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vasi-greci

Agrigento: la musica nell’antica Akragas

5 Giugno 2015 //  by Elio Di Bella

 

Immagini  della musica ad Akragas (VI – IV sec.  a.C.)

Iconografia musicale delle ceramiche attiche e magnogreche del Museo Archeologico Regionale di Agrigento

l’iconografia musicale e un settore specifico della musicologia che considera le immagini come documenti preziosi sulla musica, soprat­tutto dal punto di vista organologico. In particolar modo l’iconografia musicale del mondo antico si offre quale strumento metodologico utile ad indagare gli eventi musicali di tempi cronologicamente lontani: risulta indispensabile un approccio interdisciplinare che, attraverso l’archeologia, la religione, l’antropologia, possa collocare le raffigurazioni musicali all’interno del contesto culturale che le ha prodotte.

La presente ricerca e nata dal desiderio di creare un catalogo, una guida didattica, delle ceramiche attiche e magnogreche  del Museo Archeologico  Regionale  di Agrigento  a soggetto musicale:  tutti i reperti risalgono  al periodo  compreso  fra la fine de!VI  e l’inizio de! IV sec. a.C.,  l’arco di tempo  in cui si era insediata  e sviluppata  la colonizzazione greca nella città di Akragas fondata, presumibilmente,  nel 580 e distrutta dai cartaginesi nel 406 a.C.

Dopo aver delineato la storia musicale della città di Akragas, attraverso le fonti storiche e letterarie (I capitolo), sono state individuate le scene musicali raffigurate sulle ceramiche provenienti dalle necropoli akragantine custodite all’interno del Museo di Agrigento.

Lo ceramiche provenienti dalle necropoli di Contrada Pezzino, Contrada Mose, Contrada Poggio Giache, Monte Saraceno, Monte Adranone e Contrada Vassallaggi  (II capitolo), venute alla luce  insieme a tutto ii corredo  funebre,  e quelle  appartenute  alle  collezioni Giudice e Giuffrida (III capitolo), prima esposte al Museo Civico, poi trasferite nel nuovo Museo Archeologico Regionale in contrada San Nicola, mettono in evidenza che gli strumenti musicali trovano una precisa collocazione  all’interno  delle  scene  mitiche,  eroiche,  teatrali  e    narrative.

Le raffigurazioni musicali subiscono delle trasformazioni tra ii VI e ii IV sec. a.C. per effetto dell’evolversi delle credenze religiose e del­l’ideologia funeraria e, probabilmente, rispondono al desiderio di de­ porre nell’ultima dimora i soggetti adatti ad esprimere quel sostrato re­ligioso mediterraneo assimilato dalle popolazioni sicule.

Per tentare di interpretare ii messaggio che ci proviene dal mondo antico  attraverso  il corredo  funebre è necessario  considerare  tutti gli elementi interni alle tombe, gli oggetti e la loro posizione, e le differenti modalità di sepoltura. Come gli oggetti deposti nella tomba, anche le scene musicali  possono  essere  state scelte  con una  precisa  volontà.

Modello di scheda utilizzato:

necropoli  di provenienza numero· della sepoltura orientamento  della sepoltura sesso dello scheletro del defunto disposizione  de! corredo all’interno della tomba forma del vaso provenienza  del vaso datazione presumibile artista a cui e attribuito ii vaso

soggetto raffigurato

elencazione degli altri oggetti inseriti nel corredo funebre bibliografia.

 

Beni Culturali e Ambientali di Agrigento, Dott.ssa Graziella Fiorentini, e ii Dott. Giuseppe Castellana, Direttore de! Museo Archeologico di Agrigento, che hanno reso possibile la raccolta dei materiali e ne hanno permesso la pubblicazione.

Un vivo ringraziamento lo rivolgo alla Provincia Regionale di Agrigento, nella persona del Dr. Vincenzo Fontana, all’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e alla Pubblica Istruzione e al “Centro Studi Giulio  Pastore”  che  hanno  patrocinato  la pubblicazione  di  questo lavoro.

