Immagini della musica ad Akragas (VI – IV sec. a.C.)
Iconografia musicale delle ceramiche attiche e magnogreche del Museo Archeologico Regionale di Agrigento
l’iconografia musicale e un settore specifico della musicologia che considera le immagini come documenti preziosi sulla musica, soprattutto dal punto di vista organologico. In particolar modo l’iconografia musicale del mondo antico si offre quale strumento metodologico utile ad indagare gli eventi musicali di tempi cronologicamente lontani: risulta indispensabile un approccio interdisciplinare che, attraverso l’archeologia, la religione, l’antropologia, possa collocare le raffigurazioni musicali all’interno del contesto culturale che le ha prodotte.
La presente ricerca e nata dal desiderio di creare un catalogo, una guida didattica, delle ceramiche attiche e magnogreche del Museo Archeologico Regionale di Agrigento a soggetto musicale: tutti i reperti risalgono al periodo compreso fra la fine de!VI e l’inizio de! IV sec. a.C., l’arco di tempo in cui si era insediata e sviluppata la colonizzazione greca nella città di Akragas fondata, presumibilmente, nel 580 e distrutta dai cartaginesi nel 406 a.C.
Dopo aver delineato la storia musicale della città di Akragas, attraverso le fonti storiche e letterarie (I capitolo), sono state individuate le scene musicali raffigurate sulle ceramiche provenienti dalle necropoli akragantine custodite all’interno del Museo di Agrigento.
Lo ceramiche provenienti dalle necropoli di Contrada Pezzino, Contrada Mose, Contrada Poggio Giache, Monte Saraceno, Monte Adranone e Contrada Vassallaggi (II capitolo), venute alla luce insieme a tutto ii corredo funebre, e quelle appartenute alle collezioni Giudice e Giuffrida (III capitolo), prima esposte al Museo Civico, poi trasferite nel nuovo Museo Archeologico Regionale in contrada San Nicola, mettono in evidenza che gli strumenti musicali trovano una precisa collocazione all’interno delle scene mitiche, eroiche, teatrali e narrative.
Le raffigurazioni musicali subiscono delle trasformazioni tra ii VI e ii IV sec. a.C. per effetto dell’evolversi delle credenze religiose e dell’ideologia funeraria e, probabilmente, rispondono al desiderio di de porre nell’ultima dimora i soggetti adatti ad esprimere quel sostrato religioso mediterraneo assimilato dalle popolazioni sicule.
Per tentare di interpretare ii messaggio che ci proviene dal mondo antico attraverso il corredo funebre è necessario considerare tutti gli elementi interni alle tombe, gli oggetti e la loro posizione, e le differenti modalità di sepoltura. Come gli oggetti deposti nella tomba, anche le scene musicali possono essere state scelte con una precisa volontà.
Modello di scheda utilizzato:
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Beni Culturali e Ambientali di Agrigento, Dott.ssa Graziella Fiorentini, e ii Dott. Giuseppe Castellana, Direttore de! Museo Archeologico di Agrigento, che hanno reso possibile la raccolta dei materiali e ne hanno permesso la pubblicazione.
Un vivo ringraziamento lo rivolgo alla Provincia Regionale di Agrigento, nella persona del Dr. Vincenzo Fontana, all’Assessorato Regionale ai Beni Culturali e alla Pubblica Istruzione e al “Centro Studi Giulio Pastore” che hanno patrocinato la pubblicazione di questo lavoro.
Ringrazio, infine, ii Prof. Andrea Carisi per la riproduzione grafica della coroplastica di interesse musicale e il Sig. Salvatore Fuca.
Dedico questa ricerca a mio nonno che, con l’esempio, mi ha insegnato che ogni traguardo va raggiunto con ii duro lavoro e tanta determinazione e che niente risulta più bello di ciò che viene conquistato con passione ed entusiasmo.
“La più bella fra le città dei mortali”: cosi Pindaro 1 definì Agrigento, città che consumo la sua avventura in una parabola di meno di due secoli, ma che realizzo modelli di sviluppo che, altrove, nelle città greche d’Occidente, vennero elaborati in più generazioni. La sua storia è caratterizzata da un precoce tramonto, ma ii suo splendore, la sua prosperità economica, la sua immagine monumentale, furono tali che sono ancora oggi parlanti. II tenore di vita, l’amore per il lusso e l’agiatezza sbalordì anche il filosofo agrigentino Empedocle, che affermo: “gli Agrigentini si godono il lusso come se domani dovessero morire, ma costruiscono palazzi come per vivere in eterno”.2
Sulla base di elementi storiografici e di documentazione archeologica è stato possibile stabilire il 580 a.C. come data convenzionale per la fondazione dell’antica Akragas.
