Di Mario Fiorino
L’argomento del giorno, nella città dei templi è infatti la perimetrazione del Parco archeologico sancita dalla firma, da parte del presidente della Regione, Rino Nicolosi, del relativo decreto di delimitazione dell’area monumentale protetta. Il provvedimento, varato di concerto con gli assessori regionali dei Beni culturali, Lombardo e del Territorio e ambiente, Gorgone ha chiuso definitivamente una vicenda (iniziata nel lontano 1968) che ha contrassegnato la storia recente della città.
Il movimento franoso del 19 luglio del 1966 che sconvolse gran parte del centro storico, comportò la immediata paralisi dell’attività edilizia e segnò la data d’inizio dell’abusivismo. Nel darne comunicazione al Parlamento l’allora ministro dei Lavori pubblici, Mancini, an-nunciava che «fatti mostruosi erano avvenuti in Agrigento e che la causa del dissesto doveva ascriversi al disordine edilizio esistente nella città». Con il decreto legge del 30 luglio del 1966 n. 590, veniva isti-tuita la Commissione di inda-gine tecnica che avrebbe do-vuto proporre un piano di vincoli idrogeologici ed urba-nistici. Questo stesso decreto veniva convertito con la legge 28 settembre 1966, n. 749 nella quale veniva introdotto l’art. 2 bis, secondo il quale la Valle dei Templi di Agrigento veniva dichiarata zona archeologica di interesse nazionale. Successivamente veniva emanato il decreto mi-nisteriale 16 maggio 1968 meglio conosciuto come de-creto Gui-Mancini.
«Questo provvedimento legislativo — sostiene l’avvocato Vincenzo Salvago, pro-tagonista in prima persona di quegli avvenimenti — avrebbe dovuto delimitare e disciplinare la Valle dei Templi. Esso, invece, dando una interpretazione tutta particolare al concetto di “Valle dei Templi”, ha incluso sotto tale dizione zone vastissime, assolutamente estranee spesso nascoste dalh ed alla sua vista».
Il decreto del 16 maggio 1968 ha diviso il terreno vincolato in quattro zone. Il territorio facente parte dell’a-bitato di San Leone (a sud della città) o posto nelle immediate vicinanze, è stato suddiviso nelle zone D e C, per le quali è stato previsto un indice di edificabilità di 0,8 metri cubi per metro quadrato con un’altezza massima di m. 7,50. Il rimanente terreno è stato distinto in zona A ed in zona B.
La zona A avrebbe do-vuto disegnare un grande anfiteatro naturale sul mare con al centro il costone della Valle dei Templi. In questa area so-no state edificate 600 costruzioni abusive, in maggioranza villette e palazzine. La zona A si estende per complessivi 1.200 ettari, di cui 400 (ricadenti nell’area dove sor-gono i Templi) sono stati espropriati negli anni Sessanta e sostanzialmente sono privi di eclatanti casi di abusivismo. Più grave è la situazione nelle zone con vincolo di edificabilità limitata. Sono più di 1.550 le costruzioni abusive, tra cui anche molti palazzi pluripiano.
I diversi vincoli edificatori suscitarono perplessità negli agrigentini convinti del fatto che la zona A andava modificata. A normalizzare una situazione che si faceva sempre più ingarbugliata in-tervenne la Regione siciliana, la quale con propria legge del 10 agosto 1985 n. 37 (art. 25) dava mandato al presidente di «riperimetrare» entro il 31 ot-tobre dello stesso anno la zona A per dare alla stessa limiti più ristretti.
A questo punto entra in azione la Lega Ambiente che contesta vivacemente il tentativo di ridurre l’area vin-colata attorno ai Templi. E un lungo braccio di ferro che termina il 13 giugno con la firma, da parte del presidente Nicolosi, del decreto di delimitazione dell’area archeo-logica agrigentina.
Il decreto emanato da Nicolosi ripropone il vincolo di assoluta inedificabilità nella zona A, mentre la perimetrazione della zona B viene estesa all’area a nord-est del tempio di Giunone e l’indice di fabbricabilità fondiaria viene elevato da due a tre centesimi di metro cubo per metro quadrato.