Ringrazio, infine, ii Prof. Andrea Carisi per la riproduzione grafica della coroplastica  di interesse  musicale e il Sig. Salvatore  Fuca.

Dedico questa ricerca a mio nonno che, con l’esempio, mi ha in­segnato che ogni traguardo va raggiunto con ii duro lavoro e tanta de­terminazione e che niente risulta più bello di ciò che viene conquistato con passione ed entusiasmo.

“La più bella fra le città dei mortali”: cosi Pindaro 1 definì Agrigento, città che consumo la sua avventura in una parabola di meno di due secoli, ma che realizzo modelli di sviluppo che, altrove, nelle città greche d’Occidente, vennero elaborati in più generazioni. La sua   storia è caratterizzata  da un precoce  tramonto,  ma ii suo splendore,  la sua prosperità economica, la sua immagine monumentale, furono tali che sono ancora oggi parlanti. II tenore di vita, l’amore per il lusso e l’agiatezza sbalordì anche il filosofo agrigentino Empedocle, che affermo: “gli Agrigentini si godono il lusso come se domani dovessero morire, ma costruiscono palazzi come per vivere in eterno”.2

Sulla base di elementi storiografici e di documentazione archeologica è stato possibile  stabilire  il  580 a.C. come  data  convenzionale per la fondazione dell’antica Akragas.

La costituzione di questa nuova colonia, ii cui processo di formazione fu avviato un cinquantennio prima, nel contesto di una politica di espansione verso Occidente, può essere attribuita a Gela.3 In senso etnico, Akragas fu una colonia mista, caratterizzata da una duplice componente insediativa: geloo-rodia e geloo-cretese. La compresenza di due ecisti al momento della sua fondazione, entrambi provenienti da Gela indica che i neocoloni, appartenevano a componenti etniche diverse e questo dato si lega in modo indissolubile alla tirannide di Falaride che contribuì al consolidamento territoriale dell’antica  Agrigento.

La vicenda  di questo  tiranno  si circoscrive  fra  il  572  e il  556 a.C.4  Si può  ritenere  che la  tirannide  di  Falaride  sia  nata sull’onda dei profondi contrasti etnici fra i neocoloni e si sia potenziata con l’intento di realizzare una pace stabile all’interno della nascente polis, decisa ad affrancarsi dalla madrepatria. Secondo la tradizione storio­grafica, confluita in Diodoro, 5 Falaride, appena consolidato il suo potere e dopo aver superato le conflittualità interne, aspiro ad estendere il territorio agrigentino a oriente, con conseguenze politiche ed economiche. Da un lato, miro al controllo della Valle dell’Imera,  la più importante e vitale via di penetrazione verso la Sicilia interna, dall’altro, si pose in aperto contrasto con Gela.

La tirannide di Falaride ricalcava schemi  consueti: impadronitosi del potere con la forza, il tiranno cerco di legittimarlo. A tale scopo, secondo quanta ci narra Polieno,6 si avvalse della festa delle Tesmoforie. La celebrazione di tale festività ha certamente un importante significato, considerato che le Tesmoforie erano legate al culto delle divinità ctonie e rappresentavano un punto di incontro fra I’elemento greco e quello indigeno. La tirannide caratterizzò la storia della Sicilia tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C. ed apre una nuova epoca nell’occidente ellenico. I tiranni  siciliani  furono  i  creatori  di una nuova concezione politica dove, per  la  prima  volta,  !’idea  della polis venne non solo integrata, ma in un certo senso addirittura superata da quella  dello stato territoriale. 7

Falaride, aspirando ad una politica estera indipendente e di autonomia nei confronti di Gela, poichè mirava sia ad un espansioni­ smo ai danni del mondo sicano, con la conquista di Camico, sede del regno del mitico Kokalo, sia alla legittimazione de! potere all’interno, riuscì nell’arco di un ventennio a trovare una collocazione al fianco delle altre grandi città greche della Sicilia.