La costituzione di questa nuova colonia, ii cui processo di formazione fu avviato un cinquantennio prima, nel contesto di una politica di espansione verso Occidente, può essere attribuita a Gela.3 In senso etnico, Akragas fu una colonia mista, caratterizzata da una duplice componente insediativa: geloo-rodia e geloo-cretese. La compresenza di due ecisti al momento della sua fondazione, entrambi provenienti da Gela indica che i neocoloni, appartenevano a componenti etniche diverse e questo dato si lega in modo indissolubile alla tirannide di Falaride che contribuì al consolidamento territoriale dell’antica Agrigento.
La vicenda di questo tiranno si circoscrive fra il 572 e il 556 a.C.4 Si può ritenere che la tirannide di Falaride sia nata sull’onda dei profondi contrasti etnici fra i neocoloni e si sia potenziata con l’intento di realizzare una pace stabile all’interno della nascente polis, decisa ad affrancarsi dalla madrepatria. Secondo la tradizione storiografica, confluita in Diodoro, 5 Falaride, appena consolidato il suo potere e dopo aver superato le conflittualità interne, aspiro ad estendere il territorio agrigentino a oriente, con conseguenze politiche ed economiche. Da un lato, miro al controllo della Valle dell’Imera, la più importante e vitale via di penetrazione verso la Sicilia interna, dall’altro, si pose in aperto contrasto con Gela.
La tirannide di Falaride ricalcava schemi consueti: impadronitosi del potere con la forza, il tiranno cerco di legittimarlo. A tale scopo, secondo quanta ci narra Polieno,6 si avvalse della festa delle Tesmoforie. La celebrazione di tale festività ha certamente un importante significato, considerato che le Tesmoforie erano legate al culto delle divinità ctonie e rappresentavano un punto di incontro fra I’elemento greco e quello indigeno. La tirannide caratterizzò la storia della Sicilia tra la fine del VI e l’inizio del V secolo a.C. ed apre una nuova epoca nell’occidente ellenico. I tiranni siciliani furono i creatori di una nuova concezione politica dove, per la prima volta, !’idea della polis venne non solo integrata, ma in un certo senso addirittura superata da quella dello stato territoriale. 7
Falaride, aspirando ad una politica estera indipendente e di autonomia nei confronti di Gela, poichè mirava sia ad un espansioni smo ai danni del mondo sicano, con la conquista di Camico, sede del regno del mitico Kokalo, sia alla legittimazione de! potere all’interno, riuscì nell’arco di un ventennio a trovare una collocazione al fianco delle altre grandi città greche della Sicilia.
L’attivita di Falaride si consumò nell’arco di sedici anni: infatti nel 556 a.C., egli cadde vittima di una congiura, finendo miseramente, bruciato nel celebre toro di bronzo, fatto costruire, secondo la leggenda, dallo stesso Falaride, per uccidere i suoi nemici.8 Dalla caduta di Falaride all’ascesa al potere di Terone, della famiglia degli Emmenidi, avvenuta all’alba del secondo decennio successivo, la storia di Agrigen to e incerta e lacunosa. E’ certo, comunque, che la congiura che travolse Falaride è stata ricondotta al prevalere all’interno della compagine cittadina della fazione rodia o geloo-rodia.
A tale discendenza apparteneva Terone che, come ci informa Timeo,9 aveva come antenati Telemaco o Emmene, giunti ad Agrigento da Rodi, che ebbero certamente un ruolo nella politica della città dopo Falaride. La tirannide emmenide di Terone caratterizza l’età dell’oro della storia di Agrigento che ancora oggi fa spettacolo di se, attraverso i monumenti e i templi. L’ascesa al potere del tiranno e legata ad un capitolo molto tormentato della storia siciliana, la seconda decade del V sec. a.C., durante la quale Siracusa ed altre citta gre che dell’isola furono coinvolte nella cosiddetta “guerra degli empori”.
Questo avvenimento storico, di cui ci informa Erodoto, 10 e da mettere in relazione con rifiuto da parte di Gelone, tiranno di Siracusa, di inviare aiuti a Sparta e ad Atene impegnate nella seconda guerra persiana. La testimonianza di Erodoto e importante perche ci fa capi re ii clima patriottico e la politica autonoma condotta dai tiranni di Sicilia, che riporteranno una schiacciante vittoria nei confronti dei Cartaginesi nella battaglia di Imera del 480 a.C.
