Arabi e Normanni, i Chiaramonte e i Montaperto, Spagnoli e Vescovi hanno fatto nei secoli della collina di Girgenti uno scrigno pieno di tesori. Ma la natura con le molte frane e i terremoti e gli uomini con i bombardamenti e dissennate scelte urbanistiche hanno ferito spesso mortalmente questi gioielli di arte, di cultura, di fede. Così la marcia cittadina organizzata dal Fondo italiano per l’ambiente incontrerà lungo le strade del centro storico solo alcuni degli antichi monasteri, palazzi, giardini che prima impreziosivano il Rabato e la zona della disastrosa frana del luglio del 1966.
Tante cose le attuali generazioni non sanno della vecchia Girgenti perché non rimane che qualche oscura traccia.
La città prima era tutta raccolta dentro la cinta muraria, ma per costruire la Stazione ferroviaria negli anni Venti del secolo scorso fu necessario operare uno sbancamento colossale, nel quale furono travolti nobili residui della cinta muraria medievale, con diverse torri di cui è rimasta memoria in rare fotografie, in qualche disegno tracciato “dal vero” da artisti stranieri in visita ad Agrigento, numerose tradizioni riportate ad esempio dal Picone o anche cresciute su ricordi privati di personaggi più o meno famosi. Pirandello, ad esempio, che in una di quelle torri, adibita obitorio comunale, pare che vide intrecciarsi l’amore la morte, una volta che bambino vi entrò (abitava a due passi da lì, di fronte alla chiesa di San Pietro) e vi scorse due amanti che in quel luogo si erano appartati, certi che la presenza del morto avrebbe custodito la loro intimità fraudolenta.
Su quelle mura sorgeva, proprio di fronte l’attuale salita Santa Lucia, una chiesetta dedicata a Santa Lucia, il cui culto fu trasferito nella chiesa dell’Assunta, all’altra estremità della piazza verso oriente, in piazza Ravanusella. Era stata realizzata da un nobile agrigentino che rapito dai turchi, mentre era in viaggio nel mediterraneo, venne poi abbandonato ancora con le catene ai piedi a San Leone, dopo che la famiglia aveva pagato il riscatto. Lui considerò miracolosa quella liberazione e costruì la chiesetta di Santa Lucia e quelle catene per molti secoli rimasero appese dentro la navata a ricordo della insperata liberazione.

Fu ancora la costruzione di una galleria lungo la linea ferrata che diede il colpo di grazia al convento del Carmine nel Rabato. “I carmelitani trasferitesi dall’Asia minore in Sicilia sotto la scorta di Sant’Angelo, ebbero il loro primo luogo nell’Isola nella città di Agrigento, dove nel sobborgo occidentale venne costruito per loro un degno convento… Fabbricato a spese dei Chiaramonte”, ricorda lo storico Alessandro Giuliana Alaimo. Venne abbandonato nel 1863 e successivamente divenne posto militare ma fu poi demolito perché la costruzione della vicina rete ferroviaria provocò molte gravi lesioni al fabbricato.
E ancora le ruspe abbatterono la bella chiesetta della Madonna delle Grazie fuori Porta di Ponte, sopra la Chiesa di San Calogero, per far posto sessanta anni fa ai moderni palazzi della Piazza Vittorio Emanuele. La Chiesetta venne abbattuta insieme alla villa Garibaldi.
Ed un’altra Chiesa nella seconda metà dell’Ottocento fu fatta fuori da una dissennata politica urbanistica per allargare la via Atenea e realizzare una piazzetta. Si tratta della Chiesa di Sant’Anna che sorgeva di fronte l’attuale Camera di Commercio, là dove oggi vi sono alcuni uffici comunali ed qualche anno prima ospitava i tribunali.
Una collina quella del centro storico che nasconde anche sotto terra tesori antichi. Forse c’era un tempio dedicato a Giove sotto il duomo di San Gerlando ? Sono stati fatti sondaggi per appurarlo ma non si è trovato nulla. Sappiamo invece da sempre che la Chiesa di Santa Maria dei Greci, che è certamente il tempio cristiano più antico nel centro storico, sorge sopra il tempio di Atena.
E poi vi sono i luoghi magici e quelli miracolosi, perché non si è fatto mancare nulla il centro storico di Girgenti. Nel Leggendario Francescano, un opera del 1722, si narrano vari interventi miracolosi che hanno come protagonista anche Fra Matteo Cimarra, di Girgenti, fondatore del Convento di San Vito.
Miracolosa veniva considerata l’acqua del pozzo che si trovava nella casa al Rabato dove il beato Matteo Cimarra nacque. Fu lo stesso frate a rivelare in sogno ad una partoriente che aveva continue febbri quell’acqua miracolosa. “Bevi di quest’acqua, che non morirai, ed ognuno, che patirà di quartana, e beverà quest’acqua guarirà” le disse fra Matteo in sogno. E la donna bevve e partorì un figlio maschio. E dopo quel miracolo ne avvennero tanti altri secondo la tradizione. Ma dove fosse quel pozzo non si sa più.

Storie di case popolate da spiriti, ne esistono tante. Nei pressi della via Plebis Rea, parte alta del centro storico, dove anche Pirandello ambientò una delle sue novelle, si dice che esiste un’antica costruzione, nella quale si narra che ogni notte più spettri si aggirino senza pace. Rumori, voci e pianti, non lasciano dormire gli eventuali, quanto improbabili, inquilini. Qualcuno, racconta anche che in passato scendendo le scale dell’antico orfanotrofio, in via Orfane, trovò sugli scalini un bimbo appena nato. Ma calatosi per prendere la creatura, questa con un sorriso mostrò una dentizione perfetta da essere adulto e dinanzi lo stupore del malcapitato, con voce roca rispose: chi talii i denti? E ancora unnà vistu li scagliuna ! (cosa guardi i denti? E ancora non hai visto i canini !). In un altro luogo, in piazza Ravanusella, qualcuno racconta di aver udito distintamente la voce di un commerciante, intento a vendere la sua mercanzia, ma questo anni dopo che nello stesso posto in cui quel commerciante era stato assassinato.
Tanto si è perduto della vecchia città: monumenti e leggende, vita e arte che per secoli si sono intrecciati nella storia della città e che occorrerebbe strappare dall’oblio perché lì sono le radici della secolare Girgenti.
Elio Di Bella