L’attivita  di Falaride si consumò nell’arco  di sedici anni: infatti nel 556  a.C.,  egli  cadde  vittima  di una  congiura,  finendo  miseramente, bruciato  nel celebre toro di bronzo,  fatto costruire,  secondo la leggenda,  dallo  stesso  Falaride,  per  uccidere  i  suoi nemici.8  Dalla  caduta  di Falaride all’ascesa al potere  di Terone,  della famiglia degli Emmenidi, avvenuta all’alba del secondo decennio successivo, la storia di Agrigen­ to e incerta e lacunosa. E’ certo, comunque, che la congiura che travolse Falaride è stata ricondotta al prevalere all’interno della compagine cittadina della fazione rodia o geloo-rodia.

A tale discendenza apparteneva Terone che, come ci informa Timeo,9 aveva come antenati Telemaco o Emmene, giunti ad Agrigento da Rodi, che ebbero certamente un ruolo nella politica  della città dopo Falaride. La tirannide emmenide di Terone caratterizza l’età dell’oro della storia di Agrigento che ancora oggi fa spettacolo di se, attraverso i monumenti e i templi. L’ascesa al potere del tiranno  e legata ad un capitolo molto tormentato della storia siciliana, la seconda decade del V sec. a.C., durante la quale Siracusa ed altre citta gre che dell’isola  furono coinvolte  nella  cosiddetta  “guerra degli empori”.

Questo  avvenimento  storico,  di  cui  ci  informa  Erodoto, 10   e  da mettere  in relazione  con rifiuto  da parte  di Gelone, tiranno  di Siracusa, di inviare aiuti a Sparta e ad Atene impegnate nella seconda guerra persiana.  La testimonianza  di Erodoto e importante  perche  ci fa capi­ re  ii  clima  patriottico  e la  politica  autonoma  condotta  dai  tiranni  di Sicilia,  che  riporteranno  una  schiacciante  vittoria  nei  confronti  dei Cartaginesi nella battaglia  di Imera del 480 a.C.

II merito  della vittoria  fu ripartito,  secondo  Erodoto,  fra  Gelone e  Terone.  Un’accorta  politica  di  matrimoni  e  alleanze  tra  le  grandi tirannidi  doriche  di  Sicilia,  segno !’acme  dell’unione:  Siracusa  ed Akragas  intendevano  cosi creare un forte potere  dinastico.  Nel periodo immediatamente  successivo  alla vittoria  di Imera,  le due potenze, però  si  avvieranno  ad  una  frattura  caratterizzata  da  una  crescente tensione  dettata  dal  timore  che  l’una  o  l’altra  delle  città  potessero divenire potenza egemone.

Alla morte di Gelone e dopo I’ascesa al potere del suo successore Ierone, si acuì la tensione fra le due potenze siciliane, che culminò, dopo la morte di Terone nel 472/471 a.C., nella sconfitta del figlio Trasideo da parte di Ierone. Questa disfatta sarà patita non all’insegna del nazionalismo anticartaginese, bensì del particolarismo greco. La tirannide emmenide durò quindi una sola stagione, quella del suo fondatore: con Terone si spegne quello che Pindaro 11 aveva definito “occhio di Sicilia” vigile verso gli attacchi e le mire cartaginesi, e “faro” per l’intera Sicilia. Sotto la guida di Terone, Akragas raggiunse,   dunque, il massimo splendore e fu arricchita di opere di eccezionale valore artistico per volontà del tiranno. Infatti, oltre che un grande condottiero, egli fu anche amante delle arti, delle lettere, delle scienze e accolse alla sua corte i più grandi uomini del suo tempo.

La competizione fra le città greche in Sicilia, Akragas e Siracusa, si manifestò, oltre che dal punto di vista politico e militare, anche attraverso  le  istituzioni  culturali  create  dai  tiranni  come  luogo di

incontro per filosofi, artisti e poeti. 12

Assiduo frequentatore della signoria di Terone fu Pindaro che celebrò la vittoria agli agoni olimpici del tiranno. Al poeta va il merito di aver tramandato la memoria dell’auleta Mida di Agrigento attraverso la XII Ode Pitica. II musicista, infatti, vinse in Grecia la gara musicale delle Panatenee de! 496 a.C. ed anche la 24″ Pitiade de 490 a.c.

