alla scoperta delle vestigia antiche: a differenza degli altri studiosi (con eccezione di Denon) egli ritiene che per ragioni stilistiche il mausoleo sia piuttosto un’opera romana che greca [Riedesel 1821].
A sua volta l’inglese Henry Swinburne, in Sicilia nel 1777, descrisse la forte suggestione trasmessa dalla monumentale tomba. Nello stesso periodo visitò Agrigento il polacco Michael Johann de Borch che sull’edificio – in accordo con gli studi archeologici odierni – espone una singolare intuizione «Il restringimento del piano superiore e la direzione della finestra fanno capire che questo edificio fu costruito in forma piramidale od obelisco, ma il tempo o qualche mano ignorante ha abbattuto una parte del monumento e non ve ne restano che due piani» [de Borch 1782]. Inoltre il poeta tedesco Johann Wolfgang Goethe nell’aprile 1787 scrive:
Discendemmo infine alla tomba di Terone e fummo felici di contemplare al naturale questo monumento già tante volte ammirato nelle riproduzioni, fra l’altro perché costituiva il primo piano d’una magnifica prospettiva: da ponente a levante la vista spaziava fino al massiccio roccioso sul quale si scorgevano le mura della città intervallate da fratture e, attraverso e al disopra, i ruderi dei templi. La mano maestra di Hackert ha fatto un gran bel quadro di tale veduta [Goethe 1816-1828].
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