II merito della vittoria fu ripartito, secondo Erodoto, fra Gelone e Terone. Un’accorta politica di matrimoni e alleanze tra le grandi tirannidi doriche di Sicilia, segno !’acme dell’unione: Siracusa ed Akragas intendevano cosi creare un forte potere dinastico. Nel periodo immediatamente successivo alla vittoria di Imera, le due potenze, però si avvieranno ad una frattura caratterizzata da una crescente tensione dettata dal timore che l’una o l’altra delle città potessero divenire potenza egemone.
Alla morte di Gelone e dopo I’ascesa al potere del suo successore Ierone, si acuì la tensione fra le due potenze siciliane, che culminò, dopo la morte di Terone nel 472/471 a.C., nella sconfitta del figlio Trasideo da parte di Ierone. Questa disfatta sarà patita non all’insegna del nazionalismo anticartaginese, bensì del particolarismo greco. La tirannide emmenide durò quindi una sola stagione, quella del suo fondatore: con Terone si spegne quello che Pindaro 11 aveva definito “occhio di Sicilia” vigile verso gli attacchi e le mire cartaginesi, e “faro” per l’intera Sicilia. Sotto la guida di Terone, Akragas raggiunse, dunque, il massimo splendore e fu arricchita di opere di eccezionale valore artistico per volontà del tiranno. Infatti, oltre che un grande condottiero, egli fu anche amante delle arti, delle lettere, delle scienze e accolse alla sua corte i più grandi uomini del suo tempo.
La competizione fra le città greche in Sicilia, Akragas e Siracusa, si manifestò, oltre che dal punto di vista politico e militare, anche attraverso le istituzioni culturali create dai tiranni come luogo di
incontro per filosofi, artisti e poeti. 12
Assiduo frequentatore della signoria di Terone fu Pindaro che celebrò la vittoria agli agoni olimpici del tiranno. Al poeta va il merito di aver tramandato la memoria dell’auleta Mida di Agrigento attraverso la XII Ode Pitica. II musicista, infatti, vinse in Grecia la gara musicale delle Panatenee de! 496 a.C. ed anche la 24″ Pitiade de 490 a.c.
Ti chiedo, amica di splendore, bellissima fra le città dei mortali, dimora di Persefone, e te stai sopra l’altura ben edificata
sulle rive dell’Akragas che nutre i tuoi greggi,
accogli benigna, o sovrana,
col favore dei numi e degli uomini questa corona di Pito
per Mida illustre,
lui stesso vincitore dei Greci nell’arte che un giorno trovò intrecciando il funereo lamento
delle violente Gorgoni, Pallade Athena.
Pindaro tratto l’argomento musicale un’unica volta per celebrare una vittoria non sportiva. L’occasione gli fu offerta dall’eccezionalita della circostanza in cui Mida di Agrigento si distinse nell’esecuzione di un pezzo di bravura accentuatamente mimetico: il nomos policefalo. Era un’aria celebre, composta “con tutte le voci degli auli”.14 II poeta attribuire alla dea Athena l’invenzione del nomos policefalo per imitare il lugubre lamento della dea Gorgone Euriale addolorata per la morte della sorella Medusa uccisa da Perseo. 15
E’ certo che Mida era un musicista molto abile ed e probabile che egli abbia completato la sua interpretazione musicale con movimenti di danza. La storiella registrata dagli scoliasti narra che Mida, essendosi staccata l’ancia dell’aulos continua a suonare supplendo con ii labbro, adoperando cioè verosimilmente lo strumento come un flauto ad imboccatura libera. 16 Questa dato non è tecnicamente possibile. E’ presumibile, che Mida abbia sviluppato le sue capacità musicali all’interno delle istituzioni culturali nate ad Agrigento durante il periodo di floridezza della tirannide di Terone. 17
Anche ad Agrigento, come nel mondo greco, la tirannide sarà, una tappa intermedia per l’abbattimento delle oligarchie e la maturazione del demos verso la conquista di traguardi decisamente piu avanzati. II nascente governo democratico, pero, fu subito bloccato da Jerone che impose ii controllo siracusano sulla citta. Solo dopo la morte di Jerone la storia di Agrigento fu caratterizzata da un governo più o meno democratico. Questa fase è legata al nome di Empedocle e la fonte delle riforme istituzionali che il filosofo promosse ad Akragas fu Diogene Laerzio.