Ti chiedo, amica di splendore, bellissima fra le città dei mortali, dimora di Persefone, e te stai sopra l’altura ben edificata

sulle rive dell’Akragas che nutre i tuoi greggi,

accogli benigna, o sovrana,

col favore dei numi e degli uomini questa corona di Pito

per Mida illustre,

  lui stesso vincitore dei Greci nell’arte che un giorno trovò intrecciando il funereo  lamento

delle violente Gorgoni, Pallade Athena.

 

Pindaro tratto l’argomento musicale un’unica volta per celebrare una vittoria non sportiva. L’occasione gli fu offerta dall’eccezionalita della circostanza in cui Mida di Agrigento si distinse nell’esecuzione di un pezzo di bravura  accentuatamente  mimetico:  il nomos policefalo. Era un’aria celebre, composta “con tutte le voci degli auli”.14 II poeta attribuire alla dea Athena  l’invenzione  del nomos policefalo  per imitare il lugubre lamento della dea Gorgone Euriale addolorata  per la morte della sorella Medusa uccisa da Perseo. 15

E’ certo che Mida era un musicista molto abile ed e probabile che egli abbia completato la sua interpretazione musicale con movimenti di danza. La storiella  registrata  dagli  scoliasti narra che Mida, essendosi staccata l’ancia dell’aulos continua a   suonare supplendo con ii labbro, adoperando cioè verosimilmente lo strumento  come un flauto  ad imboccatura  libera. 16 Questa  dato non è tecnicamente possibile. E’ presumibile, che Mida abbia sviluppato le sue capacità musicali all’interno delle istituzioni  culturali nate ad Agrigento  durante  il  periodo  di  floridezza  della  tirannide di Terone. 17

Anche ad Agrigento, come nel mondo greco, la tirannide sarà, una tappa intermedia per l’abbattimento delle oligarchie e la maturazione del demos verso la conquista di traguardi decisamente piu avanzati. II nascente governo democratico, pero, fu subito bloccato da Jerone che impose ii controllo siracusano sulla citta. Solo dopo la morte di Jerone la storia di Agrigento fu caratterizzata da un governo più o meno democratico. Questa fase è legata al nome di  Empedocle e la fonte delle riforme istituzionali che il filosofo promosse ad Akragas fu Diogene Laerzio.

E’ lo storico che ci offre, infatti, l’unica testimonianza dell’assetto costituzionale dell’ultimo cinquantennio della storia della città.

Sappiamo,  che  gia  ii padre  di Empedocle,  Metone,  era  stato un esponente  popolare  e che,  dopo  la  sua morte,  avvenuta  intorno  alla seconda meta del V sec. a.C., Agrigento fu investita  da un tentativo di contraccolpo  oligarchico,  sventato  da Empedocle,  teorizzatore  dell’eguaglianza  sociale e della democrazia.  II contesto  sociale della città di  Agrigento, nel quale il filosofo condusse la sua esistenza, fu caratterizzato dall’opposizione fra democratici e oligarch1c1, fra due modelh diversi di sviluppo economico: l’uno forse legato alla terra e l’altro al mare, quindi al commercio.

Da Diogene Laerzio apprendiamo che Empedocle promosse delle riforme costituzionali tese alla democratizzazione della citta. Preziosa e, inoltre la notizia che dopo un soggiorno nell’Italia meridionale, dove ii filosofo partecipo alla fondazione di Turi, non potè più tornare in patria perchè ad Agrigento, essendo mutato il governo), i nemici della democrazia si opposero al suo rientro. Nel suo pensiero e centrale il concetto di catarsi: secondo Empedocle e possibile, con il potere incantatorio della musica, agire sulla fisiologia e la psicologia delle emozioni e raggiungere la purificazione. La figura di Empedocle unisce in se le funzioni di poeta, filosofo, oltre che di “sciamano”. 19 La divinizzazione di Empedocle e oggetto di grande discussione fra i moderni in quanto i testi che ce ne parlano lasciano spazio a più di una interpretazione. 20