Sempre nella zona B sono fatte salve le prescrizioni di vincolo assoluto previste nell’ambito del Parco pirandelliano, in contrada Caos. La zona C viene accorpata alla zona D per le prescrizioni relative all’indice di fabbricabi-lità fondiaria e di altezza.
La questione del Parco archeologico per gli agrigentini è un argomento che scotta. C’è chi ne parla strombazzando sentenze e giudizi a spron battuto e chi invece ne parla solo sottovoce, aspettando gli eventi. Il Comune, da parte sua, sta cercando in tutti i modi di rallentare il processo che porterebbe alla demolizione delle abitazioni abusive. Il tentativo è quello palese di salvare l’intero quartiere sorto in località Maddalusa, dove sono state edificate oltre 500 abitazioni. Il presidente Nicolosi si è assunto la responsabilità di fermare il degrado ambientale nella Valle dei Templi e le insidie per un patrimonio archeologico dell’intera umanità, meritevo-le di essere difeso con prov-vedimenti anche impopolari. Non mancano altri esempi. In Egitto l’espansione urbana era arrivata a insidiare le Piramidi e la Sfinge. Su iniziativa del ministro della cultura di quel Paese la borgata abusiva di Nazlat-al-Semman sarà demolita ed i 70 mila abitanti saranno trasferiti altrove. Nella zona è stato istituito un parco archeologico ed è stato completamente rimosso persino l’asfalto della strada che dalla valle porta fino alla cima della collina dove sorgono le tre piramidi di Giza. Sono provvedimenti draconiani, ma sono stati considerati indispensabili. Lo stesso vale per Agrigento? Le storiche rovine ormai sono assediate, strette in una morsa: ai lati dalle ciminiere ed alle spalle dai grattacieli della città che giorno possa essere che un autorizzata la costruzione di villette a schiera sull’area dove, per esempio, 2.500 anni fa sorgeva il tempio di Giove Olimpico.
Ma ci sono quanti hanno costruito senza fini speculativi, in assenza di una pro-grammazione urbanistica. A questo proposito il presidente regionale della Lega Ambiente, Giuseppe Arnone, avanza proposte finalizzate al varo di una legge da parte dell’Ars che «preveda un ristoro in denaro ai titolari delle case ricadenti nella zona A, l’individuazione a carico del comune di Agrigento di aree con caratteristiche simili a quelle dove allo stato attuale insiste la costruzione abusiva da espropriare e successivamente da cedere e ancora in attesa della nuova casa si dovrebbe prevedere che quella abusiva venga lasciata per un congruo periodo in concessione».
Il dibattito sul Parco dei Templi registra gli interventi delle forze politiche, sociali ed economiche della città. Per Paolo Cilona, presidente della locale Azienda di turismo, protagonista nel luglio del 1987 di un clamoroso digiuno per la creazione dell’area protetta, «la perimetrazione del Parco archeologico rappresenta la più importante conquista sul piano culturale ed il mezzo necessario per il riordino e la pianificazione del territorio e soprattutto si colloca come uno strumento destinato a colmare quei vuoti dell’intervento pubblico che sono alla base dello stato di degrado dell’intera zona a sud della città».
Gli fa eco l’ex consigliere comunale democristiano Giuseppe Di Giovanni, autore di parecchie pubblicazioni turistiche, secondo il quale «il Parco voluto dalla Regione costituirà per Agrigento un significativo momento di crescita, una possibilità occupazionale e un salto di qualità. Certo la preoccupazione di distruggere l’economia di 2.500 famiglie che hanno costruito abusivamente, impone molto buon senso e decisioni sagge. L’ordine di abbattimento innescherebbe un processo dirompente del tessuto umano della città, che è già molto provata dalla crisi economica che l’attanaglia. L’importante è fare leva, dunque, sugli strumenti attivi della democrazia: mediazione e collegialità decisionale, articolata ai vari livelli».
Sulla stessa lunghezza d’onda il presidente dell’associazione guide turistiche Pippo Alaimo, il quale sostiene che «i vantaggi del Parco sono innumerevoli ed indiscutibili».
