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Agrigento, la città che ti ruba il cuore

4 Ottobre 2018 //  by Elio Di Bella

Via Atenea è tranquilla stamattina. Qualche insegnante  beve il primo caffè nella caffetteria  e i ragazzi guardano le vetrine del negozio di cellulari mentre vanno a scuola. Un gruppo di giovani musulmani scende per un vicolo per raggiungere il magazzino-moschea dove andare a pregare prima di andare a Porto Empedocle a scaricare merci e dove sperano di imbarcarsi per una giornata di pesca.

Sono tunisini e  vivono in questa città siciliana,  come se fossero sempre stati qui dove l’esercito dei Saraceni (Arabi, Berberi, Mori) sbarcò   all’inizio del nono secolo.  Non erano gli unici: i greci, i fenici e i romani erano già stati qui, e in seguito anche  gli spagnoli sarebbero passati, dopo i normanni, gli svevi e gli aragonesi.

“Siamo abituati agli stranieri”. E: “Tutti sono i benvenuti”, dicono al centro della Caritas.   Il cardinale di Agrigento è il presidente della Caritas italiana e tuona dal pulpito contro chi non accoglie come si deve gli immigrati. Qui il santo più amato ha la faccia nera di San Calogero.

Agrigento ha rubato il cuore subito a molti stranieri. Uno di questi, il capitano inglese Hardcastle, venne per alcuni giorni di cura e rimase sino alla morte, dopo avere speso tutti i suoi averi per innalzare colonne doriche e finanziare scavi archeologi.

Gli stranieri amano l’archeologia dai tempi del Grand Tour e gli agrigentini lo sanno bene da allora.

Nel  Museo archeologico della città,  orgoglio di Agrigento, i turisti vanno dritti a vedere l’Efebo, un giovinetto muscoloso di due secoli e mezzo.

La gioventù qui è celebrata soprattutto per la “Sagra del Mandorlo in Fiore”,  Festival di fiori di mandorlo, ogni febbraio. Nata    un secolo fa come una festa di primavera per i contadini, che potevano mostrare i loro prodotti tipici siciliani. Ora il fiore di mandorla è la metafora del bello, del fresco, del giovane, della festa della luce e del colore, per “la fratellanza dei popoli”.

E dove   meglio si poteva celebrare se non nella fiorita Valle dei Templi – elencata nella lista del patrimonio mondiale dell’Unesco ?

Qui la città di Akragas fu fondata sei secoli prima di Cristo; qui i Greci costruirono il Tempio della Concordia (440-430 a.C), all’incirca contemporaneamente al Partenone sull’Acropoli. Cartagine distrusse la città pochi decenni dopo, ma il tempio è ancora lì; ora è conosciuto come uno dei templi greci meglio conservati al mondo.

Ai piedi della Concordia  si accende la  Fiamma dell’Amicizia il giorno della inaugurazione della Sagra con centinaia di giovani che arrivano da tutto il mondo, indossano gli abiti tradizionali dei loro paesi e danzano per una settimana per le vie e le piazze.

Quando israeliani e palestinesi erano ancora a Camp David, stavano ballando attorno al tempio della Concordia insieme. L’obiettivo della festa è l’amicizia tra i popoli. Il festival delle mandorle è un festival di folclore.  La Sicilia accoglie  tutte le culture è il messaggio di Agrigento.

Ai mercatini che si allestiscono in occasione della festa  nelle  bancarelle si vendono dolci  “ Vuoi provare  la cassata ?”, ti chiedono.  Un dolce di origine araba. O il cialdone, un pò spagnolo, un pò arabo: un dolce con ricotta e mandorle.

Le mandorle, eccole. Sono ovunque. C’è pure il couscous  dolce con pistacchi e mandorle. Le monache del Monastero dello Spirito Santo, nel centro medievale della città, sono   diventate famose, la loro pasticceria con pistacchi e fichi e la pasta di mandorle è rinomata e da poco hanno anche aperto un pasticceria in via Atenea.

Nei bar ti servono latte di mandorla.

Ad Agrigento le differenze si abbattono in cucina con i formaggi della capra girgentana e le arancine di cuscus, i brik tunisini ripieni di caponata e  il pane arabo con crema di robiola, lo yogurt e le erbe dell’Egitto, la makuda e le cipolle caramellate, il baccalà in insalata senegalese.

e’ la cucina “ammiscata”

E’ la cucina “ammiscata” afrosiciliana, fiore all’occhiello di un nuovo locale Ginger People&Food, in via Empedocle.

Per pochi euro puoi invece avere un biglietto d’ingresso e un’arancia rossa o vanigliata al Giardino della Kolymbetra.   Trascurato  per secoli, è rinato nel 2001 grazie al Fondo Ambiente Italiano.

‘Un pezzo di Eden’, ‘un angolo della Terra Promessa’.  Alberi, arbusti, piante. C’è   il limone,  introdotto dagli arabi. Il melograno: per i romani simbolo di amicizia e democrazia. L’albero di trementina: la sua resina era usata dai greci per il trattamento dei calcoli renali.

Natura e cultura qui si incontrano. “È nella nostra indole”,  dicono gli agrigentini. ‘Siamo destinati a costruire ponti.’La Sicilia non è un’isola, dicono i siciliani: la Sicilia è un continente.

 

Elio Di Bella

Categoria: Agrigento RaccontaTag: agrigento, akragas, valle dei templi

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