L’abilità musicale di Empedocle e ricordata dal biografo  di Pitagora, Giamblico, 21 secondo il quale Empedocle avrebbe con il  suo canto e la sua lyra placato l’ira di un giovane in procinto di commettere un omicidio:

 

Una  volta  che  Empedocle  era  ospite  di Anchito,  contro  costui aveva  levato la spada un  giovane: il padre  infatti  era stato condannato a morte  in pubblico  giudizio  da questo Anchito.  E dal momento  che il giovane,  sconvolto dall’ira com’era, ardeva dal desiderio di uccidere,  la spada  in pugno,  colui che gli aveva  condannato  il padre,  come  se con il far ciò ne fosse stato l’omicida,  Empedocle  modificò  la tonalità  della lira che si trovava  a suonare,  ed eseguendo una melodia  idonea a leni­ re  e  placare  subito  intonò  il  verso  che  suona:  “allontana  il  dolore  e l’ira,  di tutti  imali  rende  dimentichi”  come  dice  il poeta;  e così salvo

dalla morte il suo ospite Anchito e impedì al giovane di  commettere un assassinio.

Al tempo di Ducezio nel 452 a.C., secondo Diodoro, 22 le milizie della città accorsero in difesa di Motyon, che venne conquistata l’an­ no successivo, mentre Ducezio veniva definitivamente sconfitto dai Siracusani.

L’alleanza fra le due città, nata per fronteggiare l’emergenza fu di breve durata. Ne! 446 a.C. scoppio un nuovo contrasto e la sconfitta precluse definitivamente ad Akragas la possibilità di competere con Siracusa.

Ne! 415 a.C., durante la spedizione ateniese in Sicilia, nel corso della guerra peloponnesiaca, Agrigento e menzionata da Tucidide23 che la ricorda per la posizione di neutralità che scontento sia Atene che Siracusa.

La storia della citta volgeva al suo termine. I Cartaginesi, approfittando della crisi in cui si dibatteva la grecità siceliota, inviarono un esercito prima contra Selinunte, poi contra Imera, che, malgrado l’intervento di Siracusa, fu assalita e distrutta. Ne! 406 a.C., un nuovo esercito cartaginese investì anche Agrigento. Sebbene in sua difesa accorse una coalizione di città siceliote, tutto fu inutile, perche la città fu devastata e distrutta dalla furia del nemico.

Akragas cadde, quindi, per la mancanza di una vera aggregazione fra le città siceliote e per l’incapacità delle democrazie di fare fronte alla minaccia cartaginese.

Nell’età di Dionigi, nacque ad Agrigento Metello che insegnò musica in Sicilia e ad Atene dove avvio una scuola.

Lo ricorda Plutarco,24 sebbene siano scarse le notizie  sul musici­ sta, si sa che fu filosofo, precettore  e maestro  di auletica di   Platone:

 

Platone fu attento studioso della scienza musicale,  in quanto ebbe come maestri Dracone  di Atene  e di Metello  di Agrigento.  Egli preferì l’armonia  dorica,  perche,  come  abbiamo  detto  prima,  in  essa  trova massima espressione il  carattere solenne. Akragas si era avviata verso un inarrestabile declino; quando risorse con Timoleonte era ormai una  città non all’altezza  del ruolo di potenza anche se non dimentica del suo passato.

Attraverso  le  testimonianze  archeologiche  possiamo  affermare che Akragas  fu una colonia  con una economia prospera  e il tenore  di vita  degli abitanti, vissuti  durante l ‘acme  sua potenza,  doveva  di certo essere alto.