La querelle sui confini del Parco presta il fianco ad altre questioni irrisolte. L’ex sindaco Calogero Sodano, oggi consigliere provinciale del Pri si chiede provocatoriamente perché «nessuno si occupa della speculazione edilizia che sta interessando la parte alta della città». E per quello che riguarda il parco dice che «la Valle dei Templi appartiene ad una città che non ha mai cessato di esistere. Il problema è di vedere quali sono i diritti storici sul territorio dell’antica polis di Agrigento rispetto a quelli della città medievale e moderna di Agrigento. Il solo punto di vista archeologico può essere scientificamente arido o perché sentimentalmente onirico o perché eccessivamente esaustivo. La Valle non deve diventare una metafora pendente sul presente». Sodano è per la rideterminazione dei vincoli della zona archeologica. «Cittadini più soddisfatti e tutelati — sostiene l’esponente politico — sapranno tutelare sempre meglio, attraverso la valorizzazione turistica e culturale, il loro patrimonio».
L’attuale sindaco Di Mauro, dopo il vertice a Palermo con il presidente Nicolosi, che ha fatto seguito alla chiacchierata trasmissione di Rai Tre, «Aldebaran», ha intanto bloccato gli espropri in attesa che l’amministrazione comunale, entro il termine di 12 mesi, riesca a varare un progetto nuovo che ridisegni i confini della Valle.
In un primo momento il sindaco si era detto d’accordo con la procedura che la Regione aveva messo a punto per definire la delimitazione del Parco, poi aveva affermato che «è illegittimo il progetto di esproprio redatto dalla Soprintendenza alle Antichità di Agrigento, in base alla quale la Regione siciliana aveva assegnato 30 miliardi per acquisire i terreni della Valle».
Il sindaco Di Mauro dovrebbe firmare 671 ordinanze di esproprio. Per le zone B, C e D, invece, dopo il summit palermitano convoca-to anche su sollecitazione del vescovo di Agrigento monsi-gnor Carmelo Ferraro, sarà possibile la sanatoria nel rispetto di alcuni parametri archeologico-ambientali.
Per il vice sindaco Piero Macedonio «la parola fine su questa lunga vicenda può essere scritta da un alto consesso internazionale e solo in quel momento non ci saranno più proteste da parte dei cittadini. Stando così le cose l’amministrazione valuterà caso per caso la legittimità delle ordinanze di esproprio nel tentativo di “salvare” il più alto numero di abitazioni».
E immediata la replica della Lega Ambiente a queste affermazioni. Il presidente regionale Arnone afferma che «è importante che questo tentativo di sanare le case nell’area inedificabile venga sconfitto, altrimenti questo principio rimetterebbe tutto in discussione, anche la legge nazionale di sanatoria edilizia e si finirebbe con estendere il condono complessivamente a tutte le aree protette, parchi e riserve della Sicilia e del resto d’Italia».
Dal canto loro i rappre-sentanti dei comitati di quar-tiere ritengono che possono essere apportate delle modifiche ai vigenti decreti in modo da delineare meglio l’area del Parco archeologico, da distinguere da quello “ambientalìstico” che dovrebbe avere limiti diversi e meno restrittivi».
La sovrintendente Fiorentini dichiara che «i confini del Parco sono stati ampliati per correre minori rischi di speculazione. Anche il colle di Maddalusa è stato dichiarato zona protetta, perché altrimenti lo sfondo della Valle sarebbe stato un blocco di cemento. Dietro le determinazioni assunte c’è uno studio delle visuali attive e passive e non era possibile perimetrare il Parco tra i due fiumi: l’Akragas e l’Ipsas».
Di certo c’è che in questi anni il patrimonio artistico ha dovuto subire assalti da tutte le parti. Il cemento ha invaso la Valle dei Templi e c’era anche il rischio, anche se teorico, che nell’area archeologica venissero effettuati sondaggi per la individuazione di giacimenti petroliferi, in virtù di un permesso di ricerca richiesto nel 1981 dall’Ente minerario siciliano all’assessorato dell’ndustria. Era solo un rischio ipotetico, ma non sarebbe stato edificante vedere una trivella nei pressi del tempio della Concordia.
Il permesso di ricerca è scaduto da oltre due anni e le indagini preliminari sul terrtorio agrigentino hanno avuto esito insoddisfacente.
In Cronache parlamentari siciliane agosto 1991 n. 8