E’ lo storico che ci offre, infatti, l’unica testimonianza dell’assetto costituzionale dell’ultimo cinquantennio della storia della città.
Sappiamo, che gia ii padre di Empedocle, Metone, era stato un esponente popolare e che, dopo la sua morte, avvenuta intorno alla seconda meta del V sec. a.C., Agrigento fu investita da un tentativo di contraccolpo oligarchico, sventato da Empedocle, teorizzatore dell’eguaglianza sociale e della democrazia. II contesto sociale della città di Agrigento, nel quale il filosofo condusse la sua esistenza, fu caratterizzato dall’opposizione fra democratici e oligarch1c1, fra due modelh diversi di sviluppo economico: l’uno forse legato alla terra e l’altro al mare, quindi al commercio.
Da Diogene Laerzio apprendiamo che Empedocle promosse delle riforme costituzionali tese alla democratizzazione della citta. Preziosa e, inoltre la notizia che dopo un soggiorno nell’Italia meridionale, dove ii filosofo partecipo alla fondazione di Turi, non potè più tornare in patria perchè ad Agrigento, essendo mutato il governo), i nemici della democrazia si opposero al suo rientro. Nel suo pensiero e centrale il concetto di catarsi: secondo Empedocle e possibile, con il potere incantatorio della musica, agire sulla fisiologia e la psicologia delle emozioni e raggiungere la purificazione. La figura di Empedocle unisce in se le funzioni di poeta, filosofo, oltre che di “sciamano”. 19 La divinizzazione di Empedocle e oggetto di grande discussione fra i moderni in quanto i testi che ce ne parlano lasciano spazio a più di una interpretazione. 20
L’abilità musicale di Empedocle e ricordata dal biografo di Pitagora, Giamblico, 21 secondo il quale Empedocle avrebbe con il suo canto e la sua lyra placato l’ira di un giovane in procinto di commettere un omicidio:
Una volta che Empedocle era ospite di Anchito, contro costui aveva levato la spada un giovane: il padre infatti era stato condannato a morte in pubblico giudizio da questo Anchito. E dal momento che il giovane, sconvolto dall’ira com’era, ardeva dal desiderio di uccidere, la spada in pugno, colui che gli aveva condannato il padre, come se con il far ciò ne fosse stato l’omicida, Empedocle modificò la tonalità della lira che si trovava a suonare, ed eseguendo una melodia idonea a leni re e placare subito intonò il verso che suona: “allontana il dolore e l’ira, di tutti imali rende dimentichi” come dice il poeta; e così salvo
dalla morte il suo ospite Anchito e impedì al giovane di commettere un assassinio.
Al tempo di Ducezio nel 452 a.C., secondo Diodoro, 22 le milizie della città accorsero in difesa di Motyon, che venne conquistata l’an no successivo, mentre Ducezio veniva definitivamente sconfitto dai Siracusani.
L’alleanza fra le due città, nata per fronteggiare l’emergenza fu di breve durata. Ne! 446 a.C. scoppio un nuovo contrasto e la sconfitta precluse definitivamente ad Akragas la possibilità di competere con Siracusa.
Ne! 415 a.C., durante la spedizione ateniese in Sicilia, nel corso della guerra peloponnesiaca, Agrigento e menzionata da Tucidide23 che la ricorda per la posizione di neutralità che scontento sia Atene che Siracusa.
La storia della citta volgeva al suo termine. I Cartaginesi, approfittando della crisi in cui si dibatteva la grecità siceliota, inviarono un esercito prima contra Selinunte, poi contra Imera, che, malgrado l’intervento di Siracusa, fu assalita e distrutta. Ne! 406 a.C., un nuovo esercito cartaginese investì anche Agrigento. Sebbene in sua difesa accorse una coalizione di città siceliote, tutto fu inutile, perche la città fu devastata e distrutta dalla furia del nemico.
Akragas cadde, quindi, per la mancanza di una vera aggregazione fra le città siceliote e per l’incapacità delle democrazie di fare fronte alla minaccia cartaginese.
Nell’età di Dionigi, nacque ad Agrigento Metello che insegnò musica in Sicilia e ad Atene dove avvio una scuola.