L:affermazione di Empedocle tramandataci da Diogene Laerzio 25 trova riscontro nei numerosi e ricchi corredi rinvenuti all’interno delle necropoli agrigentine. I cittadini privilegiavano oggetti raffinati molti dei quali importati dalla madre patria. La ceramica, in particolare, offre lo spunto per riflettere sulle credenze religiose e sui riti funebri. Secondo le usanze, all’interno delle tombe dell’antica Akragas, i defunti venivano deposti nell’ultima dimora con alcuni oggetti appartenuti loro e con questi, in molte sepolture, vasi con varie raffigurazioni. Fra quelli ritrovati, le scene musicali sono molto frequenti.

L’iconografia  musicale delle ceramiche attiche a  figure nere e a  figure rosse

del Museo Archeologico Regionale di Agrigento. Catalogo.

Lo studio delle necropoli, rappresenta un metodo di indagine privilegiato per l’individuazione delle differenze fra classi sociali ed etniche o fra le diverse ideologie che si possono riscontrare nei rituali funebri: questi entrano nella sfera del sacro e del religioso. In particolar modo il corredo funerario, costituito da un gruppo di oggetti che rispondono ad un precisa volontà di collocazione e disposizione   all’interno delle tombe, e un contesto ben determinato in cui ogni elemento

trasmette un messaggio, sicuramente compreso da coloro i quali ave­ vano scelto quei precisi oggetti, ma che a noi risulta difficile interpretare.1

L’analisi deve mettere in relazione molti dati che riguardano la posizione e il rapporto fra i vari oggetti, le diverse modalità di  sepoltura e soprattutto  è necessario  compiere  una  distinzione  fra  gli  oggetti e i vasi, con le loro specifiche funzioni, presenti nelle tombe come corredo base dovuto ai morti. Queste notizie possono essere utili per offrire una interpretazione alla comunicazione che ci proviene dal mondo antico attraverso il corredo funebre.

La presenza di crateri di grandi e piccole  dimensioni  all’interno delle sepolture è stata generalmente  interpretata  come simbolo del simposio, forse quello di cui, si credeva, avrebbe goduto il morto nell’oltretomba, o come indizio di un pasto funebre. Se tali interpretazioni possono risultare appropriate in ambito greco, bisogna essere più cauti ad attribuire un medesimo ruolo ai crateri deposti in tombe non greche dove i vasi erano acquistati e collocati nelle sepolture perche oggetti di valore provenienti da un paese straniero.

Risulta necessario ampliare la prospettiva di analisi considerando il rapporto fra corredo funerario e mondo dell’oltretomba   assumendo

 Nell’ampio  panorama  di scene musicali  delle ceramiche  attiche e magnogreche  di Agrigento  compaiono  le divinita de!pantheon  greco Apollo,  Dioniso,  Hermes,  Eros ma anche scene di simposio,  di komos e di agoni ginnici  e musicali:  in tutti  i percorsi tematici  sono stati esa­ minati i contesti e gli strumenti musicali  (IV capitolo).

Nella parte conclusiva e stato compilato un catalogo di statuine   di

suonatrici e suonatori di aulos rinvenute nei santuari ctoni e nelle  tombe

che, gia in questa primissima fase di studio, sembrano poter essere con­ nessi con i culti legati a Demetra  e Kore  (V capitolo).

Desidero ringraziare quanti, con la loro collaborazione mi hanno aiutata a portare a termine questo lavoro. Ringrazio con particolare gra­ titudinela Prof.ssa Donatella Restani per i suoi preziosi consigli, la sua disponibilita e ii suo costante aiuto. Ringrazio ii Prof. Nico Staiti per i suoi indispensabili suggerimenti. Desidero ringraziare in maniera par­ ticolare ii Prof. Ernesto De Miro per tutte le indicazioni che hanno age­ volato la contestualizzazione storica e archeologica del lavoro. Ringra­ zio la Dott.ssa Daniela Castaldo e ii Prof. Francois Lissarrague per i loro consigli  preziosi.   Desidero  ringraziare,   inoltre,  la  Soprintendente  ai

per continuare a leggere cerca sul web: Angela Bellia Immagini della musica ad Akragas.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Categoria: Storia AgrigentoTag: agrigento storia

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