Lo ricorda Plutarco,24 sebbene siano scarse le notizie sul musici sta, si sa che fu filosofo, precettore e maestro di auletica di Platone:
Platone fu attento studioso della scienza musicale, in quanto ebbe come maestri Dracone di Atene e di Metello di Agrigento. Egli preferì l’armonia dorica, perche, come abbiamo detto prima, in essa trova massima espressione il carattere solenne. Akragas si era avviata verso un inarrestabile declino; quando risorse con Timoleonte era ormai una città non all’altezza del ruolo di potenza anche se non dimentica del suo passato.
Attraverso le testimonianze archeologiche possiamo affermare che Akragas fu una colonia con una economia prospera e il tenore di vita degli abitanti, vissuti durante l ‘acme sua potenza, doveva di certo essere alto.
L:affermazione di Empedocle tramandataci da Diogene Laerzio 25 trova riscontro nei numerosi e ricchi corredi rinvenuti all’interno delle necropoli agrigentine. I cittadini privilegiavano oggetti raffinati molti dei quali importati dalla madre patria. La ceramica, in particolare, offre lo spunto per riflettere sulle credenze religiose e sui riti funebri. Secondo le usanze, all’interno delle tombe dell’antica Akragas, i defunti venivano deposti nell’ultima dimora con alcuni oggetti appartenuti loro e con questi, in molte sepolture, vasi con varie raffigurazioni. Fra quelli ritrovati, le scene musicali sono molto frequenti.
L’iconografia musicale delle ceramiche attiche a figure nere e a figure rosse
del Museo Archeologico Regionale di Agrigento. Catalogo.
Lo studio delle necropoli, rappresenta un metodo di indagine privilegiato per l’individuazione delle differenze fra classi sociali ed etniche o fra le diverse ideologie che si possono riscontrare nei rituali funebri: questi entrano nella sfera del sacro e del religioso. In particolar modo il corredo funerario, costituito da un gruppo di oggetti che rispondono ad un precisa volontà di collocazione e disposizione all’interno delle tombe, e un contesto ben determinato in cui ogni elemento
trasmette un messaggio, sicuramente compreso da coloro i quali ave vano scelto quei precisi oggetti, ma che a noi risulta difficile interpretare.1
L’analisi deve mettere in relazione molti dati che riguardano la posizione e il rapporto fra i vari oggetti, le diverse modalità di sepoltura e soprattutto è necessario compiere una distinzione fra gli oggetti e i vasi, con le loro specifiche funzioni, presenti nelle tombe come corredo base dovuto ai morti. Queste notizie possono essere utili per offrire una interpretazione alla comunicazione che ci proviene dal mondo antico attraverso il corredo funebre.
La presenza di crateri di grandi e piccole dimensioni all’interno delle sepolture è stata generalmente interpretata come simbolo del simposio, forse quello di cui, si credeva, avrebbe goduto il morto nell’oltretomba, o come indizio di un pasto funebre. Se tali interpretazioni possono risultare appropriate in ambito greco, bisogna essere più cauti ad attribuire un medesimo ruolo ai crateri deposti in tombe non greche dove i vasi erano acquistati e collocati nelle sepolture perche oggetti di valore provenienti da un paese straniero.
Risulta necessario ampliare la prospettiva di analisi considerando il rapporto fra corredo funerario e mondo dell’oltretomba assumendo
Nell’ampio panorama di scene musicali delle ceramiche attiche e magnogreche di Agrigento compaiono le divinita de!pantheon greco Apollo, Dioniso, Hermes, Eros ma anche scene di simposio, di komos e di agoni ginnici e musicali: in tutti i percorsi tematici sono stati esa minati i contesti e gli strumenti musicali (IV capitolo).
Nella parte conclusiva e stato compilato un catalogo di statuine di
suonatrici e suonatori di aulos rinvenute nei santuari ctoni e nelle tombe
che, gia in questa primissima fase di studio, sembrano poter essere con nessi con i culti legati a Demetra e Kore (V capitolo).
Desidero ringraziare quanti, con la loro collaborazione mi hanno aiutata a portare a termine questo lavoro. Ringrazio con particolare gra titudinela Prof.ssa Donatella Restani per i suoi preziosi consigli, la sua disponibilita e ii suo costante aiuto. Ringrazio ii Prof. Nico Staiti per i suoi indispensabili suggerimenti. Desidero ringraziare in maniera par ticolare ii Prof. Ernesto De Miro per tutte le indicazioni che hanno age volato la contestualizzazione storica e archeologica del lavoro. Ringra zio la Dott.ssa Daniela Castaldo e ii Prof. Francois Lissarrague per i loro consigli preziosi. Desidero ringraziare, inoltre, la Soprintendente ai
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